La crescente pervasività degli smartphone tra gli adolescenti ha suscitato ampie discussioni riguardo ai suoi impatti sullo sviluppo e sulle performance scolastiche. Il recente studio “Eyes Up” dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca ha fatto luce su come l'accesso precoce a smartphone e social network influenzi le competenze linguistiche e matematiche degli studenti, con implicazioni anche per le disuguaglianze educative. Lo studio, condotto su 6.609 studenti delle scuole superiori lombarde, ha rivelato dati inaspettati e preoccupanti. Le evidenze emerse indicano che gli studenti che iniziano a utilizzare i social network prima dei 12 anni ottengono punteggi significativamente più bassi nelle prove Invalsi di italiano e matematica rispetto ai coetanei che accedono alla rete più tardi, all'età di 14 anni, come stabilito dalla normativa europea. La relazione negativa tra precocità di accesso ai social e rendimento scolastico è un fenomeno che non sembra risparmiare nessuna fascia sociale, ma che colpisce in modo particolare i ragazzi, con un impatto negativo sulla loro concentrazione e capacità di mantenere buoni risultati scolastici. Spiega a L’Espresso Adelia Lucattini, psichiatra e psicanalista ordinario della Società psicoanalitica italiana: “L’apprendimento richiede tempo, attenzione e capacità di elaborazione simbolica, tutte competenze che possono essere ostacolate dall’uso precoce e non guidato dei social media. Per questo è essenziale un’educazione digitale consapevole e una regolazione dell’uso dei social in età evolutiva, per evitare che interferiscano con il loro sviluppo intellettivo ed emotivo. L’apprendimento scolastico implica la capacità di riflettere ed elaborare il sapere, trasformandolo in conoscenza personale. I social media, al contrario, favoriscono risposte immediate e superficiali, con l’informazione frammentarie e incomplete. Inoltre, instillano fretta e ansia, poiché vi è la ricerca continua della “parte mancante”, come un puzzle in cui i pezzi siano dispersi nel web. La rapidità e la difficoltà a fermarsi a pensare, unito alla riduzione dei tempi attentivi e della capacità di astrazione e simbolizzazione, ostacolano il processo di interiorizzazione e apprendimento. L’altro aspetto è che riducendo la capacità di associare liberamente e di recuperare per questa via le informazioni, limita lo sviluppo del pensiero, necessario per imparare e per saperle commentare con spirito critico”.
Non solo shorts e reels
Se molte sono le criticità emerse dalla ricerca, ci sono anche alcuni dati confortanti. Tra questi, il fatto che il 94% degli studenti usa Internet per informarsi, e che 8 ragazzi su 10 leggono le notizie online. Cosa che ripropone il tema della qualità dell’informazione online anche per formare una cultura socio-politica delle nuove generazioni e del contrasto alle fake news. Ma sono musica e video i veri protagonisti delle ore spese dai giovani sui social: il 99% ascolta i propri brani preferiti e guarda i video brevi (shorts). Una fruizione che non è solo passiva, giacché 4 ragazzi su 10 è anche un content creator videomusicale.
I ragazzi sono più a rischio: gap di genere e sociali
Ma quali rischi corrono i bambini con un’esposizione precoce ai social? “L'esposizione precoce dei bambini ai social media comporta diversi rischi, oggi chiaramente ancora di più documentati rispetto al passato e supportati dalla letteratura scientifica”, continua la psicanalista. “La Cleveland Clinic ha evidenziato che l'uso dei social media può portare a problemi di autostima e disturbi del sonno nei giovani utenti. Inoltre, l'esposizione precoce ai social media può influenzare negativamente la salute psicologica ed emotiva dei bambini, aumentando il rischio di ansia, depressione e disturbi dell’immagine corporea fin dall’infanzia. Ciò che rende le interazioni online così diverse da quelle di persona è la loro natura permanente e spesso pubblica e la mancanza del contenimento naturale fornito dalle interazioni fisiche tra persone. Se dopo una conversazione normale, il bambino o l’adolescente non sa se sono piaciuti all'altro/altri, la questione si esaurisce lì per essere ripresa quando si incontreranno di nuovo. Questo non vale con i social media. Infatti, i bambini, i loro amici e persino le persone che non hanno mai incontrato possono continuare a cercare, offrire o negare ricompense sotto forma di like, commenti, visualizzazioni e follower. È senza fine e fuori dal tempo reale. Disorienta, confonde e distacca dalla realtà”. Per