Le confessioni dell’attuale presidente del Milan, già numero uno dell’Eni, che nel 1993 ha confessato e patteggiato rivelando il sistema della corruzione nei grandi appalti del colosso elettrico statale. Che poi è stato chiamato a dirigere dal governo Berlusconi

Nel 1993 le indagini di Mani Pulite coinvolgono i maggiori gruppi industriali privati, accusati di aver pagato tangenti ai partiti con fondi neri, non dichiarati al fisco e spesso occultati in conti esteri. In quei mesi di crollo del sistema centinaia di imprenditori e dirigenti d'azienda ammettono anni di corruzioni e finanziamenti illeciti ai partiti, chiamando in causa altri, con un effetto-domino che sembra inarrestabile. Tra i protagonisti di quelle confessioni-fiume c'è Paolo Scaroni, uno dei più importanti manager italiani, oggi presidente del Milan e numero due della banca Rothschild, dopo essere stato al vertice di Enel ed Eni.

 

Prima di Tangentopoli, dal 1985 al 1992, Scaroni è stato l’amministratore delegato del gruppo Techint, il colosso italo-argentino della siderurgia e delle centrali di energia. Esplosa l’inchiesta Mani Pulite, tra il 1992 e il 1993 Scaroni firma decine di verbali dove ammette di aver versato tangenti ai partiti, in particolare al Psi e alla Dc, per far partecipare il gruppo da lui guidato alla spartizione degli appalti pubblici. I suoi interrogatori sono numerosi e dettagliati: Scaroni aveva un ruolo importante nel sistema, perché raccoglieva anche da altre aziende il denaro che poi lui stesso consegnava ai tesorieri di vari livelli. 

 

In questo interrogatorio del 15 maggio 1993, ad esempio, il manager descrive il suo ruolo di collettore delle tangenti pagate dalla Techint e da altre aziende ai tesorieri socialisti, per ottenere un maxi-appalto per la centrale a carbone dell'Enel a Brindisi.

Dopo questa e altre ammissioni, Scaroni ha patteggiato una pena attenuata: 16 mesi, con la condizionale. E nel successivo processo per le tangenti dell'Enel ha accettato di farsi interrogare in tribunale, dove ha riconfermato i suoi verbali, spiegando che si sentiva in dovere di dire la verità anche se il cambio delle regole dei processi, varato nel 1997, gli avrebbe garantito il diritto al silenzio.

Nel 2002 il governo di Silvio Berlusconi ha nominato Scaroni amministratore delegato dell'Enel, ignorando le critiche sull'inopportunità di affidare il colosso statale a un manager condannato per tangenti pagate proprio a quell'azienda. Nel 2005 lo stesso governo gli ha affidato la guida dell'Eni, carica mantenuta fino al 2014.

Scaroni è stato poi assolto in tutti i più recenti e contestatissimi processi contro l'Eni per gli affari petroliferi in Algeria e Nigeria.