La sonda Chang’e-6 porta sulla Terra campioni preziosi per studiare il satellite. Ma nel testa a testa con gli Usa, Pechino assicura di condividerli con l’intera comunità scientifica

"The dark side of the moon” non è solo una delle maggiori hit dei Pink Floyd, è anche il nuovo bilancino dell’equilibrio geopolitico mondiale e il nuovo obiettivo di conquista delle grandi potenze. Siete fra quelli che hanno colto il riferimento alla missione cinese Chang’e-6? Allora già saprete che la sonda è atterrata in Mongolia con un carico di circa due chilogrammi di minerali lunari, il cui studio permetterà di ottenere informazioni anche sull’eventuale presenza di acqua sul satellite.

 

La dea della Luna Chang’e ha vegliato sulla missione che porta il suo nome, messa in campo dalla Cnsa, l’Agenzia spaziale cinese ingaggiata nel testa a testa con la Nasa e il suo programma lunare Artemis – che coinvolge attivamente anche l’Agenzia spaziale italiana – per la conquista del nuovo Far West: il lato oscuro della Luna, appunto. Ma lo scontro può attendere, se è vero che i responsabili di Cnsa avevano dato disponibilità a condividere i campioni lunari con l’intera comunità scientifica internazionale.

 

La ricerca made in Italy
«Il rientro della sonda Chang’e 6 è un successo per tutti». Giorgio Valente, presidente dell’Asi, ha commentato così la notizia, aggiungendo che «il materiale giunto a Terra è prezioso e di notevole importanza per gli studi anche sui prossimi passi legati al ritorno umano sulla Luna. Lo studio della raccolta di regolite sarà fondamentale per confermare la composizione e il possibile impiego di questo tanto diffuso materiale sulla superficie lunare». L’Asi, in collaborazione con il Politecnico di Milano, sta sviluppando il progetto Oracle, destinato allo studio della regolite, da cui si dovrebbe riuscire a estrarre ossigeno. Con l’Università degli Studi di Padova, l’Agenzia sta poi elaborando il progetto Glams, che, sempre partendo dalla regolite, studia processi di stampa 3D che realizzino leganti cementizi. Questi studi, aggiunge Valente, «rappresentano uno dei tanti risvolti applicativi delle attività dell’Asi legate al coinvolgimento dell’Italia nel ritorno sulla Luna. L’uso di materie “prime” in situ rappresenta una capacità chiave delle future missioni di esplorazione spaziale». Nota a margine: fra le tecnologie a bordo del Chang’e 6 c’era anche il retroriflettore laser passivo Innri, progettato dall’Istituto nazionale di Fisica nucleare italiano, per controllare il posizionamento della sonda.

 

la sonda al momento del lancio nel Wenchang Space Launch Center

 

La Cina ci va vicina
Bill Nelson ci aveva messi in guardia: l’ad della Nasa non sembra fidarsi del Paese del Dragone e parla di «nuova corsa allo Spazio», con il timore che queste «avanguardie» compiute nel nome della scienza possano, a tempo debito, essere rivendicate dalla Cina come diritto di prelazione sul conteso polo sud lunare. Altra questione è la Stazione spaziale internazionale orbitante. L’Iss ha ospitato gli astronauti di tutto il mondo negli ultimi vent’anni e sarà dismessa entro il 2031 – la Nasa ha assegnato l’appalto della deorbitazione a SpaceX – perciò Cnsa e Roscosmos, l’agenzia spaziale russa, stanno già cooperando per la costruzione della Stazione di ricerca lunare internazionale (Ilrs) che ospiterà cosmonauti – russi – e taikonauti – cinesi. La Nasa, dal canto suo, sta progettando una stazione spaziale lunare, la Lunar Gateway, che vede coinvolti Esa, Canada, Giappone ed Emirati Arabi. Stiamo assistendo a una corsa «a chi arriverà per primo»? Il governo cinese ha dichiarato di voler allunare con un proprio equipaggio entro il 2030, mentre il programma Artemis della Nasa punta al 2026 per sbarcare astronaute e astronauti sul suolo lunare.

 

Telecomunicazioni, un altro vantaggio?
Sarà un «ponte di gazze ladre» – Queqiao – a facilitare le comunicazioni fra la Terra e la «luna nera», che non vediamo mai a causa della rotazione sincrona, cioè del fatto che il periodo di rotazione coincide con quello di rivoluzione. Questo rende complessa l’osservazione e l’esplorazione dell’emisfero lunare nascosto e la Luna stessa rappresenta un ostacolo per le comunicazioni con il nostro pianeta. La costellazione cinese già nel 2019 ha piazzato il primo satellite e dovrebbe completarsi entro il 2030, stando a quanto dichiarato da Wu Yanhua – a capo del progetto Deep Space – all’agenzia di stampa di Stato, Xinhua. Il potenziamento dell’infrastruttura è già partito a marzo 2024 con il lancio di Queqiao-2, dotato dell’antenna parabolica di diametro di 4,2 metri, la più grande mai inviata dalla Terra. In tutto questo scenario, ci sono in gioco interessi economici, politici e militari. A noi non resta che stare a guardare le stelle, provando a capire come andrà a finire.