quanto la tendenza delineata dallo studio sia trasversale, i dati indicano che i maschi sono maggiormente influenzati dall'uso precoce dei social, con ripercussioni sulle loro capacità di concentrazione. Ma c’è di più. Un'ulteriore sfumatura dell’indagine riguarda le differenze di genere nell'approccio alla tecnologia. Le ragazze tendono a utilizzare i social in modo più intenso, investendo emotivamente nelle interazioni su piattaforme come Instagram e TikTok. Questo fenomeno è associato a un maggiore confronto sociale e, spesso, a una percezione alterata del corpo e al benessere emotivo. Al contrario, i ragazzi si concentrano maggiormente su videogiochi online e contenuti in streaming, ma questo uso intensivo delle tecnologie può interferire con la gestione del tempo e la concentrazione nello studio. La ricerca suggerisce quindi che gli interventi educativi e le politiche di regolamentazione dovrebbero tenere conto di queste differenze per sviluppare strategie mirate. Così come dovrebbero considerare anche il gap socio-culturale connesso con la precocità di accesso ai social network. Giacché sono soprattutto gli studenti provenienti da famiglie meno istruite a ricevere lo smartphone prima dei 12 anni. E questo anticipato accesso ai social ha amplificato le disuguaglianze educative già esistenti. Ancora, esiste un problema di "disuguaglianza di iperconnessione". L’indagine infatti ha evidenziato che gli studenti provenienti da famiglie migranti o con un basso livello di istruzione sono quelli più inclini a un utilizzo precoce e meno regolato dei social network. Ciò potrebbe contribuire ad accentuare la distanza tra studenti con background socio-economici differenti, in un contesto dove, mentre il digital divide tradizionale si sta riducendo, si sta aprendo un nuovo tipo di disuguaglianza: quella di accesso a una rete di supporto educativo nella gestione del digitale.
I social come distrazione costante: il ruolo del contesto familiare
Se il rendimento scolastico appare influenzato dall'uso precoce dei social, anche i comportamenti quotidiani degli adolescenti suggeriscono un quadro inquietante. Più della metà degli studenti ammette di utilizzare lo smartphone immediatamente dopo il risveglio, e il 22% di loro continua a farlo durante la notte, interrompendo il riposo. Un altro dato interessante riguarda l'uso dello smartphone durante i pasti, con il 51% degli adolescenti che lo utilizza anche in famiglia. Sebbene solo il 10% lo faccia in modo sistematico, è evidente che le abitudini digitali degli adolescenti siano radicate nelle dinamiche quotidiane, alimentando il ciclo di distrazione e difficoltà di concentrazione. Viene da chiedersi allora quali iniziative possano mettere in atto i genitori per indirizzare i bambini verso un utilizzo costruttivo di smartphone e social. La “ricetta” di Lucattini è di fare in modo di trasformare “gli strumenti digitali, da fonte di distrazione a risorse educative e di crescita personale, definendo in modo chiaro tempi e modalità di utilizzo dello smartphone, evitando l’uso durante i pasti e prima di dormire (causano insonnia)”. Ancora mamme e papà possono “incoraggiare l’uso di applicazioni educative, la visione di documentari e la scelta di giochi interattivi che stimolino la creatività e le interazioni anche online con gli amici, anziché un consumo passivo di contenuti superficiali che trovano in base all’algoritmo. È una deriva pericolosa, poiché può indurre un consumismo vuoto e sfrenato, ed essere l’anticamera della dipendenza da smartphone e social media”. L’invito della specialista che è poi di fornire ai figli gli strumenti per distinguere ciò che è vero da ciò che è finzione “per proteggerli dagli effetti negativi del confronto sociale e dall’ansia da prestazione”. Anche la scuola può avere un ruolo importante in questo senso. Utili, dice Lucattini, sono “i corsi precoci di programmazione (coding). Se un oggetto è conosciuto nel suo funzionamento più profondo, diviene oggettivo, non è più misterioso, magico o trasgressivo. È ciò che è veramente e il bambino può sentirsi in grado di gestirlo e controllarlo”. Emerge dunque la necessità di un approccio più regolato e consapevole quando si parla di giovani, smartphone e social network. In un mondo sempre più connesso, è essenziale che scuole, famiglie e istituzioni lavorino insieme per integrare la tecnologia in modo equilibrato nei percorsi educativi, riducendo le disuguaglianze e promuovendo una digitalizzazione che sia un'opportunità e non un ostacolo alla crescita.