
E poi il tatuaggio. A 62 anni ha deciso di concedersi il primo tatuaggio della sua vita, peraltro delicato, una semplice sequenza delle sei lettere che corrispondono alle iniziali dei suoi figli, Lourdes, Rocco, David, Mercy, Estere e Stella. La stranezza è che fino a ieri aveva aderito al celebre statement anti-tatuaggio pronunciato a suo tempo da Kim Kardashian, ovvero: “Mettereste un adesivo su una Bentley?”. Dunque, o non si considera più come una lucida e intoccabile Bentley, oppure sta cambiando idea sui codici fondamentali che regolano la definizione di icona pop.

La sua imperfezione può essere “toccata”, o così lascia pensare la deliziosa battuta con cui ha commentato il suo post: «Inked for the very first time» parafrasando quella bomba atomica intitolata “Like a virgin”, canzone e poi album che uscì il 6 novembre del 1984 arrivando a vendere dieci milioni di copie. Da allora Madonna Louise Veronica Ciccone, universalmente nota come Madonna, ha costretto pensatori, fan, seguaci, nemici, intellettuali e spettatori, a ridefinire l’idea stessa del divismo pop. Lei era nuova, spiazzante, un vortice capace di generare un intero nuovo supermercato di oggetti pop, canzoni, dolcetti, vestitini, maschere luccicanti, e tutto partendo da un malizioso ombelico agitato e mostrato al pubblico come se niente fosse tra vestitini di pizzo, fiocchi e catenine dondolanti. Aveva 25 anni, e non si è mai più fermata.
“Like a virgin”, con tutti i doppi e tripli doppiosensi ampiamente autorizzati dal testo, la cantò agli Mtv Awards vestita da sposa, buttandosi per terra e mimando un estasi di piacere, poi ha raffinato sempre di più i suoi strumenti, maniaca del controllo, perfezionista, ossessiva, ogni disco un progetto di musica e di look, sempre sul ciglio pericoloso del trash, parafrasando e sovrapponendosi a dive di un tempo, non senza peccare di presunzione, come per la Marilyn evocata in “Material girl”, come se seguisse una programmatica missione trasgressiva, a volte perfino banale, a volte voluttuosa e più pericolosa, torrida e vagamente sulfurea come in “Like a prayer” quando finiva per baciare il santo nero, o nell’orgia trans di “Justify my love” del 1990.

Ma di sicuro nel bene e nel male sempre una scatenata militante del girl power, e se l’emancipazione femminile deve qualcosa a qualcuno in questa infernale era di intrecci culturali, un riconoscimento a Madonna da qualche parte le andrebbe assegnato. Così come hanno sempre fatto i leader del mondo Lgbt. Se c’è un artista che ha lavorato in favore del marchio arcobaleno è lei, di sicuro per qualche decennio stuoli di ragazzine l’hanno vista come un modello liberato, una donna forte e determinata. Donna sempre, questo sì, donna libera, anche, e donna tra donne, fino a baciarne due in pubblico in una botta sola, come fece nel 2003, sempre agli Mtv Awards che sono stati uno dei suoi preferiti terreni di caccia, baciando Britney Spears e Christina Aguilera.
Nel suo essere difesa e combattuta con egual entusiasmo da eserciti contrapposti, ha incarnato la duplicità e la incorreggibile falsità dei simulacri che hanno invaso il nostro mondo. Lei quella falsità di cartapesta l’ha anticipata di molto, quando usciva da una gigantesca mirrorball che si apriva come una arancia lasciando uscire lei, la Venere-Barbie-Madonna da un conchiglia dance. È stata genio della falsità molto prima che diventasse linguaggio corrente da usare tutti i giorni per raccontare ogni momento della nostra giornata sui social. L’ha fatto tra sfrenate fantasie erotiche e impennate spirituali, come quando nel 2006 osò crocefiggersi sul palco dei suoi concerti, e lo fece a anche a Roma, nella città che custodisce l’eredità di Cristo. Non solo crocefissa, anche cinta di corona di spine, ma attenzione, vestita Jean Paul Gaultier, con un semplice pantaloncino di velluto e una blusa arancione.

