Caso Cecilia Sala
Cécile e gli altri cittadini stranieri ancora in carcere in Iran
La giornalista è rientrata in Italia, ma nelle prigioni iraniane restano decine di persone, provenienti da Stati esteri, accusate di spionaggio. Come la professoressa Kohler e il suo compagno Jacques Paris, francesi, detenuti da due anni e mezzo in condizioni indegne
"Liberté pour Cécile", "Libertà per Cécile" si legge su grandi manifesti affissi sui muri di Parigi e di altre città della Francia. La scritta campeggia sotto il volto sorridente di una donna. Se infatti la giornalista Cecilia Sala è tornata a casa a Roma, finalmente libera dopo 21 giorni di detenzione nel carcere di Evin, in Iran, un’altra Cecilia, Cécile Kohler, 40 anni, professoressa di Lettere moderne, resta in prigione come il suo compagno, Jacques Paris, 70 anni, docente di Matematica in pensione. Reclusi da maggio 2022, sono entrambi accusati di spionaggio dalle autorità iraniane. Come riporta Le Monde, sono in tutto tre i cittadini francesi ancora nelle carceri della Repubblica islamica. Parigi descrive questi prigionieri come “ostaggi di Stato”. Sono passati ormai due anni e mezzo da quando la coppia è bloccata dietro le sbarre del regime degli Ayatollah.
La posizione del governo francese
Secondo il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot, dopo l'elezione del presidente iraniano Massoud Pezeshkian, lo scorso luglio, la situazione degli ostaggi francesi nel Paese è peggiorata. Martedì scorso Barrot ha invitato i cittadini francesi a non recarsi in Iran fino alla completa liberazione dei detenuti francesi nel Paese. "La situazione dei nostri compatrioti tenuti in ostaggio in Iran è semplicemente inaccettabile, sono ingiustamente detenuti da diversi anni in condizioni indegne", ha dichiarato il ministro durante la conferenza degli ambasciatori, assicurando che Parigi non li ha dimenticati "neanche per un solo secondo". Fino alla completa liberazione degli ostaggi francesi, ha aggiunto, "chiedo ai nostri compatrioti di non andare in Iran". Teheran, che detiene numerosi cittadini occidentali o con doppia cittadinanza, è accusata di usare i detenuti stranieri come merce di scambio nei negoziati tra Stati.
L'appello di Amnesty
L'attivista iraniana Narges Mohammadi, premio Nobel per la pace 2023, ha dichiarato alla radio France Inter di essere "molto preoccupata" per Cécile Kohler, detenuta "in isolamento in Iran in condizioni terribili". Ha affermato: "Ho potuto fare domande ai prigionieri che hanno trascorso alcuni giorni in cella con lei. Dicono che fisicamente sia estremamente indebolita". E ha concluso: "L'isolamento è una condizione terribile, una vera tortura". Nel frattempo, Amnesty International ha lanciato un appello salvare dalla pena di morte l’accademico svedese-iraniano Ahmadreza Djalali, "detenuto arbitrariamente in Iran dal 2016, a grave rischio di esecuzione dopo aver esaurito tutte le vie legali per annullare la sua condanna a morte". Docente e ricercatore in medicina dei disastri e assistenza umanitaria, ha insegnato nelle università di Belgio, Italia e Svezia. "È stato arrestato arbitrariamente il 26 aprile 2016 mentre era in viaggio d’affari in Iran e accusato di spionaggio".
Torture e minacce di morte per estorcere confessioni
Come rileva l'organizzazione internazionale che lotta contro le ingiustizie e in difesa dei diritti umani nel mondo, Djalali ha subito diverse violazioni dei suoi diritti fondamentali, come l’isolamento prolungato, la negazione dell’accesso a un avvocato, la tortura e altri maltrattamenti, incluse minacce di morte, al fine di estorcergli una confessione. Ahmadreza Djalali ha sempre negato le accuse contro di lui e sostiene che siano state fabbricate dalle autorità. "Gli iraniani devono annullare la condanna e la pena di morte di Ahmadreza Djalali, inflitte in seguito a un processo gravemente iniquo, e scarcerarlo immediatamente", ha affermato Amnesty International.