
La chiusura dell'affare sui terreni di Tor di Valle ceduti dall'Eurnova di Luca Parnasi per realizzare sia il nuovo stadio dell'As Roma sia una grande area per uffici fa il paio con l'investimento nel Maximo, il grande centro commerciale al Laurentino che doveva aprire mercoledì 28 ottobre ma è finito in stallo fra lo straordinario, il virus, e l'ordinario, un ricorso al Tar del Lazio per irregolarità amministrative. Anche il Maximo fa parte dell'eredità Parnasi, in questo caso della Parsec 6 controllata da Capital Dev, ossia in sostanza da Unicredit.
Dato che non c'è due senza tre il magnate venuto dall'Est sembra molto vicino ad assicurarsi una piattaforma quotata in borsa. Da qui a fine novembre il consiglio di amministrazione di Nova Re Siiq deciderà sull'aumento di capitale riservato a Vitek che toglierà la maggioranza dalle mani di Valter Mainetti, azionista di riferimento del gruppo immobiliare Sorgente, famoso per avere fra i suoi tesori il Flatiron building di New York City.
La decisione è stata imposta a Mainetti, che è anche proprietario del quotidiano Il Foglio. Infatti da fine dicembre 2018 la Banca d'Italia ha messo in amministrazione straordinaria Sorgente sgr, controllante di Nova Re. Il provvedimento, prorogato alla fine del 2019, è legato alla gestione del patrimonio Enasarco, l'ente dei rappresentanti di commercio entrato in conflitto per la gestione dei propri immobili con Mainetti.
Il commissario nominato dal governatore Ignazio Visco in Sorgente sgr è Elisabetta Spitz, urbanista con laurea in architettura ed ex direttrice dell'Agenzia del Demanio che, poco meno di un anno fa, è stata nominata alla guida della gestione commissariale del Consorzio Venezia Nuova, la società che sta realizzando il Mose di Venezia.
Il via libera all'acquisizione di Nova Re è arrivato a dispetto delle difficoltà finanziarie e delle traversie processuali di Vitek, che controlla un patrimonio di 10,7 miliardi di euro concentrato fra Berlino, Praga, Ungheria e Polonia.
Sotto il profilo delle liti, Vitek ha chiuso il 2020 con un pareggio. A suo vantaggio c'è stata la decisione del tribunale distrettuale di Manhattan che ha respinto per difetto di giurisdizione, e senza entrare nel merito, la causa dei suoi ex soci riuniti nello hedge fund Kingstown capital. In sostanza, il giudice Usa ha detto che nonostante le società degli oligarchi europei avessero sede nello stato a fiscalità agevolata del Delaware, l'oggetto del contendere e l'attività delle imprese sono in territorio Ue.
A svantaggio di Vitek, c'è la multa di poco inferiore a 1,5 milione di euro incassata dalla Cssf, l'autorità di vigilanza dei mercati in Lussemburgo per illegittimità nella scalata di Vitek al gruppo immobiliare Orco property, con sede nel Granducato. Rimane in sospeso la controversia legata al controllo della stazione sciistica per vip di Crans Montana in Svizzera dove il magnate di origine morava ha acquisito il controllo degli impianti mettendo in minoranza la municipalità locale.
La multa comminata dalla Cssf può sembrare, ed è, una somma residuale rispetto alla grandezza dell'impero immobiliare targato Cpi. In effetti, offre materia agli avversari per ulteriori azioni legali che potrebbero mettere in discussione l'assetto proprietario dell'intera holding quotata alla borsa di Francoforte di cui Orco è una componente patrimoniale consistente.
Sotto il profilo dei conti, il 2020 è stato un annus horribilis per Vitek come per tutti gli immobiliaristi alle prese con la crisi del settore uffici decretata dal lavoro a distanza.
In maggio Cpi ha offerto ai creditori di riprogrammare 850 milioni di euro di debito in scadenza allungando i termini e aumentando il rendimento. Già nel mese di marzo, secondo comunicazioni fatte da Cpi, gli incassi per affitti erano crollati al 60 per cento rispetto all'anno precedente.
L'impatto della crisi da virus è stato tale che Vitek si è rivolto alla Bce. La banca centrale europea, guidata da Cristine Lagarde ha comprato 112 milioni di euro di obbligazioni del gruppo Cpi a maggio, nel quadro dell'operazione di sostegno da 1350 miliardi di euro varata attraverso il Pandemic emergency purchase programme (Pepp).
Oltre all'amicizia con l'immobiliarista Vittorio Casale, che fa da guida al collega moravo nel mondo del business italiano, nella cabina di regia degli investimenti immobiliari di Vitek in Italia c'è sempre Unicredit, la banca che ha ereditato dall'incorporazione di Capitalia molti clienti fra i palazzinari romani e, fino all'arrivo dei nuovi soci statunitensi, lo stesso club giallorosso.
La questione del nuovo stadio romanista, di rinvio in rinvio, potrebbe avrebbe il via libera a Natale, se la giunta Raggi non deciderà che tanto vale aspettare le elezioni dell'anno prossimo. Nel frattempo, però, la Procura di Roma ha chiesto condanne pesanti per i precedenti proprietari dell'area di Tor di Valle, i fratelli Gaetano e Umberto Papalia. Il reato è bancarotta fraudolenta.
Altri processi riguardano il proprietario successivo, Parnasi. Finora a piazzale Clodio si è sempre sostenuto che l'azione della magistratura non inficia la realizzazione dello stadio nuovo. Ma certo non l'ha nemmeno favorita, sia perché la politica si è intimorita e ha rallentato ogni decisione, sia perché è difficile pensare che tanti reati intorno all'area di Tor di Valle possano essere trattati come un elemento di contorno rispetto a creditori e curatori fallimentari.
L'unica certezza è che Unicredit, il maggiore creditore di Parnasi e dei Papalia, non si è ancora del tutto tirato fuori, dopo dieci anni, dai suoi impicci romano-romanisti. La speranza è il cavaliere moravo Vitek. Non sarà senza macchia ma è certo senza paura.