Ambasciatori improbabili, affaristi e fascisti: la galassia dei sostenitori italiani di Putin

Una rete di diplomazia parallela fatta di consoli onorari e rappresentanti di paesi occupati qui e là dall’esercito russo, associazioni culturali o benefiche si è stesa sull’Italia, dalle grandi città alla provincia

Bandiera sovietica nell'auto-proclamata repubblica del Donetsk


Non di sole trattative all’ho­tel Metropol di Mosca vivono i rapporti fra la Lega di Matteo Salvini e la Russia dello zar Vladimir Putin. Una rete di diplomazia parallela fatta di strani ambasciatori, consoli onorari, rappresentanti di paesi occupati qui e là dall’esercito russo, associazioni culturali o benefiche si è stesa sull’Italia, dalle grandi città alla provincia, negli ultimi cinque anni.

Per chi ha memoria del secolo scorso, è un’edizione riveduta e modernizzata del lavoro di intelligence sovietica in Occidente ai tempi della guerra fredda. Allora, però, la vecchia Italia-Urss, fondata nel 1946 da Rossana Rossanda e altri esponenti della sinistra marxista, faceva capo al Pci.

Oggi tra i riferimenti del mondo putiniano in Italia c’è solo un piccolo gruppo di nostalgici del Comintern, l’Internazionale rossa coordinata dal Pcus, e di bolscevichi irriducibili come Giulietto Chiesa. Il nuovo mondo filorusso è in maggioranza ancorato fra la destra salviniana e di Fratelli d’Italia e l’estrema destra che va da Forza Nuova ai gruppuscoli neonazisti, pronti a schierarsi con i miliziani del Donbass, come si è visto nel sequestro di armi da guerra in provincia di Pavia il 15 luglio.

Il caso
Quello strano ambasciatore riconosciuto solo dai leghisti
5/6/2019
Può sorprendere che il pugno chiuso e il saluto romano finiscano nella stessa fotografia o nello stesso selfie. Di sicuro nella base della nuova russofilia c’è molto poco Lenin e parecchio Alexander Dugin, l’ideologo che ha raccolto l’eredità della tradizione ottocentesca della Rus’, la Grande Madre Russia del cristianesimo ortodosso. La stessa tradizione che trasformò Fëdor Dostoevskij da sovversivo esiliato in Siberia in reazionario bigotto oggi affascina schiere di fascisti costretti a un doppio salto mortale per rimuovere il 2 maggio 1945, giorno in cui la bandiera con la falce e martello venne issata sul Reichstag di Berlino.

Al Cremlino lo zar Vladimir non ha problemi a giocare con i simboli della storia. Lui stesso si pone in continuità con qualunque personaggio abbia reso grande la Russia e non smette di cercare alleati in Occidente. Che poi siano alleati italiani e dunque a volte sembrino usciti da una farsa, se non dalle macchiette di Totò, è una tragicomica necessità di questa nuova Guerra fredda combattuta sullo scacchiere globale.

VERONA NERA
Uno dei tanti impegni che il Salvini di lotta non ha saputo imporre al Salvini di governo è l’abolizione delle sanzioni alla Russia di Putin, giunte alla terza proroga. Ma in Parlamento c’è almeno un leghista che non molla di un millimetro sul riavvicinamento Roma-Mosca. È Vito Comencini da Bussolengo (Verona), due metri di altezza e 32 anni il prossimo ottobre, segretario della Commissione Esteri della Camera. Studente fuori corso di giurisprudenza, non disdegna le escursioni nella storiografia quando è necessario identificare la radice di ogni male moderno, la Rivoluzione francese.
Vito Comencini

Il giovane leghista, erede di una famiglia di piccoli agricoltori e allevatori di suini, è entrato presto in politica con la Lega, al seguito del veronese Lorenzo Fontana, grande fan del progetto identitario di Putin. Comencini è stato suo collaboratore quando l’ex ministro della Famiglia è entrato all’europarlamento. Con lui c’era Nicolò Zavarise, vicesegretario della Lega veronese nominato assessore della giunta Sboarina ad aprile. Mentre frequentava Strasburgo, Comencini è diventato coordinatore del movimento Giovani padani del Veneto e consigliere comunale.

