La “terra dei fuochi” si sposta seguendo le traiettorie tracciate da intermediari criminali. Legambiente: nelle 57 inchieste pugliesi sono state sequestrate 6.529.849 tonnellate di rifiuti. Ma le procure hanno in mano strumenti legislativi ancora poco efficaci

Dalla Campania alla Puglia la “terra dei fuochi” si sposta seguendo le traiettorie tracciate da intermediari criminali che penetrano nelle faglie del sistema della differenziata, individuano zone abbandonate, dal Foggiano alla Murgia, e scaricano immense quantità di rifiuti. Così la cartolina turistica della Puglia si macchia delle distese di immondizia, tra plastica e altre tipologie non riciclabili, su cui lucrano anche le organizzazioni criminali. I numeri, presentati da un rapporto di Legambiente a Foggia, sono chiari: nelle 57 inchieste pugliesi sono state sequestrate 6.529.849 tonnellate di rifiuti (10,7 per cento), sono state emesse 269 ordinanze di custodia cautelare, con 754 persone denunciate e 122 aziende coinvolte. L’emergenza è ormai da tempo all’attenzione del procuratore di Bari: Roberto Rossi non perde occasione di richiamare il fenomeno, parlando di una «nuova terra dei fuochi», anche davanti alla commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. «Territori come quello della Capitanata non sono scelti a caso dalle organizzazioni criminali che gestiscono i rifiuti – aggiunge Enrico Fontana, segretario nazionale di Legambiente. Si tratta di aree poco controllate con infrastrutture stradali appetibili per i criminali. Le ultime inchieste della Dda di Bari e di Lecce hanno accertato 137 episodi di smaltimento di rifiuti misti, abbandonati nei terreni agricoli. Il territorio della Capitanata ha le stesse caratteristiche di quanto avvenuto tempo fa in Campania. L’emergenza deve diventare nazionale per evitare che si arrivi a un disastro ambientale e sanitario».

 

Il procuratore di Trani, Renato Nitti, dice a L’Espresso: «Il sistema della raccolta differenziata che parte per essere un sistema virtuoso, e sulla carta lo è sicuramente, è dopato dal fatto che i contributi di filiera riguardano la percentuale di raccolta differenziata. E, invece, vengono tradotti, anche in termini di messaggio all’opinione pubblica, in percentuali di riciclaggio. Un rifiuto deve prima essere raccolto in modo differenziato, poi viene assoggettato a una procedura di recupero. Quando il recupero genera una nuova materia secondaria, oggi si dice end of waste, abbiamo il riciclaggio. Se si calcola la percentuale di riciclaggio parametrandola sul semplice dato della raccolta del rifiuto differenziato, si trasmette un messaggio sbagliato». E si va così a incentivare la filiera dello scarico illecito di spazzatura. Perché se la carta viene facilmente riciclata, la plastica diventa «ghiotta per gli intermediari. Figure – continua Nitti – che hanno il compito di cercare ovunque nel territorio italiano territori poco presidiati nei quali accumulare rifiuti e poi eventualmente lasciarli lì oppure incendiarli». Per fermarli le procure hanno in mano strumenti legislativi poco efficaci: «Nel momento in cui dovesse anche essere fermato un conducente di un mezzo carico di rifiuti, mentre li sta abbandonando, noi al massimo possiamo sequestrargli il camion. E dobbiamo aspettare che le fattispecie di reati raggiungano una consistenza tale da poter fare intervenire la Dda. Se passa la riforma della delimitazione delle intercettazioni, neanche quelle potremo fare».

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