Proibizionismo
«La cannabis light è un settore di punta del made in Italy. Vietarla causerebbe un danno da 500 milioni di euro l'anno»
Con un emendamento al Ddl sicurezza, il governo vorrebbe rendere illegale la canapa a basso contenuto di Thc, dalla coltivazione alla vendita: «Questo è solo l’ultimo degli attacchi da cui la filiera si deve difendere», chiariscono le associazioni di categoria
Tra gli emendamenti al ddl sicurezza approvati alla Camera il 31 luglio dalle Commissioni Giustizia e Affari costituzionali, ce n’è uno che, se a settembre arriverà il via libera definitivo del Parlamento, rischia di mettere in ginocchio «un settore d’eccellenza del made in italy. Che anche per questo dovrebbe stare tanto a cuore al governo attualmente in carica», commenta Riccardo Magi, segretario di +Europa: «Mentre negli Stati Uniti, in Canada e in Germania si sceglie di regolamentare la cannabis a scopo ricreativo per tutelare la salute dei cittadini e ostacolare la criminalità organizzata, in Italia il governo sceglie la strada opposta cercando di mettere al bando anche la cannabis light che scientificamente non ha un effetto drogante».
Con il provvedimento entrato a fare parte del ddl sicurezza, infatti, il governo intende vietare la coltivazione e il commercio anche della cannabis con un contenuto molto basso di Thc e maggiori quantità, invece, di cannabidiolo, Cbd. Di fatto equiparandola alle droghe leggere: una modifica in senso restrittivo alla legge 242 del 2016, che regolamenta la coltivazione della canapa a scopo industriale. Ma che non contiene nessun riferimento esplicito all’uso delle inflorescenze della pianta per scopo ricreativo.
È proprio grazie a questo buco normativo che il settore della produzione e vendita di canapa light ha conosciuto una forte espansione, arrivando a occupare 10 mila lavoratori stabili, a cui si aggiungono 5 mila stagionali, in circa tremila aziende: «Tanti sono giovani che si sono avvicinati all’agricoltura, hanno riqualificato vecchie strutture, ripopolato aree di Paese che stavano per essere abbandonate», spiega Raffaele Desiante, presidente dell’Ici, associazione Imprenditori canapa Italia, preoccupato per l’impatto che il divieto avrebbe su un settore dal fatturato stimato di circa 500 milioni l’anno: «Soprattutto grazie alle esportazioni. Della filiera fanno parte sia microimprese che aziende che coltivano fino a 50 ettari di terreno. La produzione è buona in tutte le regioni d’Italia tanto che veniamo considerati il canapaio d’Europa».
All’allarme lanciato dall’Ici, che promette di non darsi per vinta e continuare a interloquire con la maggioranza di governo affinché l’emendamento non entri in vigore – «e se succederà, di procedere con il ricorso al Tar» – si aggiungono anche quelli di altre associazioni di categoria come Federcanapa e Coldiretti che già in passato aveva più volte espresso la necessità di maggiori tutele e chiarezza per le aziende che investono nella coltivazione della cannabis light.
Anche l’incertezza che da anni caratterizza il settore, infatti, non fa bene agli affari: «Vendiamo i fiori per scopo ornamentale ma poi le persone li fumano. Servono norme che facciano chiarezza», chiarisce Desiante: «Le inflorescenze dovrebbero essere regolamentate come prodotto da inalazione, così lo Stato potrebbe ottenere maggiori introiti aggiungendo l’imposta di consumo, i consumatori sarebbero più tutelati, le aziende avrebbero garanzie. Anche perché quello attuale è solo l’ultimo degli attacchi da cui la filiera si deve difendere. Le opposizioni, che oggi ci supportano, quando erano al governo non hanno fatto abbastanza per normare la coltivazione e la vendita di canapa industriale».