La mappa delle associazioni pro zar
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Ambasciate, consolati onorari, associazioni culturali, comuni che firmano protocolli di amicizia, onlus di sostegno alle popolazioni colpite dalla guerra in Donbass. La cartina dell’Espresso sintetizza il piccolo esercito pro-Putin che si è sviluppato in varie regioni italiane nel corso degli ultimi cinque anni


A palazzo Barbieri, Comencini si è spesso schierato sulle posizioni di Andrea Bacciga, vicino al movimento di estrema destra Fortezza Europa e denunciato per il saluto romano in pieno consiglio comunale a luglio dell’anno scorso. Il gruppo di politici veronesi è all’origine della revoca della cittadinanza onoraria all’ex leader ucraino e antiputiniano Petro Poroshenko, conferita da Flavio Tosi e cancellata dall’attuale sindaco Federico Sboarina lo scorso settembre.

Integralista cattolico, Comencini ha celebrato pochi giorni fa (9 luglio 2019) il suo matrimonio religioso, successivo di qualche anno a quello civile, con Natalia Dandarova, nata in Buriazia nella zona orientale della Federazione russa e pittrice laureata all’Accademia delle Belle Arti di San Pietroburgo. La cerimonia si è svolta proprio a San Pietroburgo nella chiesa di rito romano di Santa Caterina d’Alessandria.

Il parlamentare salviniano ha postato sui social la frase “confirma deus quod operàtus es in nobis” (Dio, conferma ciò che hai operato in noi), una lieve deformazione del latino forse tratta dal titolo di un canto gregoriano presente su Youtube.

L’INTERPRETE E L’AMBASCIATORE
Una figura chiave del mondo putiniano in Italia è il russista Eliseo Bertolasi, corrispondente per l’Italia dell’agenzia Sputnik che insieme a Pandora tv, diretta da Giulietto Chiesa, è il canale principale della propaganda filorussa.
Eliseo Bertolasi

È stato Bertolasi a guidare Salvini a Mosca nell’autunno del 2014. Lo stesso ha fatto con la rappresentanza di leghisti veneti in visita al Donbass un anno dopo, a fine novembre del 2015. Oltre a Comencini, erano presenti il numero uno dell’associazione Veneto-Russia, il leghista Palmarino Zoccatelli, Edoardo Rubini presidente di Europa Veneta e Gualtiero Mazzi, al tempo vicepresidente leghista della Provincia di Verona.

Bertolasi ha anche fatto da traduttore durante l’incontro alla Camera dei deputati del 18 gennaio 2019 dove Comencini ha candidato al premio Nobel per la Pace Anna Tuv, vittima delle distruzioni belliche nel bacino del Don.
Mauro Adolfo Murgia

In questa occasione era presente Mauro Adolfo Murgia, sardo di 67 anni trapiantato a Urbino da studente in sociologia. Contro ogni sconfessione della Farnesina, Murgia si dichiara ambasciatore della Repubblica dell’Ossezia del Sud, territorio caucasico occupato dai russi dopo una guerra-lampo con la Georgia nel 2008 insieme all’Abkhazia. I soli Stati che riconoscano questi due governi sono il Venezuela madurista, la Siria di Assad, i due microstati oceanici di Nauru e Tuvalu, appoggiati finanziariamente dal governo russo, e il Nicaragua di Daniel Ortega, caudillo sandinista invecchiato male che ha come suo ambasciatore in Canada Maurizio Gelli, figlio del fascistissimo Licio, Venerabile maestro della loggia massonica P2.

