Qui lo Stato non è mai arrivato e in ogni famiglia c’è almeno una persona malata, se non due». Enzo Tosti è un uomo vicino alla settantina, affetto da una neoplasia del tessuto linfatico frequente tra i militari esposti all’uranio impoverito in Iraq e durante le guerre balcaniche. Solo che Tosti da quelle parti non c’è mai stato. Abita con la moglie a Orta di Atella, un paese di 27mila anime a metà strada tra Napoli e Caserta. Ed è tra coloro che, dopo anni di battaglie sul territorio, sono riusciti a conquistare una sentenza storica che potrebbe segnare un prima e un dopo per la “Terra dei Fuochi”.
La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) infatti – accogliendo un ricorso del 2013 – ha condannato il nostro Paese per «non aver protetto la vita degli abitanti» di quella parte della Campania usata (la cronaca è nota) come discarica di rifiuti illegali e tossici. Un pronunciamento pesante su cui mette il carico l’Onu che, per bocca del suo Special Rapporteur on Toxics and Human Rights Marcos Orellana, interpellato da L’Espresso – dopo la sua visita ufficiale in Italia nel 2020 – parla di «inadeguatezza e ritardi governativi» nel gestire il «pericoloso inquinamento tossico» che hanno «portato troppe persone a una lenta e dolorosa morte per tumori». Eccola, dice Tosti, «la fotografia di quello che accade in una terra in cui vige la regola del negare, e negare sempre, mentre le famiglie si decimano». I governi hanno galleggiato nell’inazione – come rileva la Corte, riconoscendo «omissioni da parte dello Stato» –in un eterno gioco dell’oca in cui ogni esecutivo ha finora congelato quanto fatto da quello precedente. Per ripartire ogni volta dalla casella del via.
Quella del 30 gennaio è una sentenza “pilota” per tutta la Ue. Innanzitutto perché riconosce per la prima volta in Europa il diritto alla vita, e non solo “a condizioni di vita dignitose”. E lo fa sulla base del principio di precauzione sancendo che, rispetto a un rischio «sufficientemente grave, reale e accertabile» – qualificato come imminente – lo Stato ha il dovere di proteggere i suoi cittadini. E collega direttamente uno scempio ambientale a una conseguenza sanitaria. Aspetto non di poco conto, se si considera che per anni i cittadini di quelle zone sono stati sbeffeggiati e tacciati di allarmismo. «Anche di fronte a importanti studi scientifici», dice Gaetano Rivezzi, di Isde Medici per l’Ambiente Campania, «che dimostrano come nella Terra dei Fuochi ci siano stati incrementi di tassi di mortalità per tumori senza precedenti». E che «esista una correlazione tra la presenza di siti di rifiuti incontrollati e l’insorgenza di cancro e malattie croniche». Stilando una lista da brividi. Che non basta però a far muovere le istituzioni.
La Terra dei Fuochi infatti entra nei “palazzi” solo nel 2018 con il ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Avendo indagato come generale del Corpo forestale dello Stato e dei Carabinieri, Costa conosce bene la materia e, una volta insediatosi, decide di dar vita a una Cabina di regia per coordinare tutti i soggetti competenti. E di istituire il Commissario straordinario della Terra dei Fuochi. «Il passo più importante però si compie – spiega l’ex ministro – quando inserisco la Terra dei Fuochi tra i Siti di interesse nazionale (Sin dell’Area Vasta di Giugliano) per i quali ci sono già i fondi». Per poi creare una Direzione generale sulle bonifiche. Il tavolo è dunque “apparecchiato”, il protocollo è pronto, la Regione Campania emana la perimetrazione del Sin, ritenuta troppo restrittiva. Si può iniziare a lavorare.
Ma a quel punto accade una cosa che il ministro non aveva previsto: la crisi di governo. Siamo nel 2021, cade il Conte 2. Con quelli seguenti – Draghi prima e Meloni poi – «la Terra dei Fuochi scompare dai radar nazionali», dice Costa, che precisa come «l’unico atto dei suoi successori sia stato quello di cancellare la Direzione generale sulle bonifiche». E in effetti non c’è una iniziativa sulla Terra dei Fuochi targata Roberto Cingolani. L’unico provvedimento dell’esecutivo Draghi in materia è di Mara Carfagna, titolare del dicastero per il Sud: sottoscrive con oltre 50 sindaci un Contratto istituzionale di sviluppo per la riqualificazione e la valorizzazione del territorio con un finanziamento di 200 milioni di euro. Caduto anch’esso nel dimenticatoio quando a Palazzo Chigi arriva Giorgia Meloni, insieme al piano ideato da Costa.
È solo in risposta alla sentenza della Cedu infatti che l’attuale ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin si interessa della vicenda. Si suppone – data l’urgenza – che recuperi il lavoro fatto dai suoi predecessori (c’è una cabina di regia, ci sono i fondi), magari riconvertendolo secondo la sua visione. Ma Pichetto ricomincia daccapo con l’elenco di misure spot da intavolare mentre le altre giacciono impolverate nei cassetti. Con l’aggravante che il ministro (che non ha risposto alle nostre domande) annuncia la possibilità di impugnare la sentenza di Strasburgo.
Non deve stupire quindi se i cittadini siano restii nel dare fiducia alla politica anche di fronte alla nomina di un nuovo Commissario straordinario da parte della premier. Ma adesso hanno dalla loro parte la Cedu, che ha dato due anni di tempo all’Italia per mettere in atto una strategia efficace. Pena sanzioni pecuniarie. La settimana della sentenza della Corte è morta Antonella, 42 anni, un tumore alla mammella: gli abitanti della Terra dei Fuochi non hanno ancora accesso a ticket sanitari gratuiti. Nemmeno coloro che abitano a 100 metri da una microdiscarica abusiva.