Le sostanze chimiche persistenti, cancerogene per l’Oms, finiscono nell’acqua e nell’atmosfera, spostandosi lontano dalle industrie che le producono. Dopo l'allarme in Veneto, ora tocca anche al Piemonte

Sono dati inquietanti. Numeri che messi insieme dimostrano come quello dei Pfas, inquinanti chimici persistenti, non sia un problema relegato solo alle località vicine agli impianti che li producono, ma riguardi davvero tutti. Con conseguenze gravi per l’ambiente e per la salute: si tratta di sostanze che l’Organizzazione mondiale della Sanità ha definito cancerogene e che si accumulano nel sangue senza poter essere smaltite. Non a caso la Francia ne sta limitando l’uso e l’America ne ha ridotto allo «zero tecnico» la presenza nell’acqua potabile. In Italia, invece, non esiste un provvedimento in tal senso, pur essendo il nostro il Paese in cui si è consumato uno dei casi più gravi di contaminazione da inquinanti eterni del continente europeo (in Veneto, come raccontato più volte da L’Espresso). E recentemente tracce di Pfas sono state trovate anche in Lombardia, in Piemonte e in Toscana a riprova – e questa è la grande novità – che si tratti di sostanze che “viaggiano” anche per aria e non solo tramite le falde acquifere, come ampiamente dimostrato.

 

Ma da dove vengono i Pfas italiani se il polo chimico che operava in Veneto è chiuso da anni? «Alcuni sicuramente da Spinetta Marengo, nell’Alessandrino, dove ha sede l’unica industria chimica italiana, la Solvay, oggi Syensqo, che produce ancora Pfas», denunciano i comitati locali e Greenpeace, che da anni segue la vicenda. Sotto l’impianto ne sono stati trovati ben 220 mila microgrammi per litro, una quantità mai riscontrata prima che fa di quello piemontese il sito più inquinato d’Europa.

 

«Abbiamo posto un fiore sulla sedia di ogni consigliere comunale per quanti sono i morti per inquinamento nella nostra zona». A parlare è Mirella, una giovane donna di Spinetta Marengo che racconta come la nascita del comitato Anemos Piemonte, a cui nel corso degli anni se ne sono aggiunti altri, parta da un’indagine epidemiologica voluta dall’allora assessore all’Ambiente del Comune di Alessandria, Claudio Lombardi. Uno studio dagli esiti drammatici. «Chi nasce nel nostro territorio – racconta Mirella – se maschio, sa che ha il 159% in più di possibilità di morire di melanoma, il 1.142% in più di tumore alla mammella, il 92% in più di ipertensione arteriosa. Se donna, il 217% in più di cancro a rene, bronchi, polmoni…». E questo avviene mentre «la Solvay inquina da un secolo e continua a farlo senza rispettare i limiti di legge».

 

È recentissima infatti la diffida della Provincia che intima all’azienda di adeguarsi alla normativa regionale e impone il fermo dell’impianto chimico per trenta giorni. Una decisione che arriva dopo un biomonitoraggio dell’Arpa, che la Regione aveva definito in un primo momento «tranquillizzante», per poi ammettere che la quasi totalità delle persone sottoposte ad analisi ha inquinanti eterni nel sangue oltre la soglia di sicurezza stabilita dalla National Academies of Sciences. Dati tra l’altro confermati da un monitoraggio indipendente e autofinanziato effettuato da associazioni e comitati locali.

 

Con un’aggravante: lo screening regionale infatti coinvolge solo una minima parte degli abitanti delle zone limitrofe al polo chimico, sposando l’assunto che la contaminazione possa avvenire esclusivamente tramite acqua. E, quindi, tramite il consumo di alimenti. Considerazione che poteva avere senso in passato, ma non oggi, dopo che un’analisi dell’aria – sempre dell’Arpa – ha scovato tracce di Pfas nei pressi dell’ospedale di Alessandria e in Comuni più lontani, come Montecastello e Piovera. Una evidenza scientifica che mancava e che dimostra come i nuovi inquinanti prodotti dalla Solvay siano talmente leggeri da viaggiare in atmosfera. «Noi, e non solo noi, respiriamo queste sostanze cancerogene adesso, in questo istante. E lo facciamo in maniera legalizzata», aggiunge Mirella: «Forse avremmo potuto preservare i nostri figli mettendo dei filtri ai rubinetti, ma certo non possiamo impedire loro di respirare». Né innalzare muri in atmosfera.