L’ambasciata ossetina è stata inaugurata a Roma nel quartiere di Monteverde il 4 aprile 2016 e da allora Murgia ha nominato non meno di tredici consoli onorari, oltre ad avere concluso una serie di accordi commerciali con alcuni comuni italiani.

Murgia, che vanta il suo passato nel Movimento studentesco, nel Mls, nel Pci, nel Pdup, in Rifondazione e nei Comunisti italiani, ha simpatie ricambiate con il Movimentu de liberatzioni natzionali sardu (Mlns) fondato nel 2013 da Sergio Pes. Il Mlns si definisce «un soggetto internazionale che agisce al pari di uno Stato» e si è dotato di un governo provvisorio in lotta contro l’occupazione italiana. Il movimento sovranista è finito sotto inchiesta della Dda e della Digos di Cagliari.

Fino al 2014 Murgia è stato ambasciatore anche dell’Abkhazia. Il divorzio con gli abcasi è stato consensuale ma burrascoso. Il governo del paese affacciato sul Mar Nero, nel suo sito ufficiale, accusa Murgia di avere fatto mercimonio di visti Ue e di avere tentato l’apertura di una loggia massonica nella capitale Sukhumi.

Al suo posto è arrivato il pugliese di Capurso Vito Grittani, cattolico praticante e cavaliere del Santo Sepolcro che non sembra avere un rapporto molto diplomatico con il collega. «Non so come la Farnesina possa tollerare questa situazione», dice all’Espresso. «Io mi definisco ambasciatore a disposizione che, in base alla Convenzione di Vienna, è tutt’altra cosa. Il mio intento è semplicemente di aiutare il popolo abcaso nella sua indipendenza dalla Georgia e faccio diplomazia per passione».

Un anno fa Grittani, candidato alle politiche del 2013 con Grande Sud-Mpa, ha fatto incontrare il ministro degli Esteri abcaso, Daur Kove, con Fabio Romito, consigliere metropolitano salviniano di Bari. «Ma è un amico personale, ex di Forza Italia», dice Grittani.

Anche l’omologo di Kove, il ministro degli Esteri dell’Ossezia del Sud Dmitri Medoev è stato in Italia in visita a Murgia, che è regolarmente ricevuto dall’ambasciatore ufficiale della Russia a Roma. Ad accogliere Medoev nella zona di produzione del Recioto è stato il gruppo di Veneto-Russia guidato da Zoccatelli, con Murgia, Bertolasi e Stefano Valdegamberi, consigliere della lista Zaia. Mentre la comitiva piluccava un grappolo d’uva locale, il ministro ossetino si sarebbe commosso all’idea che l’antico paesino di Sarmazza era così chiamato dai Sarmati, ossia dai suoi antenati.

Folklore a parte, Veneto-Russia significa anche un corridoio privilegiato per le aziende locali che da decenni puntano a est, come Albrigi tecnologie che sponsorizza la pagina Fb dell’associazione con un messaggio bilingue.

CONSOLI E ULTRAS
Nell’area mista diplomatico-associativa si trovano i difensori della Repubblica popolare di Lugansk (Lnr) e di quella di Donetsk (Dnr), due territori in Ucraina occupati dalle truppe filorusse e riconosciuti internazionalmente dalla sola Ossezia del Sud.

Il presidente del Centro culturale italiano per il Lugansk è Andrea Palmeri, 40 anni, detto Bulldog o il Generalissimo per le sue simpatie franchiste. L’ex ultras della Lucchese è legato a Irina Osipova, la collaboratrice di Lombardia-Russia interprete di Savoini, candidata per Fdi alle comunali di Roma 2016 e soprattutto figlia di Oleg, il direttore fino allo scorso giugno del Centro russo di cultura e scienza in Italia.
Palmeri, ex miliziano attivo in Donbass, guida anche il comitato “Save Donbass people” e ha un appoggio siciliano in Daniele Macris, professore al liceo Maurolico di Messina e lettore dell’ateneo locale. Il 10 giugno l’università ha chiuso le porte a Dugin, costretto a ripiegare su Reggio, senza successo, e accolto infine a Gioia Tauro. Macris, di origini greche, ha costituito nel 2018 il centro di rappresentanza della Repubblica di Lugansk presso il centro di cultura neoellenica della città dello Stretto. Come si è visto in altri casi della rete parallela putiniana, Macris è corteggiato dal Pci locale ma alle sue iniziative si presentano il deputato regionale Pino Galluzzo (eletto nella lista del governatore Nello Musumeci), la parlamentare di Fdi Ella Bucalo e, ovviamente, lo stesso Palmeri collegato in videoconferenza dall’Ucraina.

