Pacini Battaglia, il banchiere segreto dell’Eni: «Ho dato 50 miliardi di lire in contanti a Psi e Dc»

L’uomo d’affari pisano gestiva i fondi neri del colosso petrolifero: le sue confessioni aprono il primo squarcio sulle maxi-corruzioni internazionali, sui conti esteri dei partiti e sui tesori accumulati dai manager pubblici

Partendo dai conti bancari usati per pagare le tangenti ai politici lombardi, nel corso 1993 i magistrati milanesi risalgono, da un bonifico all'altro, fino alle tesorerie estere con i fondi neri delle grandi aziende. A quel punto le indagini di Mani Pulite scoperchiano una serie di maxi-corruzioni di portata internazionale. Uno dei grandi protagonisti è Pierfrancesco Pacini Battaglia, un uomo d’affari toscano, titolare della banca svizzera Karfinco, che ha gestito per molti anni, nella massima riservatezza, i depositi segreti dell’Eni, il colosso petrolifero statale, e dei suoi manager più corrotti. Per misurarne l'importanza nel sistema, il giudice Italo Ghitti, con una battuta diventata celebre, lo definì «l’uomo che sta un gradino sotto Dio».

 

A lungo latitante all'estero, Pacini Battaglia si costituisce il 10 marzo 1993. Davanti a Di Pietro, svela le mediazioni multi-milionarie per il gas algerino, il petrolio libico e altri affari di rilevanza strategica, in precedenza mai sfiorati dalle indagini.

 

 

Nello stesso interrogatorio, per riguadagnare la libertà, Pacini confessa di aver fatto arrivare in Italia almeno 50 miliardi di lire: valigie di contanti prelevati in Svizzera, trasportati oltre confine da una società di trasporto valori e consegnati ai tesorieri del Psi e in parte minore della Dc. Nelle successive deposizioni il banchiere pisano ammette di aver gestito fondi neri dell'Eni, negli anni Ottanta, per cifre da Stato sovrano: oltre 500 miliardi di lire dell’epoca.

 

Nel 1997 Pacini viene riarrestato a La Spezia e poi condannato a Milano con l’accusa di aver corrotto l’ex numero uno delle Ferrovie dello Stato, Lorenzo Necci, evitando di coinvolgerlo in Mani Pulite. Le sue battute fulminanti e le maledizioni da toscanaccio, immortalate nelle fluviali intercettazioni ambientali, hanno insaporito per mesi le cronache giudiziarie.

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