La sciagura della Nero al porto di Genova è solo l'ultima di una lunga serie di incidenti navali occorsi alla flotta ligure, specializzata nel trasporto di merci pericolose. Come nel caso delle navi spiaggiate sulle coste calabre

Tra Genova e La Spezia la compagnia Messina è un nome che conta. E' tra le poche compagnie italiane di cargo marittimo che garantisce i servizi regolari con il Medio oriente e il Nord Africa, grazie alla sua flotta di "Ro-ro", ovvero navi dotate di portellone posteriore in grado di caricare direttamente container e mezzi dalla banchina.

Ma il nome Messina è anche legato ad una serie di incidenti navali nelle acque del Mediterraneo e ad una serie di inchieste - terminate con l'archiviazione - sui traffici internazionali di armi e rifiuti.

Il caso più noto è lo spiaggiamento della Rosso - ex Jolly Rosso - sulla spiaggia di Amantea, costa tirrenica della Calabria. Il 14 dicembre del 1990 la nave si arenò sulla spiaggia, con lo scafo danneggiato da diverse falle. Quella stessa nave per diversi mesi aveva attirato l'interesse del Sismi, sulle tracce di Giorgio Comerio, l'imprenditore esperto di mine che voleva affondare le scorie nucleari nei fondali marini.

Dell'episodio si occupò quattro anni dopo il capitano Natale De Grazia, che stava seguendo per la Procura presso la Pretura di Reggio Calabria l'inchiesta sulle navi a perdere, ovvero l'uso di vecchie carrette di mare per lo smaltimento illegale di rifiuti pericolosi. Un caso che De Grazia non riuscì a concludere: morì avvelenato - come ha recentemente stabilito la commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti - mentre stava per raggiungere La Spezia, alla ricerca di nuove testimonianze. Le diverse inchieste sull'incidente e sulle possibili connessioni con i traffici internazionali di armi e rifiuti - che durarono quasi dieci anni - finirono poi archiviate all'inizio degli anni 2000, con il completo proscioglimento della compagnia Messina.

L'incidente più recente che ha coinvolto le navi della compagnia di Genova risale al 2011, davanti alle acque del porto di Napoli. Il peschereccio "Giovanni padre" venne speronato e affondato dalla Jolly Grigio l'11 agosto del 2011. Due pescatori di Ercolano, Alfonso Guida, 43 anni, e il figlio Vincenzo, 21, persero la vita dopo l'impatto. Alla prova del narcotest risultò positivo Maurizio Santoro, 47 anni, di Genova, timoniere del "Jolly grigio", poi arrestato insieme all'ufficiale Mirko Serinelli, 24 anni, di Brindisi. Il 18 dicembre scorso la IV sezione del tribunale di Napoli ha ammesso la citazione del responsabile civile Ignazio Messina al processo.

Meno noto è l'incidente che ha colpito la "Jolly Amaranto" al largo del porto di Alessandria, in Egitto. L'11 dicembre del 2010 la nave della Messina lanciò il "mayday" dopo il panne dei motori, che aveva portato la nave alla deriva. Solo dopo difficilissime manovre durate due giorni la Ro-ro venne portata nel porto, portando in salvo i 21 membri dell'equipaggio ed evitando la perdita completa della nave. Nel frattempo diversi container erano caduti in mare, creando un forte allarme, visto che a bordo risultavano presenti merci pericolose.

La compagnia Messina - che opera da più di 80 anni - non era nuova al trasporto di merci pericolose. Nel gennaio del 1989 quella stessa Jolly Rosso che dopo un anno e mezzo verrà coinvolta nello spiaggiamento di Amantea, era stata scelta dal governo italiano per riportare a Genova migliaia di fusti tossici abbandonati da un gruppo milanese vicino a Beirut. Era l'epoca delle navi dei veleni, quando buona parte delle scorie industriali italiane venivano esportate - al limite della legalità - verso i paesi africani e latinoamericani, portando le autorità internazionali a stabilire nuove regole con la convezione di Basilea, poi firmata dal nostro governo solo nei primi anni '90.

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