La sua gestione di Reazione a catena su Rai Uno è ansiogena e totalmente incentrata su di sé: quel che conta è solo dimostrare di essere il più capace di tutti. Altro che raccomandazioni

Il vero tormentone dell’estate da tempo immemore è quello dei bambini sulla spiaggia che senza interruzione gridano ai malcapitati genitori: «Guardami, sto per fare un tuffo, guardami che faccio il castello, guardami guardami come faccio bene la ruota!». E così via. Praticamente come Pino Insegno. Il suo “Reazione a catena” su Rai Uno è il porto finalmente sicuro in cui è stato depositato per metterlo al riparo dopo il flop del “Mercante in fiera”. Solo che il povero Pino, anziché godersi con serenità la sua messa in onda quotidiana, scende in campo armato pronto alla battaglia. 

 

Ingessato nel suo completo carta da zucchero come Alberto Sordi nelle vacanze intelligenti a cui manca solo la cravatta della Lazio, ogni santa sera va in onda con una conduzione ansiogena che punta costantemente alla prova di sé. Sono bravo, giuro, guarda come sono bravo, continua a dire nel fumetto ipotetico che spunta dalla sua testa imbiancata. Non sono raccomandato e basta, sono capace, suggerisce a ogni vuoto da riempire a tutti i costi. E così facendo va avanti a mo’ di schiacciasassi accendendo riflettori sulla sua smania di protagonismo, senza pause. 

 

A ogni intervista rilasciata, a ogni pubblica esternazione non fa altro che ripeterlo. «Ho ricevuto tanti complimenti da amici e colleghi», ha detto a Sorrisi e Canzoni. «In tanti fanno il tifo per me, anche Ferilli, anche Bonolis». «Mi fa un gigantesco piacere» e così via. E intanto parla, ridacchia, guarda in camera con lo sguardo seduttivo, perché è da questi piccoli particolari che si giudica un conduttore. Bacchetta i concorrenti perché a Pino Insegno interessano ben poco e l’empatia è sopravvalutata. Pone delle domande senza curarsi della risposta. E detesta il silenzio, la pausa, l’attesa, è tutto uno sgomitare per tenere ferma la telecamera che deve inquadrarlo. 

 

Così, col suo sorriso ormai glabro dopo il taglio del pizzetto, socchiude gli occhi e infila battute, perché l’importante è dimostrare ai detrattori tutti che lui davvero è stato messo lì perché vale, altro che raccomandazioni. «Non si può rimettere in discussione una carriera dopo 42 anni, ho sempre avuto successo, accetto le critiche ma ho dimostrato negli anni di saper fare tv» e ancora guardami, guardami, guardami. 

 

Poi certo, il Tg1 non è contentissimo del suo traino, quei due punti in mezzo in meno rispetto alla conduzione Liorni ci sono e hanno il loro peso. Ma pazienza, tanto si può sempre puntare sulle “polemiche sterili”, come quando il suo nome è spuntato nell’agendina di Diabolik. «Eravamo amici, cosa c’entra?».

 

 

DA GUARDARE
Nella smania da repliche che attanaglia una tv a corto di idee, tanto vale godere del professor Alessandro Barbero. Che con il suo tono convincente come un teorema, accompagna su Rai Storia lo spettatore con “Gli Stuart. Un regno di sangue”. Perché, come si diceva un tempo, «con quella testa può dire ciò che vuole».

 

MA ANCHE NO
È nata una star. Si chiama Annamaria Bernardini De Pace, una donna che dopo aver espresso come avvocata tutta la sua assodata professionalità ora prepara il terreno per la prossima conduzione di Forum girando per le televisioni accese pronta a dire la sua praticamente su tutto. E che sia Imane Khelif o il nudo di Elodie davvero è poco importante.