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febbraio, 2022

Paolo Cirino Pomicino: ho intascato 5 miliardi dalla Montedison, tramite Bisignani, e ho finanziato Salvo Lima

L’ex ministro dell’ultimo governo Andreotti, dopo le confessioni dei dirigenti ammette di aver ricevuto tre buste di fondi neri riciclati in Vaticano. E spiega di averli usati per pagare le campagne elettorali dei candidati della sua corrente, dalla Campania alla Sicilia, Puglia, Toscana e Veneto

Paolo Cirino Pomicino, parlamentare democristiano dal 1976 al 1994 e ministro del Bilancio nell'ultimo governo Andreotti, ha superato da tempo la bufera di Tangentopoli: è stato parlamentare europeo fino al 2006 e tuttora viene intervistato da giornali e televisioni come un grande saggio della politica italiana. Pochi ricordano che a Milano ha dovuto patteggiare una storica condanna per lo scandalo Enimont: della maxitangente pagata dalla Montedison, ha incassato più soldi lui di tutta la Dc.

Le sentenze ricostruiscono che nella cassa del partito, in totale, sono entrati 4,9 miliardi di lire, per cui sono stati condannati il tesoriere nazionale Severino Citaristi e il segretario politico Arnaldo Forlani. Pomicino ha intascato da solo più di cinque miliardi, come ha confessato lui stesso il 20 novembre 1993, davanti ai pm Antonio Di Pietro e Francesco Greco.

 

Il verbale si apre con una lunga e noiosa premessa «istituzionale», come la definisce l'allora parlamentare, sulla fine di Enimont e sulla fissazione del prezzo (oltre 2800 miliardi di lire, pari a 1,4 miliardi di euro) pagato dall'Eni alla Montedison. Al dunque si arriva nella parte finale dell'interrogatorio (da pagina 11 in poi). Pomicino ammette di aver incassato «più di cinque miliardi di lire» in titoli di Stato tra luglio e settembre 1991, mentre era ministro in carica: tangenti consegnategli, «in tre buste», da Luigi Bisignani, ex giornalista affiliato alla P2, con la precisazione che erano soldi della Montedison. Fu proprio Bisignani, anche lui poi condannato, a riciclare quei titoli (e molti altri) allo Ior, la banca del Vaticano, che con l’inchiesta Mani Pulite ha risposto per la prima volta alle rogatorie dei magistrati milanesi. 

 

 

Nel suo interrogatorio sulla maxi-tangente, Pomicino racconta di aver usato tutto quel denaro in nero per pagare la campagna elettorale suoi «amici candidati per la Dc a Napoli-Caserta» alle elezioni politiche del maggio 1992, quando a Milano era già esplosa Tangentopoli. E confessa di averne portato circa un terzo, un miliardo e mezzo di lire, a un altro big della sua stessa corrente andreottiana: Salvo Lima, l'onorevole democristiano colluso con la mafia (come risulta accertato da numerose sentenze) che fu assassinato a Palermo dai killer di Cosa Nostra nel marzo 1992, dopo la conferma in Cassazione delle condanne del primo maxiprocesso.

 

Paolo Cirino Pomicino nel verbale fa i nomi di altri politici che hanno beneficiato della sua fetta di maxitangente Enimont, come l'onorevole Nino Lombardo in Sicilia e altri democristiani in Calabria, Puglia, Toscana e Veneto. Ma tiene tutti al riparo dalle indagini, precisando che i candidati da lui finanziati ignoravano la provenienza illecita di quei fondi.

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