Si chiamano Fatimyiun e sono diffusi soprattutto nell’etnia Hazara. Sostenuti dal governo iraniano, sono entrati in campo contro talebani e Isis, che sono sunniti, e il governo protetto dalle forze Nato

Sciiti1-jpg

A Sharifi, afghano di etnia Hazara di 25 anni, tremano le mani mentre parla. Ha paura di raccontare, temendo rappresaglie: «Un anno fa sono tornato in Afghanistan dopo aver combattuto in Siria. Qui noi Hazara siamo in pericolo e dobbiamo difenderci. Molti di noi sono armati e pronti a combattere. Ci saranno scontri».

Sharifi vive oggi nella provincia di Wardak, non lontano da Kabul. Fino alla fine del 2018 è stato nella brigata dei Fatimyiun, creata nel 2014 dal Corpo dei guardiani della rivoluzione islamica iraniana. Composta quasi esclusivamente da afghani sciiti, è stata impiegata dall’Iran come milizia nei suoi numerosi fronti, soprattutto in Siria e Iraq, per contrastare l’avanzata dello Stato Islamico. «Mi sono arruolato dopo che ho perso il lavoro in una fabbrica di Isafahan. Non avevo altra scelta per inviare un po’ di denaro alla mia famiglia».

Si stima che circa 25-30 mila afghani sciiti, giovani come Sharifi, siano stati arruolati nei Fatimyiun per combattere in Siria negli ultimi anni. «Con l’inizio del ritiro dell’esercito statunitense dall’Afghanistan nel 2014, che ha lasciato un paese senza infrastrutture e sviluppo, l’Iran ha potuto approfittarne per reclutare soldati a basso costo», spiega l’analista per la difesa nazionale afghano Habib Wardak.

Sciiti3-jpg

Se molti immigrati afghani sono stati reclutati in Iran direttamente, come Sharifi, altrettanti sono partiti dall’Afghanistan, arruolati dai signori della guerra sciiti legati in maniera più o meno diretta alla repubblica islamica. «Quando la guerra contro l’Isis in Siria è terminata, questi soldati hanno cominciato a tornare in Iran, diventando un’arma a doppio taglio», continua Wardak. Da due anni circa molti Fatimyiun sono rientrati, creando molta preoccupazione su un’ulteriore crisi militare in un paese già prossimo al collasso e stretto nella morsa di un processo di pace fragile e barcollante fra Talebani e il governo appoggiato dalle forze Nato, senza dire dell’Isis e dei suoi attentati.

Si parla quindi, ora, di un nuovo conflitto. Questa volta fra sciiti e sunniti. La milizia sciita creata dall’Iran è vista come acerrimo nemico dall’ultraconservatore sunnita Stato Islamico, presente nel paese dal 2015 sotto il nome di Stato Islamico Khorasan e che dal 2017 continua a prendere di mira raduni, quartieri e moschee sciite. I due gruppi si sono già affrontati nei campi di battaglia mediorientali, accumulando rancore e sete di vendetta. «Presto ci sarà una guerra contro gli sciiti. Ne sono certo. Li ho sempre odiati. Il Corano non li menziona neppure. Non sono legali nell’Islam e quindi li uccideremo tutti», ci dice Amir, 29 anni, combattente e spia dell’Isis nella provincia a maggioranza Hazara di Daikundi. Gli fa eco alle un altro uomo dei principi neri, Jamal, 23 anni, fuori da Jalalabad: «Dobbiamo rimuovere la loro presenza dal paese. Sono armati da potenze straniere. Non sono sicuro ma ci dicono sia l’Iran».

L’ingresso sul territorio afghano di un nuovo player bellico, gli sciiti filoiraniani, suscita le reazioni anche del governo di Kabul. Dice Amin Karim, uno dei delegati alla presidenza del governo: «Siamo preoccupati del ritorno di questi soldati per la stabilità del nostro paese. L’Iran sta provando a creare tensione fra sciiti e sunniti, esattamente come accaduto in Iraq, Yemen e Siria».
Sciiti2-jpg

A dare adito ai timori di molti, lo scorso aprile uno spot pubblicitario mandato in onda sul canale privato con il maggior seguito nel paese, Tolo News, ha mostrato chiaramente la bandiera gialla dei Fatymiun contrapposta a quella dell’Isis con una voce di sottofondo che annunciava l’inizio di un nuovo scontro. La pubblicità è stata rimossa dopo pochi giorni.

Lo spot è solo uno dei molti segni del ritorno dei Fatimyiun e delle nuove tensioni che si stanno creando di nascosto nel paese, dove questi miliziani non solo affiancherebbero i signori della guerra sciiti presenti sul territorio e vicini all’Iran, ma sarebbero anche arruolati e addestrati da questi ultimi. Da qualche anno hanno cominciato ad armarsi creando milizie e occupando intere aree del paese. Dopo che Daesh ha cominciato ad attaccare luoghi di culto e comunità sciite inoltre, a Kabul interi quartieri sono ora parzialmente fuori dal controllo del governo, con milizie, soprattutto Hazara, armate fino ai denti che pattugliano le strade.

Sarebbe proprio nel quartiere Hazara di Kabul, Dasht-e-Barchi dove il network dei Fatimyiun in Afghanistan prenderebbe vita. Ma è nelle province che accadono le azioni più rilevanti. È lì che i signori della guerra sciiti comandano, specialmente nelle regioni abitate preponderantemente da Hazara, nell’Afghanistan centrale (Bamyan, Uruzgan, Ghazni, Wardak, Daikundi).

