In un’epoca in cui il valore strategico della proprietà intellettuale è particolarmente importante questi dati impongono una riflessione, con la consapevolezza che l’innovazione non rappresenta un mero atto creativo, ma un processo che deve trovare un sbocco verso il mercato, e in questo percorso il brevetto rappresenta un punto di svolta. L’Espresso ne ha parlato con Francesco Zaccà, direttore Ict presso l'ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) a L'Aia, per comprendere meglio la situazione italiana e, in un’ottica di rilancio, inserirla nel contesto europeo.
I dati dell’Osservatorio annuale Epo attestano un'Italia in calo per le domande di brevetto nel 2024. Quali sono le ragioni di questa frenata?
L’Italia è storicamente forte in settori tradizionali, come il cosiddetto handling — che comprende la logistica, la movimentazione delle merci — la meccanica di precisione e i motori endotermici. Sono ambiti solidi, ma meno dinamici dal punto di vista dell’innovazione, e quindi meno attivi in termini di brevetti. Il rapporto mostra infatti, con chiarezza, che le aree su cui si concentrano gli investimenti brevettuali sono soprattutto quelle digitali, l’intelligenza artificiale, i computer. In Italia invece al secondo posto degli investimenti in brevetti c’è il comparto dell’elettricità - in particolare i motori elettrici - le batterie e in generale le tecnologie per la mobilità elettrica. Il quadro economico e industriale conta eccome, e l’Italia ha tutte le potenzialità per fare meglio. La sfida è quella di investire di più e con maggiore coraggio.
Dallo studio emergono comunque dei punti di forza. Quali sono oggi i settori in cui l’Italia innova di più?
Come dicevo, l’Italia eccelle in settori legati alla meccanica avanzata, all’handling e all’industria automobilistica convenzionale. Parliamo di una meccanica raffinata, di nicchia, fatta di minuzie e altissima precisione. In questo contesto l’innovazione non manca, anche se tende a manifestarsi in modo meno esplosivo rispetto ai settori emergenti. Interessante è anche la distribuzione territoriale di questa innovazione: ci sono regioni italiane che si confermano "motori del cambiamento", come la Lombardia che resta in testa alla classifica delle regioni per numero di brevetti, seguita da Veneto, Piemonte e Toscana.
Perché è così importante che l’innovazione venga protetta attraverso i brevetti?
Il brevetto è ciò che permette all’idea di acquisire un valore concreto. In Italia ci sono molte persone creative, tante idee brillanti, ma senza la protezione garantita dal brevetto queste idee rischiano di rimanere solo intuizioni. Il brevetto è la chiave per passare dall’ideazione alla realizzazione e, infine, alla monetizzazione. Protegge l’idea mentre viene sviluppata e consente di attrarre investimenti, rendendo possibile il passaggio da un’intuizione a un beneficio economico e sociale tangibile.
Spesso si osserva una certa distanza tra la ricerca universitaria italiana e il sistema brevettuale. Come ce lo spieghiamo?
È un tema cruciale, e infatti è stato sollevato anche dal rapporto Draghi sulla competitività. In Italia manca spesso quel ponte tra chi fa ricerca e chi ha le risorse per tradurla in applicazioni pratiche. In altri Paesi - come Germania, Stati Uniti o Cina - c’è una maggiore disponibilità di capitali di rischio e più dinamismo nel mettere in contatto innovatori e investitori. I brevetti rappresentano quindi non solo una tutela giuridica: sono anche strumenti che aiutano a mappare l’innovazione, indicando con precisione dove si innova e in quali aziende o territori si concentrano le potenzialità.
Nel Patent Index non compare il settore spaziale come categoria autonoma. È un segnale di scarsa attività oppure le tecnologie spaziali sono semplicemente inglobate in altri cluster?
Il settore spaziale non è assente, ma ha caratteristiche particolari. Si tratta di un’industria dominata da pochi grandi attori internazionali, che spesso operano attraverso consorzi o programmi di cooperazione su larga scala. In questi contesti, la protezione brevettuale non ha sempre lo stesso peso che ha in industrie altamente competitive, come ad esempio quella farmaceutica. Tuttavia, l’interesse per lo Spazio è alto: l’Ufficio europeo dei brevetti ha già realizzato diversi studi sul tema. Nel 2024 ci siamo concentrati sui sistemi di propulsione spaziale, mentre in anni precedenti avevamo analizzato il telerilevamento, le tecnologie verdi e anche le tecnologie quantistiche applicate allo spazio. Non è che non ci sia attenzione, anzi è un settore che continueremo a monitorare da vicino.
In che modo l’EPO sta affrontando l’evoluzione di settori tecnologici emergenti o trasversali, come lo spazio, l’intelligenza artificiale o la sostenibilità? Ci sono piani per una riorganizzazione dei cluster tematici?
Il nostro lavoro è per definizione in continuo cambiamento, e in trent’anni di attività ho visto rivoluzioni profonde: settori che esplodono, altri che calano. Oggi il nostro sforzo organizzativo maggiore è concentrato proprio sulle tecnologie digitali per le quali abbiamo creato team molto strutturati. Ci stiamo attrezzando per gestire la crescente domanda di brevetti legati alla mobilità elettrica, con tutte le sue declinazioni: dall’elettronica al controllo, dai motori alle batterie, in un’ottica di continuo adattamento delle nostre risorse rispetto ai settori che crescono.
Guardando al futuro, quali sono le aree su cui l’Italia dovrebbe puntare per rafforzare la sua presenza brevettuale? E come si possono incentivare le imprese a proteggere le loro innovazioni?
L’Italia ha tirato il freno a mano nella corsa ai brevetti. E’ quanto emerge dal Patent Index, il rapporto annuale pubblicato dall’Epo (European patent office) che registra il calo del 4,5% delle domande di brevetto provenienti da aziende e inventori italiani nel 2024. Dal contesto europeo giunge la buona notizia, visto che l’Italia conferma il quinto posto tra i 27 Paesi dell’Unione Europea - dopo Germania, Francia, Paesi Bassi e Svezia- e resta ancorata all’undicesimo posto a livello mondiale, fra tutti i Paesi che presentano domande per i brevetti europei.
Esistono già misure a favore delle PMI?
Sì, e vanno esattamente in quella direzione. Il nuovo brevetto europeo, finalmente entrato in vigore dopo anni di preparazione, prevede sconti e agevolazioni specifiche per le piccole e medie imprese. Si tratta di un primo passo importante, ma certamente c’è spazio per fare di più, magari anche attraverso strumenti di finanziamento europei o nazionali che rendano più accessibile la tutela brevettuale per chi innova davvero.