Matteo Salvini e la sua “bestia” hanno segnato la strada. Giorgia Meloni è stata la più diligente nel seguirla. Il successo del leader della Lega sui social network è infatti da almeno due anni il modello di riferimento per la fondatrice di Fratelli d’Italia che, anche grazie a Facebook e soci, sta aumentando le sue percentuali di consenso nel Paese arrivando alla soglia della doppia cifra. Elezione dopo elezione, sondaggio dopo sondaggio.
I numeri parlano chiaro: dietro Salvini, che è il politico europeo più seguito su Facebook (il social network più usato e più importante per raggiungere gli elettori, soprattutto in Italia), Giorgia Meloni è ormai stabilmente la seconda bocca di fuoco ed ha nel corso degli ultimi mesi distanziato la squadra e i principali esponenti del Movimento 5 Stelle, fino a qualche tempo fa gli unici che potevano contendere il dominio delle reti di condivisione al leghista.
Negli ultimi trenta giorni i post, le foto, i video e i messaggi della Meloni hanno ottenuto solo su Facebook poco meno di 4 milioni di interazioni. Per fare un paragone: Di Maio non raggiunge i due milioni, Conte sta sotto il milione e Renzi e Zingaretti sono assai più indietro (rispettivamente 650mila e 260 mila). L’engagement è il parametro più importante quando si parla di social: si tratta della somma di tutti i like, commenti e condivisioni che i contenuti prodotti da una pagina generano. Un dato più rilevante rispetto al semplice numero di “mi piace” che un profilo accumula nel tempo e che ormai è considerato poco indicativo. Se infatti nella classifica dei like Meloni è solo sesta tra i politici italiani, guardando al tasso di coinvolgimento sale fino in seconda posizione dietro all’irraggiungibile (per ora) Salvini, che può contare su 12 milioni di interazioni nel mese. Le cose vanno anche meglio su Instagram, dove Meloni accumula 2 milioni di interazioni nell’ultimo mese (quattro volte quelle di Di Maio e otto volte quelle di Renzi) ed è cresciuta nell’ultimo anno del 140 per cento.
Dietro il boom digitale di Giorgia Meloni c’è Tommaso Longobardi, responsabile dei suoi social network dal 2018. Romano di ventotto anni, una breve esperienza nell’esercito e laurea in psicologia, è considerato uno dei golden boy della nuova destra oltre ad essere uno dei più importanti influencer d’area online. Le sue pagine Facebook personali contano in totale oltre 700 mila fan, a cui vanno aggiunti gli utenti raggiunti attraverso pagine amiche con cui collabora. Una su tutte la pagina satirica, di orientamento sovranista e molto apprezzata anche in area leghista, “Figli di Putin” che conta 600mila follower e ne condivide spesso i “meme” e i contenuti. Grazie a questo pubblico, Longobardi può anche testare l’efficacia di alcuni messaggi che poi vengono trasportati sui canali della Meloni. Nel suo curriculum c’è anche un anno di lavoro presso la Casaleggio Associati, la società che ha costruito la comunicazione del Movimento 5 Stelle, con cui ha collaborato tra il 2015 e il 2016 prima di passare a SocialCom, agenzia tra le più importanti quando si parla di comunicazione politica digitale.
Il piano per sdoganare l’immagine di Giorgia Meloni su un pubblico più ampio rispetto ai tradizionali bacini della destra ricorda quello messo in piedi da Luca Morisi con Matteo Salvini: una costante esposizione di scene di vita familiare e momenti privati, intervallati da messaggi prettamente politici e slogan. Nello scorso mese i contenuti più virali partiti dalla pagina della Meloni sono stati non a caso le scene di vita familiare con la figlia e il gatto, una lunga serie di selfie in cui la leader di Fratelli d’Italia sorride ed esulta per qualcosa (i risultati in Umbria, i sondaggi, l’esito di un dibattito televisivo) e i ripetuti attacchi alla capitana Carola Rackete o alle “sardine”. Già, il nemico da identificare per galvanizzare la base è un punto chiave della strategia digitale. Parlando dei deludenti risultati sul web di Pd e Forza Italia, Longobardi commentava in un’intervista a TermometroPolitico che questi partiti «non sono riusciti a identificare un nemico comune efficace che unisse il loro potenziale elettorato». Un nemico comune che invece è molto chiaro sulle pagine di Giorgia: la sinistra e gli immigrati.
Oltre ai messaggi “mainstream” ci sono poi quelli riferiti a una nicchia da conquistare. Dal marzo 2019 Meloni ha speso 40mila euro in messaggi sponsorizzati su Facebook, indirizzati a gruppi specifici grazie agli strumenti forniti dal social network (il cosiddetto micro-targeting): spot su detrazioni a favore delle mamme indirizzate solo al pubblico femminile, slogan contro la mafia per il pubblico di Campania e Sicilia, messaggi a favore delle forze armate diretti agli agenti dei vari corpi. E anche la recente apertura di un profilo ufficiale su Vk.com, clone russo di Facebook molto frequentato dalle frange estreme della destra bannate di recente dal social di Zuckerberg, può essere intesa come una strategia per parlare alle nicchie affini.
Una struttura ormai ben oliata che però non manca di prendere qualche toppa. Sull’onda del successo virale del video “Io sono Giorgia, sono una madre”, subito cavalcato anche dalla propaganda meloniana, la leader dei Fratelli d’Italia ha pensato di sbarcare anche su TikTok, il social usato dai giovanissimi per condividere brevi video con balletti. Anche qui Meloni ha voluto imitare l’esempio di Salvini, appena arrivato su questo nuovo terreno: ma stavolta è andata male. Dopo aver accumulato appena 250 fan nei primi giorni su TikTok, il profilo ufficiale al momento risulta non più raggiungibile, e i link diffusi sugli altri canali social di Meloni per raggiungerlo sono stati fatti sparire in fretta e furia.