In una fluviale conferenza stampa, l'ex leader della Margherita ha cercato di difendersi dall'accusa più grave: quella sui soldi passati da Lusi alla sua fondazione e all'Api. Pubblichiamo qui di seguito l'articolo integrale de L'Espresso e il botta e risposta al Senato con i giornalisti (compresi i nostri)

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Che abbia ragione lui? Il centrosinistra rischia davvero di crollare, nel caso uscissero fuori tutti i segreti custoditi nei forzieri di quella che fu la Margherita-Democrazia e Libertà? Luigi Lusi, senatore del Pd ed ex tesoriere del partito che nel 2007 si è fuso con i Ds formando il Partito democratico, lo ha detto senza giri di parole nell'intervista "rubata" a "Servizio pubblico". Parole e frasi che sono state interpretate da molti come una minaccia, quasi come un ricatto. Avvertimenti lanciati per sminuire la propria posizione (Lusi è infatti accusato di aver usato i soldi del partito per acquistare ville da sogno, viaggi di lusso e cene al caviale) tirando in ballo le responsabilità dei big dell'ex Margherita, politici illustri che hanno condiviso con lui - farebbe intendere l'ex uomo di fiducia di Francesco Rutelli - la responsabilità della gestione delle finanze del partito. Foraggiato anche dopo la sua scomparsa politica con decine di milioni di euro ottenuti grazie ai generosi rimborsi elettorali.

La Margherita, che in dieci anni ha incassato la bellezza di 214 milioni, ha risposto alle allusioni dell'ex tesoriere presentando querela e con una richiesta di danni tra i 5 e i 10 milioni di euro. Saranno ora i magistrati a decidere chi ha ragione, e se al saccheggio delle risorse del partito abbia partecipato soltanto Lusi.

Quel che è certo è che ad attingere a quella cassaforte sembrano essere stati in molti.

"Per quanto mi riguarda metto a disposizione su Facebook il mio estratto conto: 56 mila euro. Da quando faccio politica il mio patrimonio è diminuito. Sul mio impegno trasparente non posso accettare ombre. Quando ho fondato Api ho tagliato la carta di credito che avevo come presidente della Margherita e l'ho restituita a Lusi", ha detto Francesco Rutelli qualche giorno fa. Sarà sicuramente vero. Ma di certo Lusi non ha mai dimenticato il conto corrente della fondazione che Rutelli ha creato e di cui è presidente, il Centro per il futuro sostenibile (Cfs). A questa fondazione Lusi ha girato centinaia di migliaia di euro della Margherita quando l'ex sindaco di Roma non solo era uscito dal Pd, ma aveva già fondato un altro partito, Alleanza per l'Italia (Api), antagonista al centrosinistra.

A "l'Espresso" risulta che il Cfs ha ricevuto da Lusi, dal novembre 2009 al luglio 2011, ben 866 mila euro. In media oltre 43 mila euro al mese.

Il primo bonifico alla fondazione (conto corrente Unicredit-Banca di Roma numero 000401107758) è del 13 novembre 2009. Sono giorni cruciali per Rutelli: abbandonato in polemica il Pd considerato troppo sbilanciato a sinistra, Francesco insieme a Bruno Tabacci sta lanciando l'Api, il suo partito personale nato appena due giorni prima. La fondazione il 13 novembre riceve da Lusi i primi 48 mila euro della Margherita. Altri 48 mila arrivano a gennaio del 2010.

Poi - tra quelli che risultano a "l'Espresso" - ne giungono altri 140 mila a ottobre, 145 mila a novembre, altri 140 mila il 17 dicembre 2010. Anche il 2011 per Rutelli e la sua fondazione comincia bene: il primo febbraio arrivano dalle casse del partito che non esiste più ulteriori 145 mila euro, mentre altri 200 mila piovono con due distinti versamenti nel mese di luglio.

Tutti i versamenti sono inferiori (spesso di poco) alla soglia dei 150 mila euro. Guarda caso, lo statuto della Margherita nel comma 7 delle sue "Disposizioni finali" prevede che durante la fase di costituzione del Pd "gli atti di straordinaria amministrazione e quelli di ordinaria amministrazione di importo superiore a 150.000 euro sono adottati congiuntamente dal Tesoriere e dal Presidente del Comitato Federale di Tesoreria". La norma è stata inserita nel maggio del 2007, e avrebbe dovuto rafforzare il ruolo di controllo su Lusi del Comitato. Peccato che quasi tutte le uscite del tesoriere siano state inferiori a quella somma, cosicché non vi è mai stato bisogno della firma del presidente del Comitato federale di tesoreria. Una carica ricoperta da Giampiero Bocci, deputato Pd della corrente di Dario Franceschini.

Non solo. Il comitato che avrebbe dovuto vigilare sulla cassa era costituito da altri cinque componenti, espressioni delle varie correnti della Margherita: insieme a Bocci c'erano infatti Pierluigi Mantini, rutelliano come il tesoriere Lusi; Ivano Strizzolo, considerato esponente della corrente di Franco Marini; Italo Tanoni, di Lamberto Dini; il deputato Pd Guglielmo Vaccaro, vicino a Enrico Letta; e Maurizio Taormina, ex vicepresidente della provincia di Rimini, buon amico di Renzo Lusetti e dello stesso Francesco Rutelli.