Benché sia stato dichiarato latitante, Palmeri ha sempre detto di essere andato in Donbass «solo per aiutare». Insieme alle foto in cui scarica scatoloni di medicine da un camion ama postare altri ritratti con in mano un mitragliatore. Anche quello aiuta.

Vicino a Palmeri è Maurizio Marrone, avvocato torinese di 37 anni, ex An, che è stato consigliere regionale di Fdi fino al 2017, quando è decaduto per incompatibilità con un incarico amministrativo. Dal 14 dicembre 2016 Marrone è alla guida del Centro di rappresentanza della Repubblica popolare di Donetsk in Italia. All’inaugurazione del centro, notizia data in anteprima da Sputnik Italia con un articolo firmato da Bertolasi, c’erano i rappresentanti locali di Fdi e Lega oltre al presenzialista Zoccatelli.

Fra i più convinti antagonisti di Marrone c’è un altro torinese, Mauro Voerzio, sposato con una cittadina ucraina e presente a Kiev durante la rivoluzione di piazza Majdan (2013-2014). Voerzio è l’animatore italiano del sito Stopfake, che fa capo alla scuola di giornalismo dell’università Mohyla di Kiev e che ha come obiettivo la lotta alla propaganda putiniana.

È tipico che sul fronte dell’antagonismo ucraino-russo ognuno faccia la gara ad accusare l’altro di simpatie hitleriane, nonostante l’ampia presenza di fascisti su entrambi i fronti. Un esempio? Il 4 aprile 2017 Pandora Italia titola: «Deputato Pd introduce i nazisti nel Parlamento italiano».

L’autore dell’audace gesto passato inosservato ai più è stato l’allora parlamentare democrat torinese Davide Mattiello, non eletto in questa legislatura e consulente della commissione antimafia di Nicola Morra dopo avere lavorato sulle liste della massoneria con la commissione presieduta da Rosy Bindi. «Sì, c’era anche Voerzio», ricorda Mattiello. «L’attacco più furibondo mi arrivò da Chiesa dopo che denunciai in Parlamento l’apertura del consolato fasullo della Dnr. Presentai un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri che si limitò a ribadire il non riconoscimento della Dnr».

Il palcoscenico di scontro più feroce fra prorussi e proucraini in Italia è stato il processo a Vitaly Markiv, 30 anni, soldato della Guardia Nazionale Ucraina accusato dell’omicidio del fotoreporter pavese Andy Rocchelli, ucciso in Donbass il 24 maggio 2014. Il miliziano è stato condannato il 12 luglio scorso a ventiquattro anni in primo grado. I sostenitori di Kiev, come Voerzio, hanno tifato fino all’ultimo per la liberazione di Markiv. I sostenitori di Mosca hanno brindato alla condanna. L’ambasciatore ucraino Yevhen Perelygin ha dichiarato Markiv prigioniero politico.

CHI TIFA PER LO ZAR
Il mondo associativo legato alla Russia è molto vasto e va dai centri culturali costruiti sulla falsariga di Italia-Urss, come Italia-Russia che se ne proclama erede, alle onlus votate agli aiuti verso i popoli colpiti dalla guerra nei territori contesi fra Russia e Ucraina e fra Russia e Georgia.

