Il presidente della Commissione parla davanti al Parlamento di Strasburgo, pronunciando il suo primo discorso sullo stato dell'Ue. E denuncia la mancanza di unità. Ma i problemi del Vecchio continente, dalla disoccupazione alla crisi greca, passano in secondo piano rispetto all'emergenza profughi. Sui quali intima: 'Abbiamo le regole, rispettiamole'

Juncker: 'Migranti, dall'Unione Europea un'azione audace e comune'

«È il momento della sincerità, non di vuoti discorsi: la nostra Unione europea non versa in buone condizioni. Manca l’Europa in questa Unione europea e manca l’unione in questa Europa». Parole durissime quelle che il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker usa nel suo primo discorso sullo stato dell'Unione, pronunciato davanti al Parlamento di Strasburgo.

Con altrettanta durezza Juncker invita ad agire al più presto per dare risposte al dramma dei richiedenti asilo, auspicando che ci si muova nel solco dell’accoglienza e della solidarietà: «L’Europa non è chi si volta da un’altra parte, chi appicca il fuoco ai campi di raccolta. L’Europa sono i ragazzi di Kos che portano i panini ai siriani, chi ha applaudito il loro arrivo nella stazione di Monaco».

Juncker sprona così gli eurodeputati: «Ora la priorità è affrontare l’emergenza dei profughi. È una questione di umanità e dignità. Siamo di fronte a numeri spaventosi, ma dobbiamo reagire. Del resto, la nostra storia, la storia di noi europei, è una storia di rifugiati. E stiamo parlando non di secoli, ma di pochi anni fa». Una questione di umanità, di giustizia e anche di dignità, quindi. «È il tempo di un’azione audace e concentrata di Ue, Stati membri e istituzioni - prosegue ancora Juncker - Chi critica l’integrazione europea deve riconoscere che questo è un luogo di pace e stabilità. Dobbiamo esserne orgogliosi».

Il presidente della Commissione, inoltre, cerca di sfatare, dati alla mano, alcuni pregiudizi: se, da un lato, è innegabile che il numero dei rifugiati che giungono in Europa è «senza precedenti», dall'altro, bisogna comunque considerare che si tratta «dello 0,11% della popolazione dell’Unione europea». Mentre in Libano, un Paese che ha un quinto del nostro livello di benessere, «rappresentano il 25% della popolazione».

Nel discorso Juncker non tralascia di segnalare anche le possibili soluzioni all'emergenza che stiamo vivendo in questi mesi, sottolineando come la crisi dei rifugiati sia causata da guerre, terrorismo e instabilità dei Paesi vicini all'Europa: «Fino a che ci saranno disordini in Libia e la guerra in Siria, questi problemi non spariranno. Ma nessun muro o barriera o mare fermerà chi fugge dall’Is. Bisogna evitare la demagogia. Mettiamoci noi nei loro panni: quanto pagheremmo per rifarci una vita? Non parliamo di numeri, ma di esseri umani. E quello che stanno passando potrebbe accadere a chi oggi vive in Ucraina: non si può fare distinzione di credo, di etnia o di altro tipo. Abbiamo i mezzi e gli strumenti per aiutare chi fugge da guerra e oppressione. L’asilo politico è un diritto».

Non manca poi un monito sul rispetto di procedure omogenee per affrontare nel concreto il flusso di arrivi: «Abbiamo degli standard comuni europei sia per l’accoglienza dei rifugiati e per l’asilo sia per definire se le persone hanno diritto a ricevere la protezione internazionale. Ma questi standard vanno applicati e rispettati da parte degli Stati». E ancora: «La Commissione Ue viene additata di non agire bene, quando le cose in patria non funzionano. Questo scaricabarile non aiuta i rifugiati. È necessaria un’agenda comune: l’Italia, la Grecia e l’Ungheria non devono essere lasciate sole, ci sono 160.000 profughi che da lì vanno redistribuiti». Juncker annuncia allora il piano di accoglienza per altri 120.000 rifugiati, oltre ai 40.000 già previsti, da ripartirsi in quote obbligatorie tra gli Stati.

E per raggiungere una situazione di stabilità il presidente traccia un elenco di atti da adottare il prima possibile, dall'approvazione delle nuove proposte della Commissione, che saranno votate lunedì prossimo, al rafforzamento dei confini esterni pur senza abolire Schengen, alla revisione del trattato di Dublino. Tutto sempre nel segno della solidarietà. Juncker propone poi di rafforzare Frontex, un'operazione certamente costosa, ma necessaria, ad avviso della Commissione: «Vorremmo arrivare a una Guardia costiera di confine efficace entro la fine dell'anno e creare canali d'immigrazione legali contro la tratta di esseri umani. La Commissione Ue propone un meccanismo di redistribuzione permanente che ci permetterà di affrontare situazioni di crisi in modo più agevole in futuro».

Infine, un passaggio sulla distinzione tra Paesi sicuri e non: «La lista di quelli considerati sicuri non cancella la Convenzione di Ginevra e il diritto d'asilo. Non c'è religione o filosofia che conti quando si deve aiutare un rifugiato. Dobbiamo occuparci delle persone in fuga, ma dobbiamo individuare meglio chi ha diritto alla protezione internazionale. Ecco perché si parla di una lista di Paesi di provenienza sicuri, che dovrebbe essere predisposta a livello europeo per accelerare le procedure. La presunzione di sicurezza deve applicarsi a tutti gli Stati che secondo il Consiglio europeo rispettano i criteri di Copenaghen su democrazia, stato di diritto e diritti fondamentali». Juncker ricorda però che gli Stati che escono da questa lista, «perché non garantiscono i diritti umani, perdono la possibilità di aderire all’Ue».

L’immigrazione, dunque, non è solo un problema, ma una risorsa: «La Commissione presenterà un pacchetto sull’immigrazione legale entro l'inizio del 2016 - dice Juncker -. Invecchiamo, abbiamo bisogno di nuovi talenti, che arrivino da ogni parte del mondo. Sono favorevole a far lavorare i rifugiati ospitati nei Paesi europei e a permettere loro di guadagnarsi da vivere. Il lavoro è dignità».

Ma di lavoro Juncker parla anche in riferimento alla crisi economica che flagella il Vecchio continente, ricordando che, con 23 milioni di disoccupati, non può dirsi finita: cesserà, infatti, solo quando l'Europa avrà raggiunto la piena occupazione. A proposito della Grecia, poi, sottolinea che «se questa volta le regole su cui c'è stato l'accordo non saranno rispettate, la reazione sarà diversa dalla precedente». Juncker non esclude, infine, la creazione nell'Unione europea di un ministero del Tesoro comune.

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