Per il responsabile dell'Ambiente, entro il 2050 i reattori forniranno al Paese energia pulita. Ma è un abbaglio che dimostra il disinteresse del governo per il cambiamento climatico e per gli investimenti che servirebbero davvero

Mentre il Paese è avvolto da un caldo innaturale, conseguenza del collasso climatico causato dall’aumento di emissioni di sostanze climalteranti, il ministro dell’Ambiente, pur di non affrontare l’assenza di qualsiasi strategia su come ridurre la CO2 e migliorare la vita degli italiani, se n’è uscito con l’ennesima trovata propagandistica: il ritorno al nucleare, sostenibile, nel 2050. Spostare l’attenzione dall’oggi al dopodomani è la specialità del governo Meloni per prendere in giro gli elettori e nascondere i propri fallimenti. Il ministro forzista Gilberto Pichetto Fratin ha annunciato alla Commissione europea che «entro il 2050 almeno l’11% della richiesta dell’energia arriverà dai reattori». Scopriamo dall’Europa che in Italia il nucleare «fa parte del mix energetico e nel 2050 potrebbe passare da una potenza dell’11 al 22 per cento». Pichetto parla di nuovi piccoli reattori modulari a fissione e dei reattori a fusione su cui oggi ci sono solo sperimentazioni e indica nel nucleare la strada per la pace.

 

Ma qualcuno vuole spiegare al ministro che nel mondo l’imperativo è quello di ridurre le emissioni e il consumo di energia, non aumentarli? Ha capito che sicurezza energetica significa evitare di rimanere senza energia perché ne consumiamo troppa adesso? Che non basta parlare di ecoefficienza, ma bisogna promuovere la sufficienza energetica? Ha compreso che le guerre si scatenano quasi tutte per la necessità di controllare le risorse non rinnovabili, inclusi i minerali necessari per il nucleare? Ha letto i report dell’Onu e dell’Intergovernmental Panel on Climate Change su impatti e conseguenze del collasso climatico e della riduzione della biodiversità? Ha studiato la relazione tra aumento delle ingiustizie ambientali e disuguaglianze? Come può parlare di pace e sicurezza associandole al nucleare? E allora, perché spacciare la balla dell’energia nucleare sicura?

 

Non esiste il nucleare sostenibile, mentre abbiamo bisogno oggi, non nel 2050, di un Piano strategico nazionale integrato per l’Energia e il Clima che sia efficace. La versione definitiva, rivista e corretta del Pniec, da poco inviata a Bruxelles, non riesce invece a rispondere ai principali obiettivi prefissati di riduzione delle emissioni e di assorbimento di gas serra. Le ragioni sono da ricercare nella totale assenza di interesse del governo nell’affrontare i cambiamenti e gli investimenti necessari per mitigare gli effetti del collasso climatico e adattare le nostre economie e i nostri stili di vita ai limiti del pianeta. Le scelte del governo vanno nella direzione opposta a quella necessaria per non finire nei guai. Mettono a rischio la sicurezza di noi tutti e tutte, incluse la salute pubblica e l’integrità dell’intera Penisola e dei suoi ecosistemi, dai quali dipendono le nostre vite.

 

Non bastava una patriota al governo che spacca la patria con l’autonomia differenziata. Adesso abbiamo anche un ministro dell’Ambiente che spaccia il nucleare per sicuro, mentre non dice nulla sull’aumento della CO2 in atmosfera, non investe un euro per la riconversione industriale, espone a rischio la salute dei cittadini e non rispetta gli impegni internazionali. Serve un piano di riconversione ecologica delle attività industriali e della filiera energetica: pubblico, equo, inclusivo e partecipato. È l’unica strada per ridurre le emissioni, garantire la salute e la sicurezza, rilanciando il diritto al lavoro su una nuova base produttiva. Facciamo Eco!