Possibile che nessuno dei big e dei responsabili dei controlli dei bilanci sapesse che la Margherita finanziava la fondazione di un politico che era uscito dal centrosinistra fondando un partito che si è alleato con l'ex missino Gianfranco Fini? Almeno una persona doveva sapere, si lamentano alcuni ex dirigenti di Democrazia e Libertà. Certo è infatti che ad incassare i soldi della Margherita per conto del Cfs è Giovanni Castellani, tesoriere della stessa fondazione e, contemporaneamente, revisore dei conti della Margherita. È lui uno dei tre commercialisti che avrebbero dovuto verificare i bilanci del partito. Un rutelliano della prima ora che segue fedelmente il leader dai tempi della lista "Beautiful" con l'appoggio della quale Rutelli trionfò alle elezioni comunali di Roma nel 1997. Di quella lista Castellani era coordinatore.

La vicenda delle erogazioni al Centro per un futuro sostenibile lambisce anche un autorevole componente del governo in carica. Animatore e co-fondatore della fondazione è infatti pure Guido Improta, attuale sottosegretario ai Trasporti nel governo di Mario Monti finito sulle cronache dei giornali per le sue sterminate proprietà immobiliari. Improta, per il salto nel governo dei tecnici, ha potuto contare sulla sponsorizzazione di Rutelli.

Non solo: nel Cfs, nato per tutelare "il bene comune" e per realizzare "una società migliore" diffondendo "i valori politici, culturali e sociali in tema di ambiente globale", ci sono altre personalità del gotha politico italiano: da Marianna Madia a Santo Versace nel Comitato dei parlamentari sono rappresentati quasi tutti i partiti, anche con pezzi da novanta del calibro di Piero Fassino, Emma Bonino, Pier Ferdinando Casini ed Ermete Realacci.

Torniamo ai bonifici incassati dalla fondazione di Rutelli. A fine 2009 Cfs riceve ben 150 mila euro pure da "Cento Città Italia nuova". Forse pochi lo ricordano, ma si tratta del vecchio comitato Centocittà fondato dai sindaci di centrosinistra dei grandi comuni nel 1998 e sciolto - almeno sulla carta - un anno dopo. Tra i promotori c'erano Enzo Bianco, Rutelli, Massimo Cacciari, il leader di Legambiente Realacci e Paolo Gentiloni. Anche dopo lo scioglimento, però, la cassa aveva evidentemente ancora cospicue risorse. Forse perché, nonostante l'organismo fosse morto da più di dieci anni, la Margherita ha continuato a girare sul conto bancario di Centocittà circa 40 mila euro l'anno. Sembra una stranezza, ma una spiegazione c'è: come risulta da un documento del Senato del gennaio 2007, il "tesoriere nazionale" di Centocittà è ancora lui, Lusi.

È il 30 novembre 2009 quando Centocittà versa i 150 mila euro alla Cfs e, secondo le movimentazioni documentate dai bonifici bancari presi in visione da "l'Espresso", il giorno successivo, il 1 dicembre, la fondazione Cfs spedisce un bonifico (anche questo da 150 mila euro tondi tondi) al neonato partito di Rutelli, fondato da un paio di settimane. Soldi di cui però non vi è traccia nella contabilità dell'Api: nell'unico bilancio sinora presentato, quello per il 2009 e il 2010, ci sono solo le voci relative alle quote associative, i rimborsi elettorali, il denaro raccolto con le collette dei privati e i contributi dei gruppi parlamentari. Di Centocittà nemmeno l'ombra.

Oggi Lusi è indagato per appropriazione indebita dalla procura di Roma, che ha aperto un'inchiesta su di lui dopo un "warning" della Banca d'Italia sulle movimentazioni sospette del conto della Margherita. Il senatore avrebbe sottratto una ventina di milioni di euro per interessi privatissimi, come l'acquisto della villa di Genzano e quello di un appartamento a Roma a via Monserrato, senza dimenticare l'altra residenza ad Ariccia data in usufrutto a una nipote. Il vorticoso giro di quattrini però, in base a quanto scoperto da "l'Espresso", sembra disegnare un sistema più vasto e complesso che va oltre le disinvolte cene a base di caviale.

Già nel 2010 alcuni deputati avevano messo in dubbio la correttezza con cui sono stati impiegati i soldi pubblici del partito confluito nel Pd nell'ottobre del 2007: se oggi Arturo Parisi teme le conseguenze politiche devastanti di eventuali comportamente poco trasparenti, altri - sospettando che la cassa sia stata saccheggiata per favorire alcune correnti e lasciando fuori altri "aventi diritto" - nel 2010 sono passati alle vie legali. Rino Piscitello, Renzo Lusetti ed Enzo Carra, ex Dl, hanno avviato una causa civile contro i vertici del partito per non essere stati convocati alle assemblee che dovevano approvare i bilanci. Chiedono ai giudici, in pratica, di annullare i rendiconti consuntivi degli ultimi anni, anche se i soldi ormai sono stati già spesi. I tre ce l'hanno in sostanza non solo con Lusi, ma con il presidente federale Rutelli e con Enzo Bianco.

