Cortocircuito istituzionale
Bongiorno a Palazzo Chigi per la difesa di Meloni, Nordio, Piantedosi e Mantovano nel caso Almasri. L'opposizione: "C'è conflitto di interessi"
Alla senatrice della Lega, che è presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama, è stato affidato l'incarico di avvocata dei membri del governo
Un funzionario libico transita in Italia. C'è un mandato d'arresto della Corte penale internazionale che riporta il suo nome. Viene fermato dalle autorità italiane. Poi, però, avviene la scarcerazione. Il ministero della Giustizia non interviene. Intanto c'è un aereo di Stato pronto a trasportalo a Tripoli, dove l'uomo è accolto da una folla festante. Vizi di forma e altre versioni si accavallano dal 18 gennaio, giorno dell'arresto, al 21, quando c'è il rilascio e il rimpatrio lampo. È la breve sintesi cronologica del caso Almasri, una vicenda che dall'alveo giudiziario esonda e diventa politica. Un avvocato con un passato politico, Luigi Li Gotti, deposita una denuncia. Il procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi trasmette l'atto al tribunale dei ministri perché l'accusa riguarda la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i ministri dell'Interno e della Giustizia, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi segreti, Alfredo Mantovano. Lo Voi informa Meloni, che scambia la lettera trasmessale a Palazzo Chigi per un avviso di garanzia. Sottigliezze in confronto a tanti altri temi che si intrecciano con la storia del rimpatrio di Almasri. Il diritto internazionale è messo in discussione dall'Italia, Paese che ha avuto un ruolo cardine proprio nella fondazione della Corte penale internazionale. Saltano gli equilibri istituzionali, le accuse dei politici ai giudici, a cui gli italiani sono abituati, adesso sono indirizzate anche a magistrati esteri.
In questo bailamme politico-giudiziario il rischio che il caso Almasri si incancrenisca sul terreno della propaganda è concreto. Anche perché le questioni di morale e di opportunità si moltiplicano. L'ultima riguarda la senatrice e avvocata Giulia Bongiorno. I quattro esponenti del governo affidano a lei il mandato per la difesa. Sono le opposizioni a definire "gravemente inopportuno" che Bongiorno svolga il ruolo di legale per i quattro politici. La leghista non è "solo" una senatrice, ma è la presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama. Una commissione che in passato, ad esempio, ha audito lo stesso Lo Voi. Non è fatto divieto ai parlamentari di esercitare la professione di avvocato, è vero, non ci sono incompatibilità formali. Ma, rileva il senatore del Partito democratico Walter Verini, ci può essere "un conflitto di interessi politico-istituzionale". Per il momento, Bongiorno preferisce non dichiarare alcunché a riguardo. Forse è stata proprio lei a suggerire anche ai suoi assistiti di non riferire in Parlamento sulla vicenda Almasri, nonostante ciò abbia comportato una rimodulazione del calendario già fissato e un blocco, di fatto, delle attività parlamentari. Oggi, 31 gennaio, Bongiorno è ricevuta a Palazzo Chigi. Non una parola su Almasri, sia all'entrata sia all'uscita: "Quando posso parlo, per adesso abbiamo scelto questo, in questo momento. Magari fra un'ora o fra un giorno vi parlerò. Devo fare ulteriori riunioni e poi parlo di tutto", dice, sfilandosi dai giornalisti.