Il dossier firmato dal Centre for Media Pluralism and Media Freedom rilancia l'allarme. «Serve modificare la legislazione»

Desolante e tragica è l'immagine che l’Unione europea restituisce del sistema informativo italiano nel “Monitoraggio del pluralismo dell’informazione nell’era digitale” arrivato in Vigilanza Rai e firmato dal Centre for Media Pluralism and Media Freedom che monitora la condizione dei media nell’Unione.

 

«Nell’area dell’Indipendenza Politica, l’Italia ottiene un punteggio del 52%, situandosi all’interno della fascia di rischio medio. L’Indipendenza del Servizio pubblico radiotelevisivo rimane, in modo allarmante, a un livello di rischio elevato. Salvaguardare l’Indipendenza politica dei media è una preoccupazione urgente, data la presenza di un controllo politico diretto o indiretto sui principali organi di informazione»,  si legge nel rapporto. E ancora: «La maggioranza ha esplicitamente rivendicato una maggiore influenza sulla Rai». Per questo, «in conformità con una prassi consolidata», il 2023 ha visto «una serie di nomine che riflettono il nuovo panorama politico», con storture varie: «Per convincerlo a rassegnare le dimissioni da ad, il governo ha offerto a Carlo Fuortes il prestigioso incarico di sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli, emanando inoltre un decreto legge per liberare quella stessa posizione, occupata da Stephane Lissner». Nel rapporto si legge che «durante il 2023 sono state effettuate numerose nomine che riflettono il mutato panorama politico dopo le elezioni: tra queste, il nuovo amministratore delegato Roberto Sergio e i nuovi direttori dei Tg1 e Tg2. La nuova maggioranza politica ha cercato di ampliare significativamente la propria influenza e, di conseguenza, si è verificata la fuoriuscita di noti giornalisti e conduttori Rai, quali Fabio Fazio e Lucia Annunziata». 

 

A questo si aggiungono i freni alla libera stampa, con i giornalisti sempre più fragili in assenza di una legge contro le querele temerarie. Il dossier raccomanda di «procedere immediatamente con l'attuazione del Regolamento europeo sulla libertà dei media», e in particolare di «modificare la legislazione italiana riguardante la nomina e la revoca dei membri del consiglio di amministrazione e dell'amministratore delegato della Rai, garantendo che le procedure mirino a garantirne l'indipendenza. Provvedere, a partire dal prossimo rinnovo del consiglio di amministrazione della Rai nel 2024, affinché il consiglio venga nominato sulla base di procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie e sulla base di criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati. Prevedere che la durata del mandato dei consiglieri dovrà essere di almeno cinque anni, sufficiente per l'effettiva indipendenza del servizio pubblico radiotelevisivo. Garantire che la Rai disponga di risorse finanziarie adeguate, sostenibili e prevedibili, corrispondenti al compimento del suo mandato di servizio pubblico e alla sua capacità di sviluppo».

 

«È una situazione che Usigrai denuncia da mesi, arrivando fino allo sciopero dello scorso 6 maggio, a cui ha partecipato il 75 per cento dei giornalisti del servizio pubblico, nonostante le azioni scorrette messe in campo dalla Rai, che infatti è stata condannata in tribunale per comportamento antisindacale» commenta il sindacato dei giornalisti e delle giornaliste Rai, Usigrai. «Notizie non date o date a metà, comizi della premier e del suo entourage, familiari inclusi, andati in onda senza nessuna intermediazione, giornalisti non allineati palesemente puniti e sempre più spesso querelati, trasmissioni non gradite ridimensionate o cancellate. 'Urgente' è questo il termine che usa il rapporto. Subito una riforma che tolga la Rai dal controllo della politica a partire dall'imminente rinnovo del Consiglio di amministrazione utilizzando 'procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie' e che garantisca 'risorse finanziarie adeguate sostenibili e prevedibili corrispondenti al compimento del mandato di servizio pubblicò. Basterebbe, insomma, applicare da subito il media freedom act. Il sindacato dei giornalisti e delle giornaliste Rai non si stancherà mai di ripeterlo».

Intanto la presidente della commissione di vigilanza Rai Barbara Floridia (M5s) ha così commentato con un post social: «Nel rapporto si parla di tutela della professione giornalistica, raccomandando alla politica di astenersi dall’abuso delle azioni penali e civili contro i giornalisti, invece le querele aumentano e addirittura si è alzato il tiro passando dalle denunce dei singoli politici a quelle di un intero partito, come avvenuto da Fratelli d’Italia contro Report», scrive Floridia che prosegue: «Anche sull’indipendenza editoriale e sull’alfabetizzazione mediatica c’è un allarme, e il caso Agi-Angelucci non aiuta il nostro Paese. Ma soprattutto il rapporto non usa mezzi termini e parla di ‘livello di rischio elevato in modo allarmante‘ per ciò che attiene l’indipendenza del servizio pubblico. Su questo la strada per invertire la rotta è chiara: cancellare la Legge Renzi e dare all’Italia una legge in linea con l’Europa, ma anche una riforma seria sui conflitti di interesse e sulle incompatibilità tra incarichi pubblici e partecipazioni nel settore media. Sono questi i veri temi su cui dovremmo lavorare con urgenza mentre il dibattito è occupato da discussioni sulle poltrone da distribuire». Dura la replica di Fratelli d'Italia. «Usa la Commissione per cavalcare una polemica strumentale soltanto a beneficio del suo partito», ha affermato la deputata Augusta Montaruli.