Il Fmi contro Trump: "L'indipendenza delle banche centrali è un caposaldo". E taglia le stime di crescita di quasi tutti i Paesi, anche dell’Italia

L'Eurozona cresce poco soprattutto per l’aumento “dell’incertezza” causata dai dazi. Il capo economista rimprovera il tycoon per i suoi tentativi di interferire con il lavoro del numero uno della Fed, Powell. Per il nostro Paese, -0,3% di Pil rispetto alle previsioni di gennaio

L'indipendenza delle banche centrali resta un caposaldo. Il capo economista del Fmi, Pierre-Olivier Gourinchas, ha risposto così agli attacchi di Donald Trump che ha minacciato di licenziare il presidente della Fed, Jerome Powell, e lo ha definito “a major loser”, un "grande perdente”, per non non aver tagliato ancora i tassi sui fed funds dall’inizio del 2025. "Le banche centrali devono restare credibili e parte di questa credibilità dipende dalla loro indipendenza", ha aggiunto Gournichas, sottolineando che è essenziale per gli istituti centrali mantenere ancorate le aspettative di inflazione. "Le banche centrali si trovano ad affrontare un momento delicato. I dazi negli Stati Uniti aumenteranno le pressioni sui prezzi: prevediamo che l'inflazione resti al 3% quest'anno negli Usa".
 

 

L'economia globale "sta entrando in una nuova era" con il sistema che ha "operato negli ultimi 80 anni soggetto a un riassetto". È l'effetto dei dazi, che hanno superato i livelli raggiunti durante la Grande Depressione. Per questo motivo il Fondo monetario internazionale ha rivisto al ribasso le stime di crescita dell'economia mondiale, ma non a tal punto da far preoccupare: "Non vediamo una recessione" negli Stati Uniti, ha detto Gournichas, spiegando però che le chance che ce ne sia una sono salite dal 25% a circa 40%. "Nonostante il rallentamento, la crescita resta ben al di sopra dei livelli di recessione", hanno evidenziato gli esperti del Fmi. Il Fondo ha poi invitato i governi alla "prudenza e a una migliore collaborazione", ricordando il grande impatto che le tensioni politiche hanno sull'economia: "La prima priorità dovrebbe essere quella di ripristinare la stabilità delle politiche commerciale e di creare accordi reciprocamente vantaggiosi. L'economia globale ha bisogno di un sistema commerciale chiaro e prevedibile, che affronti le lacune di lunga data nelle regole commerciali internazionali".

 

 

I mercati barcollano non solo negli Stati Uniti. Tutta l'economia mondiale è in una "fase critica", con l'incertezza che ne mette alla prova la resilienza. Secondo il Fmi, il mondo rallenterà e dopo il +3,3% del 2024, quest'anno crescerà del 2,8%, 0,5 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni di gennaio. Nel 2026 la crescita è stata ritoccata al ribasso di 0,3 punti al 3%. Ma le tensioni commerciali rendono "più difficile" effettuare previsioni, perciò non è detto che le stime siano confermate: un'escalation della guerra commerciale e una più elevata incertezza potrebbero ridurre ancora la crescita. Il Pil statunitense, dopo essere cresciuto del 2,8% nel 2024, segnerà quest'anno un +1,8%, ovvero 0,9 punti percentuali in meno rispetto alle stime di gennaio, e il prossimo un +1,7% (-0,4 punti). Rivista al ribasso anche la crescita dell'economia cinese, al 4,0% sia per il 2025 che per il 2026 (rispettivamente -0,6 e -0,5 punti).

 

 

Per l'area euro, in particolare, il Fondo monetario internazionale ha previsto una crescita per quest'anno dello 0,8%, prima di riprendersi e segnare un +1,2% il prossimo anno - rivedendo al ribasso di 0,2 punti percentuali la crescita dell'Eurozona rispetto a gennaio (sia per il 2025 che per il 2026)-. La "crescente incertezza e i dazi sono i principali fattori della crescita contenuta" della zona euro quest'anno, afferma il Fmi. La "modesta ripresa" del 2026 è legata invece all'aumento dei consumi e dall'allentamento fiscale in Germania. Dal taglio delle stime di crescita deciso dal Fmi non si salva neanche l'Italia. Il Fondo ha rivisto al ribasso il pil del 2025 e del 2026 rispettivamente a +0,4% (0,3 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni di gennaio) e +0,8% (-0,1 punti). Nel Paese, il tasso di disoccupazione, già al di sopra della media europea del 6,4% e 6,3%  - per quest'anno e il per prossimo -  si attesterà al 6,7% nel 2025 e nel 2026, mentre Il debito pubblico italiano dovrebbe salire quest'anno al 137,3% - rispetto 135,3% del 2024-. Lo prevede il Fmi stimando un ulteriore aumento al 138,5% nel 2026

 

 

Previsioni economiche sfavorevoli anche per gli altri grandi Paesi europei: per la Germania le stime sono state ridotte a crescita zero per quest'anno e un pil in aumento dello 0,9% nel 2026, mentre per la Francia a +0,6% per il 2025 e a +1,0% nel 2026. Per il Regno Unito il Fondo stima un pil a +1,1% quest'anno e al +1,4% nel 2026. Ritocco al rialzo, invece, per la Spagna, che quest'anno crescerà del 2,5% (+0,2 punti).
 

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