AgendaZ
«Eutanasia e aborto: il corpo è nostro, vogliamo decidere noi». La generazione Z al governo che verrà
Sono tanti, sono tornati a riempire le piazze per reclamare più diritti. L’Espresso ha aperto lo spazio di confronto #AgendaZ per raccogliere le loro istanze. Ecco cosa chiedono
«Vogliamo voce in un mondo di individualismo», parlano i giovani della Gen Z
Vorrebbero ridurre il divario che allontana i ricchi dai poveri. Contrastare la crisi climatica, porre fine all’evasione fiscale. Chiedono la settimana di quattro giorni, il salario minimo, più investimenti nell’istruzione, l’abolizione degli stage non pagati. Immaginano un mondo in cui ogni persona abbia il diritto di scegliere la propria identità sessuale, se vivere o morire, se interrompere o portare avanti una gravidanza, con consapevolezza. Sono i giovani della Gen Z, molti dei quali voteranno per la prima volta alle prossime elezioni del 25 settembre.
Sono tanti, sono tornati a riempire le piazze per reclamare più diritti per tutti. Non si lasciano convincere dagli slogan vuoti e neanche dai politici che all’ultimo sbarcano su TikTok. Su L’Espresso abbiamo aperto uno spazio per raccogliere le loro voci e dato vita a una serie di dirette Instagram pensate per ascoltarli.
«Alcuni politici sostengono che vi sono cose più importanti a cui pensare, io invece mi domando: davvero il benessere e la tutela del singolo individuo non sono così importanti? Come può un cittadino sentirsi riconosciuto da uno Stato che, davanti a evidenti, e purtroppo frequenti, discriminazioni di vario tipo, chiude gli occhi?», scrive Leonardo. «Allo stesso modo andrebbero trattate tematiche quali l'aborto e l'eutanasia, con un approccio più laico e meno sentimentale, in modo tale che ognuno di noi possa prendere una decisione sul proprio corpo e sulla propria vita, nei limiti del possibile. Infine - aggiunge - sarebbe ottimale riuscire a costruire un sistema economico e sociale in grado di rispondere alle esigenze dei più bisognosi, con i dovuti accertamenti e controlli, in modo che i fondi possano essere distribuiti a chi davvero necessita di un aiuto economico. Un sistema che non vada a gravare su nessuno e che risulti funzionale per tutti i cittadini».
Per Lorenzo i giovani sono stanchi di rimanere inascoltati. Stanchi che si parli di loro senza aprire un dialogo con loro. Vogliono alzare la voce per rompere il muro di individualismo che per anni è stato identificato erroneamente come il motore del progresso. «Oggi, invece, è chiaro che non può esistere una società di individui liberi là dove non è possibile costruire una coscienza collettiva». Scrive Federico: «Vogliamo spazi di ascolto e una formazione tale che i diciottenni e le generazioni che votano per la prima volta abbiano la possibilità di formarsi una conoscenza politica. Vogliamo una politica che punti alla scuola invece che alla militarizzazione, una politica che dedichi risorse alla sanità e che crei percorsi volti alla tutela dei diritti della persona, in un paese meraviglioso come è l’Italia».
Per molti di quelli che hanno inviato le loro istanze a L’Espresso, la politica non si occupa dei giovani perché hanno un peso elettorale decisamente minore di quello delle fasce d’età più anziane. «E perché la nostra generazione non è più disposta a compromessi. Vogliamo i diritti civili senza lasciar da parte quelli sociali, il contrasto alle disuguaglianze e la lotta al cambiamento climatico. Non vogliamo un conflitto tra generazioni diverse ma realizzare insieme di un modo di concepire la politica che sia democratico non solo a parole. Che superi il modello del protagonismo dei singoli leader di partito e delle soluzioni immediate ai problemi, perché non risultano mai efficaci». È arrivato il momento di ascoltarli.