Attentati. Minacce. Voti pilotati. Appalti. Così le cosche vanno all'assalto. E il Comune di Bordighera ora rischia lo scioglimento per infiltrazioni mafiose

Due assessori e un consigliere dell'opposizione minacciati e messi sotto protezione dai carabinieri. Un vicesindaco che inaugura un bar festeggiato da pregiudicati calabresi. Intercettazioni su voti pilotati dalla mafia. Indagini ancora top secret sugli appalti pubblici. Compreso il "ripascimento" della spiaggia dove la prossima estate torneranno a rilassarsi tante famiglie liguri, piemontesi e lombarde.

Insomma, uno scenario impensabile, che ricorda la Sicilia degli anni Ottanta, con attentati a cantieri e negozi, colpi di lupara per intimidire imprenditori, politici avvicinati da boss, pochissime denunce e indagini difficili. Invece eccoci a Bordighera, 11 mila abitanti, provincia di Imperia, uno dei centri turistici più frequentati della Riviera di Ponente. Nell'immaginario collettivo, un paese da cartolina: spiaggia, mare e alberghi per famiglie. Con un retroscena sorprendente: sul Comune governato dal centrodestra pesa una richiesta di scioglimento per infiltrazioni mafiose, messa nero su bianco dai carabinieri.

La pluridecennale presenza di famiglie legate alla 'ndrangheta, scrivono gli inquirenti nel rapporto ottenuto da "L'espresso", "influenza l'attività amministrativa, la vita sociale e la gestione di concessioni e autorizzazioni comunali": la criminalità calabrese "attua un incisivo controllo del territorio e dell'imprenditoria, condizionando gli apparati pubblici". E impone la sua influenza in tutta la fascia costiera "tra Sanremo e Ventimiglia".

Di mafia in Liguria si parla pochissimo, soprattutto nei palazzi della politica. Eppure le periodiche relazioni della Direzione nazionale antimafia documentano da tempo il forte radicamento delle cosche calabresi, dei boss di Cosa nostra e dei clan camorristici (vedi grafico).

Trapiantate in Liguria da più di trent'anni, le famiglie mafiose gestiscono affari illeciti e leciti: edilizia e movimento terra, come sempre, ma anche negozi, bar, lavori pubblici, ciclo dei rifiuti, night, sale giochi, scommesse sportive. E nei porti arrivano tonnellate di droga: l'anno scorso, solo tra gennaio e febbraio, sono stati sequestrati due carichi-record da 9.136 chili di cocaina. Oggi la situazione più allarmante, per i magistrati antimafia, riguarda la Riviera di Ponente, dove si contano decine di incendi dolosi, estorsioni, casi di usura per strangolare e conquistare aziende colpite dalla crisi. Un'ondata di violenza confinata però nelle cronache locali. Mentre i big della politica sembrano i governanti lombardi prima dei 300 arresti di luglio: qui la mafia non esiste. Anche se ora in Liguria si rischia un'ordinanza-choc: lo scioglimento di un Comune del Nord.

A Bordighera è già al lavoro una commissione prefettizia chiamata a valutare la richiesta dei carabinieri. Ma il caso è soprattutto politico. Esiste un solo precedente di Comune settentrionale sciolto per mafia, Bardonecchia, la località sciistica piemontese commissariata nel 1995. Ora le resistenze per evitare un altro scandalo sono forti, e non solo per il timore di una fragorosa riconferma di un problema generale, la mafia al Nord, a lungo taciuto dal centrodestra, Lega compresa. Ma anche perché Bordighera si colloca nel "regno" dell'imperiese Claudio Scajola, ex ministro dell'Interno, che anche dopo i guai della "cricca" conserva un ferreo controllo del suo territorio. Non va dimenticato che il governo Berlusconi ha già bloccato la procedura antimafia a Fondi (Latina), un feudo del Pdl infiltrato dalla camorra casalese e dalla 'ndrangheta. In attesa di un verdetto prefettizio forse imminente, che in ogni caso non fermerà le indagini, ecco la storia segreta di Bordighera.

A condizionare la politica, secondo i carabinieri, sono due famiglie calabresi, Pellegrino e Barilaro, considerate vicine alle cosche di Seminara. Il rapporto dell'Arma registra contatti interessati con politici e funzionari del Comune e con tecnici della Regione. Nessuno sapeva di che famiglia si trattasse? Difficile: i tre fratelli Pellegrino, ufficialmente imprenditori, sono tutti "noti pregiudicati". Giovanni ha scontato sei anni per traffico di droga, Maurizio ha una condanna definitiva per favoreggiamento della latitanza di un boss calabrese, Roberto ha precedenti per armi. La famiglia è attiva nell'edilizia e movimento terra. Cerca agganci per appalti e permessi. Ma le intercettazioni rivelano anche un "notevole interesse per la politica di tutta la provincia". E già dalle "elezioni del 2007", quando a Bordighera è stato rieletto il sindaco Giovanni Bosio, Pdl ramo Forza Italia, capogruppo in Provincia e recordman di preferenze.

