Il racconto

Andrea Camilleri e quella lettera a Benito Mussolini

di Andrea Camilleri   15 luglio 2013

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La gioventù con un padre squadrista, l'esperienza nei balilla e la missiva inviata al duce. Lo scrittore rievoca i primi anni d vita in uno dei racconti inclusi nel volume 'I racconti di Nené' di Andrea Camilleri, edito da Melampo editore

Io sono nato nel '25, cioè a dire tre anni dopo che il fascismo in Italia aveva preso il potere. Quindi sono stato un bambino allevato in pieno regime fascista, e per quello che può essere la mentalità di un bambino, beh, era uno splendido regime. Era una cosa meravigliosa. Mio padre, che era squadrista, mi prendeva per mano e mi portava alle adunate. Gridavamo "Duce, Duce, Duce" e sentivamo sulla pubblica piazza, dove installavano gli altoparlanti, i discorsi di Mussolini. Era una partecipazione popolare molto vasta. Tra le prime cose che io scrissi, oltre alla doverosa poesia "Alla mamma", naturalmente scrissi anche una poesia per Benito Mussolini che conservo tutt'ora. 


Allora non c'erano i Figli della Lupa, vennero dopo. Allora si era Balilla. 

 

Quando diventai Balilla, orgogliosissimo della mia divisa e del mio moschetto, che aveva la baionetta in10 corporata con una pallina sopra, in maniera che non ci facessimo male, cominciai a partecipare ai sabati fascisti che erano delle marce in cui si cantavano inni patriottici. C'era un grosso spirito guerriero che, naturalmente, venne molto esaltato, quando io avevo 10 anni, con la campagna per la conquista dell'Impero, la guerra di Abissinia. In quegl'anni, io leggevo molti giornaletti, "L'avventuroso", "L'Audace", ma anche un settimanale per i giovani, "Il Balilla", dove venivano raccontate le imprese africane di un Balilla, mascotte del nostro esercito in Africa. 

 

Allora, di nascosto dai miei, e soprattutto senza dire niente a papà, perché capivo che, per quanto fascista, non sarebbe stato felice della mia idea, scrissi a Mussolini una lettera nella quale dicevo che volevo partire come volontario per l'Africa Italiana, per fare la guerra. Perché la mia voglia, il mio desiderio più forte, in quegl'anni, era di poter combattere e ammazzare gli abissini. Mi dimenticai di mettere l'indirizzo, di conseguenza dal fascio di Roma scrissero al segretario politico di Porto Empedocle, che era il fratello minore di Luigi Pirandello, che non aveva niente di guerriero perché era un signore, professore di matematica, che girava con uno scialletto addosso. 

 

Questo signore mi chiamò: 
«Ma tu hai scritto a Mussolini per partire volontario?» 
«Sì». 
«Il duce ti ha risposto». 

 

E mi fece vedere una lettera, nella quale si diceva: 
«Vi preghiamo di comunicare al giovane Balilla Andrea Camilleri che è troppo giovane per fare la guerra, ma non mancherà occasione. Firmato M di Mussolini». 

 

Infatti non mancò occasione negli anni che vennero. Purtroppo quella lettera se la tenne il professor Innocenzo Pirandello, perché io oggi l'avrei appesa incorniciata in salotto, tanto la trovo divertente.