 

«L’allarme è serio e la persone a rischio sono molte di più di quanto si dica: quasi 125 mila se ci limitiamo al solo Piemonte», denuncia Giuseppe Ungherese, responsabile Inquinamento di Greenpeace. Un numero che sale in maniera esponenziale – spiega l’associazione – se consideriamo che una molecola, C6O4, prodotta esclusivamente dalla Solvay, è stata trovata in provincia di Sondrio, nella città di Torino e finanche in decine di paesi della Val Susa. «A dirlo sono numeri ufficiali che abbiamo raccolto negli anni, accedendo ai documenti dei gestori dell’acqua potabile e delle Asl in diverse parti d’Italia», conclude Ungherese.

 

Prove che, però, non fermano la produzione dell’impianto che – trascorsi i trenta giorni – riprenderà la sua attività come prima: con un’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) scaduta da quattro anni e due dirigenti sotto processo per disastro ambientale. Tutto mentre la popolazione non ha ancora accesso a screening sanitari (che in Italia non sono previsti) e, quando ce l’ha, ottiene informazioni poco trasparenti. Una realtà, la nostra, lontana anni luce da quella di tanti altri Paesi. In Belgio – per citarne uno – la multinazionale 3M, tra le prime assieme alla DuPont a “industrializzare” gli inquinanti eterni, è stata bloccata dal governo per aver immesso Pfas nell’aria e si è impegnata a interromperne la produzione entro il 2025. «Quando anche in Italia si capirà la portata globale di questo tipo di contaminazione – commenta Mirella – per alcuni di noi sarà già troppo tardi».

 

La replica di Syensqo al nostro articolo

 

Vorremmo portare alla vostra attenzione i seguenti punti riguardanti le attività di Syensqo a Spinetta Marengo.

Solvay è a Spinetta Marengo solo dal 2002 e In oltre 120 anni di storia dello Stabilimento, solo Solvay (oggi Syensqo) ha realizzato una barriera idraulica e si è fatta carico di eliminare e contenere l’inquinamento causato da Edison nella sua gestione precedente l’arrivo di Solvay a Spinetta Marengo.

Syensqo prende molto sul serio il tema dei PFAS. Niente è più importante della salute e della sicurezza dei nostri colleghi e delle nostre comunità locali. Siamo fermamente impegnati per un futuro più sostenibile - e l'eliminazione graduale dei tensioattivi fluorurati e i continui investimenti nelle migliori tecnologie disponibili per ridurre le emissioni nella nostra produzione ne sono la prova. Solvay ha infatti cessato l'uso del PFOA nel 2013, in anticipo rispetto alle normative. Oggi viene utilizzato solo un fluorotensioattivo di nuova generazione, non bioaccumulabile, in una fase di transizione verso una nuova tecnologia che ci consentirà di eliminare gradualmente l'uso dei fluorotensioattivi - i PFAS maggiormente sotto i riflettori - entro il 2026.

Per quanto riguarda l’indagine promossa da Greenpeace e altre associazioni di cittadini, si tratta di uno studio non scientifico (come dichiarano gli stessi autori) e che si concentra su produzioni che sono state dismesse o non sono mai state utilizzate da Syensqo/Solvay.

Non è corretto assimilare la situazione piemontese con quella veneta soprattutto perché, ad Alessandria, l’acqua è ed è sempre stata potabile come hanno dichiarato anche recentemente gli Enti.
Per quanto riguarda gli studi epidemiologici finora compiuti, si tratta di studi che hanno una valenza puramente “descrittiva del profilo di salute della popolazione oggetto di indagine” e pertanto “non possono identificare nessi causali”.

Il biomonitoraggio avviato della Regione Piemonte è in fase iniziale e i risultati divulgati non consentono alcuna valutazione ulteriore.

A Spinetta Marengo, Syensqo ha effettuato più di 5.000 analisi del sangue sui suoi dipendenti negli ultimi 20 anni. I risultati sono stati condivisi in modo trasparente con i dipendenti, i sindacati e le autorità sanitarie.

Infine, l’attuale fermo alla produzione e utilizzo di C6O4 è dovuto ad alcune anomalie riscontrate all’interno del sito, che non hanno avuto alcun impatto all’esterno e per le quali, sotto il controllo e in accordo con gli Enti, Syensqo sta ponendo rimedio in vista di una prossima ripartenza.