Nel 2008 i Pellegrino puntano sulle slot machine. A chiedere al Comune di aprire una sala giochi è Lucia Pepè, moglie di Maurizio Pellegrino. L'dea di un mini-casinò in via Vittorio Emanuele allarma i cittadini. La giunta si divide: vince il no. Tra i contrari c'è l'assessore Marco Sferrazza. Che poco dopo si vede piombare a casa Giovanni Pellegrino, accompagnato dal suocero Francesco Barilaro, pure lui pregiudicato.

I due gli rinfacciano il no con queste parole: "Quando avete avuto bisogno dei nostri voti, noi vi abbiamo aiutato". Il politico passa notti insonni. Poi tocca all'altro assessore che aveva bocciato le slot, Ugo Ingenito. Barilaro lo va a trovare in ufficio e gli chiede se abbia "un fatto personale contro la loro famiglia". Ingenito si spaventa. E si sfoga con il sindaco: chi ha informato i calabresi dei no espressi a porte chiuse in giunta? Intanto un terzo assessore, Rocco Fonti, fornisce versioni giudicate dai carabinieri "palesemente menzognere": giura di ignorare la domanda del pregiudicato, ma i testimoni dicono che lo ha accompagnato in Comune a presentarla. Quindi Sferrazza e Ingenito ottengono la tutela, che protegge anche Donatella Albano, consigliere del Pd e bersaglio di altre intimidazioni.

Sfumato così il business delle slot, il 10 giugno 2008 la famiglia apre un locale: il wine bar Fundegu. Il giorno dell'inaugurazione i carabinieri si appostano e tra un nugolo di pregiudicati vedono anche un politico: il vicesindaco Mario Iacobucci, che "suggella pubblicamente gli ottimi rapporti tra i Pellegrino e l'amministrazione di Bordighera". Iacobucci è anche membro (ed ex presidente) di un ente no profit "che promuove l'attività fisica". E che per probabili motivi fiscali affilia il "night Arcobaleno". Dove però "l'unica attività fisica promossa", osservano i carabinieri, è "il sesso a pagamento con prostitute dell'Est". Il 18 giugno 2009 i carabinieri ne raccomandano la chiusura. Ma la loro richiesta resta ignorata per un intero anno dal sindaco di Bordighera, che neppure risponde. Poi Bosio "dimissiona" tutti gli assessori. E nel giugno 2010 l'inchiesta del procuratore di Sanremo, Roberto Cavallone, porta in carcere i titolari dell'Arcobaleno, con Barilaro e i tre fratelli Pellegrino.

Nel rapporto dei carabinieri sono omissate le indagini ancora segrete: appalti pubblici. Si sa però che la ditta dei Pellegrino, tra l'altro, ha partecipato ai lavori di "manutenzione" della spiaggia. La famiglia puntava in alto. Una foto del 2005 ritrae un deputato di Sanremo, Eugenio Minasso, vicecoordinatore del Pdl ligure, mentre abbraccia Michele Pellegrino alla festa dopo l'elezione in Regione. "E allora?", ha replicato il parlamentare al "Secolo XIX": "I fratelli Pellegrino mi sono stati d'aiuto, non lo nego. Ma lei non ha idea di quante persone mi hanno affidato la loro fiducia disinteressata".

In una regione dove le inchieste antimafia sono ancora agli inizi, Bordighera non è un'anomalia, ma la punta di un iceberg. Le indagini recenti documentano un salto di qualità: in tutta la Liguria, scrive la Direzione antimafia, i clan della 'ndrangheta puntano al "controllo delle attività legali attraverso una fitta rete di partecipazioni societarie e una spregiudicata pressione usuraria su aziende colpite dalla crisi". Intanto la camorra torna a insidiare il casinò di Sanremo. E Cosa nostra assedia i cantieri navali di La Spezia: "Le famiglie palermitane dell'Arenella", le stesse che comandano nel porto di Palermo, "riciclano capitali mafiosi" in società che "conquistano appalti, subappalti e servizi dell'indotto" sui moli del Levante.

Certo, in Liguria il territorio non è inquinato da decenni di strapotere mafioso e omertà. Ma non mancano segnali preoccupanti proprio a Imperia. Un esempio. Il 25 maggio 2010 uno dei più noti imprenditori liguri, Piergiorgio Parodi, si vede sbarrare la strada da un'auto: due attentatori gli sparano con la lupara, crivellandogli di colpi il Suv. Il costruttore, illeso, non denuncia niente. Sua figlia, Beatrice Parodi Cozzi, è la compagna di Francesco Bellavista Caltagirone. In ottobre Bellavista viene indagato con l'ex ministro Scajola per gli appalti del faraonico maxi-porto di Imperia. Degli spari sull'auto di Parodi, nessuno sa ancora nulla. L'agguato viene scoperto dai carabinieri che indagano sulle estorsioni nel porto di Ventimiglia, dove il costruttore ha un subappalto. La notizia diventa pubblica solo a fine novembre, con l'arresto dei presunti attentatori: un geometra (ex dipendente della vittima) e un calabrese di Seminara. Il commento di Parodi lascia stupefatti i magistrati antimafia: "Mi spiace per quelle due persone, che sicuramente pensavano di fare solo uno scherzo. È stata una sciocchezza...".

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