La Politkovskaja accusava il regime russo di sentirsi così potente da non tenere in considerazione le critiche. Quello che sta accadendo alle cantanti-dissidenti buttate al confino ne è la conferma
di Roberto Saviano
8 novembre 2012
image/jpg_2180772.jpgAnna Politkovskaja diceva una cosa che per noi italiani può essere davvero difficile comprendere fino in fondo, abituati come siamo a una politica che per quanto odiosa continua a blandirci, a trattare l'elettorato come merce preziosa. Da noi, anche i politici che reputiamo i peggiori, nonostante tutto, fanno il possibile, in maniera goffa, per mantenere una parvenza di credibilità. Per persuaderci che in fondo certe scelte è nel nostro interesse che vengano prese.
Pensiamo ora, per un attimo, alla politica russa, alla tracotanza con cui si sottrae a giustificazioni e processi. Anna Politkovskaja diceva che Putin teneva in altissimo conto l'opinione che la comunità internazionale aveva di lui, tanto da mentire continuamente all'estero su questioni di politica interna.
Ma teneva nella più bassa considerazione l'opinione che di lui aveva la popolazione in patria, tanto da non reputare mai necessario giustificare le sue decisioni, condividerle.
In poche parole Putin aveva raggiunto un tale grado di onnipotenza da agire impunemente calpestando i diritti di chi avrebbe dovuto votarlo. Era - ed è - in grado di esercitare una tale pressione sui vertici religiosi e sui mezzi d'informazione da poter convincere intere masse della giustezza dell'azione del suo governo. E di Anna Politkovskaja, prevenendo le obiezioni di qualche scettico, possiamo fidarci. Ha pagato con la vita.
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