Personaggi e interpreti
«La frase di Gennaro Sangiuliano su Cristoforo Colombo è una finestra spalancata sul vuoto. Culturale»
Il sogno dell'egemonia della nuova destra è stato infranto dal suo stesso architetto in dieci secondi. Quanti ne sono bastati al ministro per inanellare una serie di svarioni storico-scientifici
C’era voluta tanta fatica, per annunciare l’incombente, inesorabile e inevitabile egemonia culturale della nuova destra, quella che doveva «cambiare la narrazione» in questo Paese, invertire «il mainstream del pensiero unico» e abolire «la dittatura del politically correct», ma è bastata una frase – una sola – per far svanire il sogno meloniano così imperiosamente descritto dal suo profetico architetto, Gennaro Sangiuliano.
È questo il disastroso risultato che resta sul campo della destra, dopo che si sono spenti i fuochi della meritata ironia per l’infausta frase del ministro della Cultura sul palco taorminese di Taobuk («Colombo, sapete, non ipotizzava di scoprire un nuovo continente, ma voleva raggiungere le Indie circumnavigando la Terra sulla base delle teorie di Galileo Galilei»). Perché quella dell’ex direttore del Tg2 non era una gaffe, come piazzare Times Square a Londra invece che a New York o promettere in diretta tv di leggere i libri dei finalisti dello Strega quando aveva appena finito di votarli. No, stavolta era una finestra che improvvisamente si spalancava su un vuoto culturale di cui non si vedeva il fondo.
Perché tu che hai scritto sette biografie e undici saggi puoi anche sbagliare la data di nascita di Cristoforo Colombo, ma se non sai che quando lui salpò da Palos tutti sapevano già da mille e settecento anni che la Terra non era piatta stai rivelando che non conosci la storia del pensiero scientifico. Se poi ignori che ciò che contrappose Galileo alla Chiesa non riguardava la sfericità del pianeta ma la teoria copernicana dell’universo (è la Terra che gira intorno al Sole, non il contrario), vuol dire che ci sono davvero molte cose che non sai.
Con un’aggravante: sei lo stesso Sangiuliano che ha arruolato Dante Alighieri come padre spirituale del tuo partito, definendolo «fondatore del pensiero di destra italiano». Lo stesso Sangiuliano che sfoggiava la sua civetteria intellettuale riscoprendo Antonio Gramsci – il fondatore del Pci perseguitato dal fascismo – tentando di ricalcare novant’anni dopo, ma in direzione opposta, la sua teoria dell’egemonia culturale. Che sarebbe, nell’interpretazione neo-destrista, «il dominio frutto di assenso, persuasione e vicinanza da parte degli intellettuali organici al popolo-nazione».
Ed era impugnando i testi del teorico del comunismo all’italiana che Sangiuliano e gli ex missini convocavano gli “Stati generali della cultura di destra”, organizzavano mostre su Tolkien e su Giovanni Gentile spiegando che finalmente toccava a loro il timone culturale del Paese, e dunque avevano il pieno diritto di prendersi tutte le caselle che si liberavano: il Salone del libro, il Consiglio superiore dello Spettacolo, il Centro per il libro, il Maxxi, la Biennale di Venezia e naturalmente i posti di comando della principale azienda culturale italiana, la Rai.
Finché una sera d’estate, a Taormina – premettendo «sapete» come un simpatico professore – il profeta dell’egemonia culturale meloniana ha rivelato in dieci secondi le sue imperdonabili lacune nei campi della scienza, della filosofia e della storia d’Italia. Se fosse uno studente liceale oggi sarebbe bocciato all’esame di maturità. E invece è ministro. Della Cultura.