È successo a Francesca Ghio e altri tre consiglieri di minoranza al Consiglio comunale di Genova, lo scorso 30 luglio: «Il clima che si respira non è quello della città che conosco. Serve un riscatto democratico»

Espulsa dall’aula, è stata scortata fuori dalla sala del Consiglio comunale da sette agenti delle forze dell’ordine. No, non è successo a una criminale. Ma a una consigliera della lista rossovedere a Genova, Francesca Ghio, lo scorso 30 luglio. Perché colpevole, nello spazio di tempo che le era stato concesso per parlare delle modifiche al regolamento sull’Arte di strada, di aver espresso la sua opinione. Diversa da quello della maggioranza del Consiglio comunale e soprattutto da quella del suo presidente Carmelo Cassibba, della lista di destra (Vince Genova) a sostegno del sindaco Marco Bucci, già al centro di varie polemiche per i suoi modi di fare volti a reprimere chi dissente. Tanto che il vicepresidente del consiglio comunale di Genova, Alberto Pandolfo, con altri consiglieri d’opposizione hanno scritto anche una lettera, lo scorso 2 agosto, per chiedere le dimissioni di Cassibba.

 

«Il ripetersi di atteggiamenti vessatori, mostra – dal nostro punto di vista – una sua inadeguata, quanto preoccupante, cultura istituzionale, che ha portato in questi mesi a un’inaccettabile situazione di tensione all’interno della Sala Rossa. Ci teniamo a sottolinearle come questo clima non riguardi il rapporto tra le consigliere e i consiglieri comunali, ma sia esclusivamente legata a una gestione dai tratti ademocratici. Avevamo già manifestato a sua eccellenza la Prefetta di Genova le nostre preoccupazioni, dopo il tentativo di aggressione fisica da lei perpetrato verso i banchi della minoranza. Mai avremmo pensato, però, di ritrovarci in una situazione ancora più grave, dove la Presidenza del Consiglio intimava a sette agenti armati in Sala Rossa di trascinare fuori le consigliere e i consiglieri di minoranza, colpevoli di dissenso», si legge nel testo del documento.

 

La penultima vicenda arrivata fino alle cronache nazionali, infatti, che descrive il clima intimidatorio che vige nella sala Rossa di Palazzo Tursi a Genova, risale a giugno, quando durante una discussione sulle polemiche della Lega contro il Pride Village, il presidente Cassibba, in nome della libertà di espressione, aveva lasciato parlare una consigliera di Fratelli d’Italia di «teoria gender e manipolazione delle menti dei bambini», ma spento il microfono a Ghio che si era detta «schifata». Per poi dirigersi minaccioso verso il capogruppo del Pd Simone D’Angelo che stava difendendo Ghio a parole: si sarebbe arrivati alla rissa se un assessore non avesse bloccato Cassibba durante la sua corsa verso l’avversario, si capisce leggendo la cronaca locale.
 

«Proprio come quella volta, e altre ce ne sono state nel frattempo, anche il 30 luglio Cassibba mi ha spento il microfono mentre stavo parlando. E poi mi ha espulsa dall’aula. Solo che non me ne sono andata perché rappresento una parte di cittadinanza che volevo avesse voce», spiega la consigliera a L’Espresso dopo aver descritto motivi della discussione: «Senza darci spiegazioni - e neanche la possibilità di studiare i documenti - da un giorno all’altro siamo stati convocati con urgenza per modificare il Regolamento sull’Arte di strada di Genova prima dell’estate. Modifiche che al contrario di quanto prevedeva il vecchio testo sono state fatte senza coinvolgere la cittadinanza. Anzi ascoltandone solo una parte, gli elettori del sindaco che si sono lamentati», chiarisce Ghio che avrebbe, invece, voluto aprire un tavolo di discussione con gli artisti di strada, i residenti, la polizia locale, gli attori oggetto del regolamento.

 

«Quando in Aula, nei 4 minuti a che avevo a disposizione, stavo esponendo l’importanza che ha la partecipazione dei cittadini nelle decisioni che li riguardano, il Presidente mi ha interrotta dicendomi che ero fuori tema. Gli ho chiesto di lasciarmi finire, avrebbe capito il mio discorso, avevo iniziato solo da qualche secondo. Lui continuava a interrompere. Gli ho chiesto di smetterla e restituirmi il tempo di cui aveva usufruito al mio posto, parlandomi sopra. Si è infuriato e mi ha spento il microfono. Ho continuato a gridare che quella era una dimostrazione della sua incapacità di gestire il dibattito. E che è un maleducato. Mi ha espulsa dall’aula. Non me ne sono andata, sono rimasta seduta al mio posto. Ha chiamato le forze dell’ordine. È arrivata una volante con le sirene spiegate. Gli agenti imbarazzati mi hanno detto che dovevano eseguire gli ordini. Altri consiglieri dell’opposizione sono venuti intorno a me per impedire agli agenti di portarmi via. Ho resistito mezz’ora e poi me ne sono andata scortata dalle forze dell’ordine. Con me sono stati espulsi altri tre consiglieri di minoranza», spiega Ghio rammaricata, visto che poco dopo l'espulsione la seduta è ricominciata, il presidente del Consiglio comunale Cassibba ha deciso di non discutere né votare gli oltre 3 mila ordini del giorno che l’opposizione aveva presentato proprio per, come spesso si fa nelle discussioni politiche, spingere la maggioranza a trattare. E le nuove regole per l’Arte di strada - «che di fatto renderanno molto più difficile per gli artisti suonare»- sono state approvate solo con i voti della maggioranza.

 

«Cominciamo a superare un confine delicato se un consigliere, con un mandato elettorale affidatogli dal voto, in una assemblea democratica, viene portato via con la forza, solo per aver provato a dare voce a chi spesso non ce l’ha, come chi fa arte di strada», ha detto a Genova Today, Filippo Bruzzone, l’altro consigliere della Lista Rossoverde scortato fuori dall'aula dagli agenti, per ordine del presidente del Consiglio comunale: «Tutto questo per aver espresso dissenso. Il clima che si respira non è quello della città che conosco. È necessario un riscatto democratico». A Genova, come nel resto del Paese.