Questo è il gioco di prestigio, lo sberleffo definitivo, la dileggiante noncuranza di una vera diva dei nostri tempi. Ma del resto fuori del palco, nella vita reale, ammesso che avesse una vita reale, ha avuto il coraggio, chiamandosi Madonna, di fidanzarsi con un ragazzo di nome Jesus. Dopo questo è tutto possibile. Ma alla fine quello che emanava, quello che comunicava in ogni frame del suo racconto visivo, era un’idea di perfezione, il racconto di una semplice ragazza che ce l’aveva fatta perché aveva saputo mettere insieme i suoi molteplici scarsi talenti in un progetto divino. A costo di disciplina, determinazione, costanza, un mondo che non prevede incertezze, cedimenti, distrazioni.
Era lei che aveva impostato questo standard di perfezione, cantando a tratti in playback nei concerti per non far sentire il fiatone delle sue prodezze ginnico-danzerine. Era un circo blasfemo, un trionfo di puro edonismo, vincente e strafottente, che le permetteva ogni tanto qualche digressione impegnata, discorsi a favore di neri e zingari, gay e minoranze etniche, da sincera democratica. Un mondo inventato da una dominatrice di malizie e provocazioni. Ma le “sue” regole erano ferree. Non c’era bisogno di essere vera.
La più grande icona pop dei tempi moderni era come una bambola da vestire a piacimento in ognuna delle successive trasformazioni. Un’attrice, soprattutto, una maschera multimediale. Poi è successo qualcosa, il canone è stato infranto, qualcosa si è rotto, e incredibilmente la narrazione della più grande diva pop della contemporaneità ha cambiato registro, ha cominciato a spostarsi verso verso un impensabile orizzonte di sincerità. Il primo segno fu uno scivolone, un banale inciampo durante la finale del Super Bowl del 2012, pensate bastò un semplice inciampo, perché già in molti sentissero l’odore acre dell’impalcatura che scricchiola.
Erano 12 minuti e mezzo di spettacolo, così come prevede l’intervallo della finale di football, il più ambito palcoscenico al mondo, e lei arrivò vestita da Cleopatra (firmata Givenchy) una regina che diceva a tutte le altre: mettetevi in coda, nessuno ancora può scalzarmi dal trono, la videro 114 milioni di spettatori, poi ci fu quel piccolo inciampo, un passo falso, davanti a tutto il mondo, un piccolo dettaglio, quasi insignificante se non fosse successo proprio a lei. Ma successe. E molti l’hanno ricordato quando improvvisamente Madonna cominciò a mostrare segni di debolezza, un volto improvvisamente “rifatto” e non benissimo, impropriamente stirato, con zigomi ingranditi, esattamente come tutte le altre.
Un cedimento già molto visibile quando nel 2016 Billboard la nominò “donna dell’anno”, ma quello che disse alla cerimonia di premiazione era una zampata degna dei tempi migliori: «Grazie per aver riconosciuto la mia abilità di proseguire la mia carriera per 34 anni, nonostante lo sfacciato sessismo, la misoginia, il costante bullismo e gli infiniti abusi», uno schiaffo in faccia alla gretta stupidità del maschilismo imperante nel mondo dello spettacolo. Ma le crepe c’erano, e cominciavano a vedersi sempre di più, fino all’ennesima metamorfosi, quella di Madame X, che si è scoperto essere il soprannome che le aveva affibbiato Marta Graham quando era una sconosciuta novizia affamata di palcoscenico, nuovo personaggio con una benda a coprire l’occhio sinistro, tra il piratesco e il decadente, fino al precipizio di un anno fa.

A dicembre del 2019 arrivò una dichiarazione sconvolgente: «Mentre salivo la scala per cantare “Batuka”, sabato notte a Miami, ero in lacrime per il dolore che sentivo per via dei miei infortuni, dolore che è stato indescrivibile negli ultimi giorni. Ogni canzone che cantavo, dicevo una preghiera per riuscire ad arrivare alla fine dello show. Le mie preghiere sono state esaudite e ce l’ho fatta. Questa volta devo ascoltare il mio corpo e comprendere che il dolore è un campanello d’allarme». E infatti dovette cancellare date su date. Sembrò inaudito, inverosimile, detto da una diva che era diventata quasi un’astrazione, incorporea, fuori dal tempo, immune ai normali processi di invecchiamento e di sofferenza.
Da un’icona non si accetta che possa diventare umana, questo proprio no. Oppure sì, ma solo se si accetta che possa riscrivere le regole e ridefinire il patto stabilito col pubblico tanto tempo addietro. Ma la verità è che le nuove regole le ha imposte la rete, sono dettate dalla continua interattività con i quali i social hanno reinventato i confini del divismo. Dei nostri idoli, che un tempo sembravano irreali, irraggiungibili, oggi vogliamo sapere tutto, vogliamo vederli nel loro quotidiano, vogliamo coltivare l’illusione di poterci mettere in contatto con loro, di averli a portata di clic, e questo Madonna lo ha compreso da tempo.
Come dire: se non si può più fingere come un tempo, tanto vale essere sincera, sfacciatamente sincera, spiazzare e scavalcare di nuovo tutte le altre, la Britney Spears che da tempo è fuori di testa e posta video in cui fa le piroette come una bimba alla prima lezione di danza, perfino la Jennifer Lopez che mostra la sua intatta bellezza in una foto di profilo nuda in cui sulla curva del sedere c’è la sagoma di un omino in piedi, come dire, col mio lato B posso reggere il mondo intero, ma per Halloween si è fatta fotografare vestita come la Madonna di “Like a virgin”, omaggio alla Maestra che oggi si confessa in pubblico, reinventa la sua narrazione, umana, difettosa, scomposta.
E pensate che liberazione, ora può ruttare, farsi vedere stanca, struccata, stravaccata sul divano di casa, lasciandoci con l’atroce dubbio che anche in questa glitterata decadenza stia anticipando i tempi, provocando ed estremizzando una verità palese. Neanche i divi sono più quelli di una volta, devono darsi da fare, faticare, imparare a dire la verità, e questo finora nessuno glielo aveva mai insegnato.