"È Bianco il presidente dell'assemblea della Margherita, ed è vero che non ci ha mai chiamato", racconta furioso pure Riccardo Villari, ex margheritino passato al gruppo Coesione Nazionale che appoggiò il governo Berlusconi diventando anche sottosegretario. "Io ero un dirigente nazionale della Margherita, ma mai nessuno mi ha chiesto il permesso per impiegare i soldi del partito per un convegno, per il quotidiano "Europa", le segretarie o qualche fondazione. Forse avevo diritto come altri ad essere supportato nelle mie iniziative politiche. Sarebbe paradossale ora se per colpa di altri, coloro che non hanno preso un euro si ritrovassero a rispondere di responsabilità giudiziarie. Lusi ha padri e madri, persone che lo hanno sostenuto e messo lì a fare l'amministratore. È poco verosimile che nessuno sapesse come venivano gestite le cose. C'era un comitato di tesoreria, votato nel 2006, espressione di tutte le correnti. Ecco: un'auto usata da questi signori non la comprerei mai".

Ma quali sono le regole secondo le quali la Margherita finanziava un politico, un centro studi, l'ufficio di una fazione? Semplicemente, non esistevano. Tutto faceva capo a Lusi, che ha raccontato di aver distribuito denaro come un Bancomat a seconda delle richieste che venivano dai leader.
Per ora, quello che emerge sono i fondi a Rutelli, che tra l'altro aveva lasciato il Pd, partito dove la Margherita è confluita. E a che titolo questi soldi di Democrazia e Libertà sono finiti alla sua fondazione Cfs? Una risposta la fornisce uno dei personaggi di primo piano dell'entourage del leader dell'Api al centro di questa girandola di denaro e che a "l'Espresso" ha chiesto l'anonimato: "I soldi incassati da Cfs erano considerati una sorta di anticipo della quota del tesoro accumulato dalla Margherita e spettante alla corrente rutelliana".

Altra domanda: sono legittimi questi contributi? Non lo sappiamo, regolamenti scritti e deliberazioni in proposito - tranne lo statuto - non ce ne sono. "Libero" ha raccontato di presunti finanziamenti ottenuti anche da Matteo Renzi (che ha promesso querela) e da Enzo Bianco, per convegni e campagne elettorali. Bianco, in particolare, è stato tirato in ballo per quattro fatture da centinaia di migliaia di euro pagate da Lusi alla M & S Congressi di Catania, un'azienda controllata al 50 per cento dai fratelli Mario e Patrizia Minnelli. Quest'ultima è stata la segretaria di Bianco, ed è tra i promotori dell'associazione Liberal Pd che fa capo proprio al presidente dell'assemblea della Margherita. Ai soldi della M & S, ha spiegato poi "Il Fatto Quotidiano", se ne aggiungerebbero altri destinati all'attività politica dell'ex sindaco di Catania, versamenti considerati da qualcuno una specie di "stipendio" che la Margherita garantiva a Bianco.

Le indiscrezioni hanno scatenato il finimondo. Nonostante Renzi e Bianco siano ancora esponenti del Pd. Che succederà allora nel caso di Rutelli? Risulta a "l'Espresso" che grazie alle elargizioni ottenute dalla Margherita, la fondazione Cfs paga pure l'affitto della sede dell'Api nel centro storico di Roma a largo Fontanella di Borghese. Circa 5 mila euro al mese, secondo i movimenti bancari del 2009, 2010 e 2011, denaro girato ad Alberto e Domenico Giusti De Marle, proprietario dei locali.

Ma non è tutto. Un'altra stranezza dovrebbe provocare le ire di Pier Luigi Bersani. All'Api, concorrenti del Terzo polo, lavorano infatti funzionari il cui stipendio è pagato dalla Margherita, socio fondatore del Partito democratico. Tra loro, paradossalmente, c'è addirittura il portavoce dell'Alleanza per l'Italia di Roma, Luciano Nobili, nelle sue dichiarazioni pubbliche mai tenero con il Pd. "È vero, ci sono ancora dipendenti che pesano sui bilanci della Margherita, e alcuni fanno politica per l'Api. Io lavoro anche per il Pde, il Partito democratico europeo a cui aveva aderito la Margherita. Lusi? Tutti andavano da lui, chiedendo di volta in volta quello che era utile e necessario".

Per la cronaca, Luigi Lusi è anche tesoriere di questo partito sovranazionale, nato da un'iniziativa di Rutelli e del conservatore francese François Bayrou per riunire a Strasburgo i moderati cattolici. Anche "Alliance of democrats" è una loro creatura, "un network costituito", spiega Nobili, "con il Partito democratico americano di Barack Obama". Ebbene nella capitale la sede dell'Alliance è negli stessi uffici della fondazione rutelliana. Dunque, anche lei ospite a scrocco della Margherita.