Nel distretto di Behsud, provincia di Wardak, un signore della guerra Hazara, il comandante Abd Al-Ghani Ali Pur, è riuscito a imporre la sua leadership, creando una milizia, reclutando soldati per operazioni interne in varie regioni. Oltre a questo, spesso terrorizza la popolazione locale non Hazara, estorcendo denaro, sequestrando e torturando le persone che attraversano il distretto, in particolare Pashtu (sunniti). È così che negli ultimi due anni è diventato uno dei “warlord” più pericolosi in Afghanistan.

Questo Ali Pur combatte sia contro il governo sia contro i talebani e sembra protetto da politici molto influenti a Kabul, tutti Hazara. Il governo aveva arrestato Ali Pur, nel 2018, nel quartiere di Dasht-e-Barchi, ma il comandante è stato rilasciato il giorno seguente, dietro forti pressioni della comunità Hazara. In cambio ha firmato un documento promettendo di non commettere più nessuna illegalità. Ma non è cambiato nulla e Ali Pur agisce ancora come signore della guerra.

La questione più delicata, tuttavia, riguarda i suoi forti legami con Teheran. «Lui e altre milizie sciite stanno reclutando soldati per l’Iran e i Fatimyiun», dice l’analista militare afghano Habib Wardak. Il più fido alleato di Ali Pur è un parlamentare Hazara della provincia di Wardak, Mehdi Rasikh, che appare in molte foto insieme ad Ali Pur, impugnando armi iraniane. È anche di lui che tratta un documento top-secret dell’Intelligence afghana (Nds), passato da una fonte anonima che lavora negli uffici della procura pubblica generale, e che conferma tutti i sospetti: «Il parlamentare Mehdi Rasikh è un membro attivo dei Fatimyun e sostene il comandante locale chiamato Abd Al-Ghani Ali Pur. Entrambi sono diretti rappresentanti dei Fatimyiun nel paese», cita il documento in lingua Dari.

Seduto in un’auletta nel mezzo al parlamento afghano a Kabul, Mehdi Rasikh smentisce tutte le accuse contenute nei documenti, nelle foto e dai testimoni: «Ali Pur difende la gente. Posso assicurare che non ha alcun legame con l’Iran e non sta reclutando soldati. Sta solo difendendo l’area da attacchi dei Talebani e le tribù nomadi, conducendo sporadiche missioni in altre regioni. Il governo non ha nessun documento che provi la sua illegalità. Dà solo un salario e l’equipaggiamento necessario ai suoi soldati». Non si sa però da dove vengano i soldi e le armi.

Dal lato ufficiale, il governatore della provincia di Wardak, il generale Muzafarudin Yamen, afferma che «Ali Pur è sostenuto dall’Iran. L’Iran vuole cominciare una guerra in questo paese ma la gente non l’accetterà». La stessa cosa viene sostenuta da Haji Akbar Zui, portavoce del consiglio provinciale di Wardak: «In questa regione vogliono creare il caos fra gruppi etnici uccidendo i leader tribali e creare un conflitto fra Hazara e Pashtun, tra sciiti e sunniti. E Nella regione l’Iran sostiene gruppi armati come Ali Pur». Secondo Akbar Zui inoltre i signori della guerra sciiti trasporterebbero soldati e riceverebbero armi dall’Iran usando i canali montagnosi dell’Afghanistan centrale, accedendo a territori confinanti con l’Iran.

Ma è la gente che vive nei territori controllati da Ali Pur a subire continui abusi. Sahib Jan, un anziano leader pashtun di quasi 70 anni, racconta quanto spietati siano stati gli uomini del comandante sciita durante il periodo passato nelle sue segrete. Lo scorso novembre è stato picchiato, derubato e ha visto una delle persone imprigionate insieme a lui, morire sulle sue ginocchia.

«Eravamo stipati in 3 in un gabinetto adibito a cella. Gli altri due si chiamavano Faisal Rabi e Said Abas, due parenti. Siamo rimasti diciannove giorni senza né mangiare né bere. Recitavo il Corano e mi si seccava la bocca. Eravamo legati mani e piedi. Un giorno hanno preso Rabi, l’hanno picchiato a morte. Quando l’hanno risbatutto in cella era buio. Ha poggiato la sua testa sulle mie ginocchia prima di morire. Solo il giorno dopo, con un po’ di luce, ho visto che c’era il suo sangue sul mio vestito». Se il governo non prenderà misure contro Ali Pur, brandiremo le armi e uccideremo tutti gli hazara», commenta dalla rabbioso Saif Ul Rahman, parente di Rabi anche lui. Negli ultimi giorni la popolazione di Wardak ha protestato contro Ali Pur, accusato di fomentare una guerra etnica e attaccare nomadi e pashtu. Chiedono al governo di arrestarlo.

Ma l’analista Habib Wardak ridimensiona il ruolo attuale della milizia: «Per adesso l’Iran appoggia ancora i talebani perché non hanno mire internazionali e combattono contro Daesh. I Fatimyiun sono però l’arma da usare caso in cui ci fosse un cambio di strategia da parte talebana. A quel punto potrebbero essere facilmente dispiegati per combattere».

Certo è che una nuova guerra etnico-religiosa sarebbe un disastro per questo paese martoriato da decenni. Tutti lo pensano, anche se nessuno può prevedere se e quando scoppierà. Ma gli indizi, in questo senso, sembrano essere chiari.