Visioni
17 aprile, 2025

Cambogia, 17 aprile 1975: Phnom Penh cade, inizia il buio

Foto di Roland Neveu
Foto di Roland Neveu

Cinquant’anni fa, la caduta di Phnom Penh segnava l’inizio di uno dei regimi più sanguinari del Novecento

È il 17 aprile 1975, i Khmer rossi entrano a Phnom Penh. La città, stremata da anni di guerra civile e bombardamenti americani, li accoglie con un misto di sollievo e confusione. Ma in poche ore la speranza si spegne: uomini armati ordinano a tutta la popolazione di evacuare. Ospedali, scuole, mercati si svuotano in un silenzio irreale. Centinaia di migliaia di persone costrette a lasciare le loro case a piedi, sotto il sole cocente, senza sapere dove e perché. È l’inizio del regime di Pol Pot, che trasformerà la Cambogia in un laboratorio di terrore. Le città e le persone vengono annullate, l’intelligenza di un Paese eliminata, la vita collettiva azzerata. In nome di un’utopia agraria, ogni traccia di cultura, istruzione, identità viene spazzata via. Tra il 1975 e il 1979, almeno due milioni di cambogiani morirono di fame, stenti, torture, esecuzioni sommarie. Chi è sopravvissuto non ha dimenticato: i dolorosi racconti, sono tutto ciò che resta di quelle vite spezzate. Il silenzio delle risaie, oggi, è carico di echi e fantasmi. I volti scomparsi riaffiorano nei dipinti, nei film, nei memoriali, per non dimenticare. Perché ricordare non è solo un dovere, ma una forma di resistenza. A 50 anni da quel giorno, la caduta di Phnom Penh rimane ancora una lezione dolorosa e feroce: quando il potere si nutre di ideologia e disprezzo per la vita, la storia diventa tragedia.

Phnom Penh, Cambogia – 25 marzo 1975: le carenze dell’esercito governativo erano evidenti. In alcuni casi, i soldati cambogiani erano costretti a prendere autobus locali per raggiungere il fronte, distante spesso non più di 15 chilometri dalla capitale. Una scena che ben racconta la situazione nelle settimane che precedettero la caduta di Phnom Penh per mano dei Khmer Rossi.  Foto: LightRocket / Getty Images 

Phnom Penh, Cambogia – 30 marzo 1975: lungo il fiume Mekong, diverse aree furono teatro di combattimenti feroci. Quando possibile, i corpi dei soldati uccisi venivano riportati alle famiglie. Questo accadeva talvolta nei pressi del ponte giapponese, in un punto del fiume che divenne luogo di ritorni tragici.  Foto: LightRocket / Getty Images

Phnom Penh, Cambogia – 12 aprile 1975: Operazione Eagle Pull, l’evacuazione degli americani. Quel giorno, gli elicotteri decollarono da una zona vicino all’ambasciata, trasportando diplomatici e civili verso una nave in attesa nel Golfo del Siam. Fu la fine ufficiale del coinvolgimento statunitense nel conflitto cambogiano. Foto: LightRocket /Getty Images

Phnom Penh, Cambogia – 16 aprile 1975: alla vigilia della caduta della capitale, migliaia di persone si riversarono lungo il boulevard Monivong, nel cuore di Phnom Penh. Ma con il calare della sera, temendo gli scontri nella zona nord della città, scelsero di dormire per strada, nel centro urbano, alla ricerca di una sicurezza totalmente illusoria. Foto:
LightRocket / Getty Images

17 aprile 1975: la caduta di Phnom Penh segna l’ingresso trionfale dei Khmer Rossi nella capitale. Mentre dagli altoparlanti arrivano ordini per consegnare le armi e abbandonare la città, ai crocevia si formano cumuli di fucili. Alcuni giovani esultano, mentre i primi guerriglieri si fermano a posare per le fotografie. Foto: LightRocket / Getty Images

 

 

 

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