La galassia ha come corrispettivo russo le 24 associazioni aderenti al Ksarsi (consiglio di coordinamento dei russi in Italia) che hanno sede in Lombardia, Veneto, Piemonte, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia e Toscana.

Fra le ultime arrivate c’è Madre Russia, fondata nel 2017 dal romano Luca Leonardo D’Agostini, di mestiere investigatore privato con regolare licenza della prefettura e autore di un libro che mette le mani avanti fin dal titolo: “Dalla parte del presidente Putin”.

«Il motore che mi ha fatto aprire l’associazione», dice D’Agostini, «è un male antico dell’Occidente, la russofobia. In Madre Russia c’è solo cultura finanziata dal mio portafoglio e nessuna polarizzazione politica. In Italia non ho mai votato. Studio russo fin da bambino e mi sento russo. Amo gli zar dal primo all’ultimo, amo Lenin, amo Stalin, amo il 1917, amo Putin e amerò il suo successore. Certo, se sento gli italiani, noto che Putin è tanto più apprezzato quanto più si va a destra. A una presentazione un tizio con una svastica tatuata mi ha detto che ama Putin perché è il più grande fascista. È ignoranza».

Forse D’Agostini, che dice di avere un portafoglio clienti equamente diviso fra italiani e russi («investono in Italia e si rivolgono a me per le ricerche, ne ho appena salvato uno da una truffa da 5 milioni di euro»), se li va anche un po’ a cercare gli ignoranti.

Fra i circoli che hanno presentato il suo libro su Putin ci sono il Cantiere laboratorio-Gioventù controcorrente di Lamezia Terme, la Russkoe Pole (Campo Russo) di Napoli e l’associazione Speranza di Roma.

In Calabria a ospitare la presentazione del libro era il presidente di Cantiere Laboratorio, l’ex missino Vittorio Gigliotti, membro dell’osservatorio sulle comunità cristiane in Medio Oriente e presente in missioni non meglio precisate in Siria, Libano, ex Jugoslavia.

Fra i relatori c’era Vladimir Anikovich, presentato come membro del dipartimento affari internazionali di Media holding (gruppo Gazprom). Agli eventi di Cantiere laboratorio ha partecipato anche Domenico Furgiuele, deputato ed ex coordinatore leghista per la Calabria rimosso perché genero di un imprenditore condannato per estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Molto assidue a Lamezia sono altre due associazioni russe. Una è Russkoe Pole, presieduta da Ekaterina Kornilkova, che è stata definita dal canale tv ucraino Ictv un braccio operativo dell’ambasciata russa a Roma insieme all’associazione Giovani Italo-Russi di Irina Osipova, l’interprete di Savoini in Russia. Kornilkova ha respinto le accuse.

L’altra è Speranza, presieduta da Ekaterina Vikhoreva, nata a Donetsk e candidata alle ultime comunali romane con la lista “Movimento Patria” guidata da Alfredo Iorio, che riuniva Forza Nuova, Fiamma Tricolore e Msi. Le elezioni non sono andate bene (2795 voti totali pari allo 0,21 per cento). Meglio l’incontro organizzato a Napoli il 24 novembre 2017 con la presenza, fra gli altri, di Giancarlo Giorgetti, Francesco Storace, Gianni Alemanno e Vincenzo Sofo, neo-europarlamentare legato sentimentalmente a Marion Maréchal Le Pen.

Da menzionare anche la romana Nova Civilitas, il cui presidente Gianfranco Amato, avvocato tifosissimo di Putin, ha pubblicato un manifesto a favore dell’Europa cristiana e antiabortista. Ospitato spesso da Radio Padania e animatore di iniziative con i lametini di Cantiere laboratorio, Amato è in stretto contatto con don Stefano Caprio, ex cappellano presso l’ambasciata italiana a Mosca. Don Caprio, che ha vissuto in Russia dal 1989, nel 2017 è stato incaricato da papa Francesco dei rapporti con il patriarcato ortodosso di Mosca.

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