Attualità
dicembre, 2012

Stazione Tiburtina, un altro flop

Il progetto del primo grande hub per l'alta velocità è costato 170 milioni di euro e tre anni di lavoro. Ma a un anno dall'inaugurazione, gli spazi dedicati alle attività commerciali sono inutilizzati. E manca tutto, dal bar all'edicola. Per non parlare del 'decoro' dei dintorni dello scalo ferroviario

Dopo un anno di vita la nuova Stazione Tiburtina di Roma, primo grande hub dell'alta velocità italiana, si colloca a pieno titolo in cima alla lunga lista delle infrastrutture inutilizzate del Belpaese. Basta trascorrerci anche solo pochi minuti per rendersi conto che lo scalo, intitolato a Camillo Benso Conte di Cavour, è pressoché deserto in qualsiasi momento della giornata. Inaugurata in pompa magna dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 28 novembre del 2011, probabilmente nel corso dei dodici mesi successivi la nuova stazione non ha mai più avuto tanti visitatori come quel giorno.

Cuore dell'avveniristico progetto, costato 170 milioni di euro ed oltre tre anni di lavori, un edificio lungo trecento metri, realizzato in cristallo e acciaio, sospeso a nove metri di altezza. Una struttura dal design affascinante, pensata come ponte per collegare i due quartieri circostanti, dalla quale si accede ai venti binari sottostanti. Eppure dopo un anno tutti gli spazi dedicati ad attività commerciali e sale conferenze, tra cui otto “bolle” soprelevate con vista sui treni, sono ancora inutilizzati. Manca tutto: dal bar all'edicola, dai fast food agli store delle griffe di moda, per non parlare di un infopoint per i turisti. Due enormi tabelloni elettronici con gli orari di arrivi e partenze fanno bella mostra di se, peccato che nessuno li utilizzi.

Priva di negozi la galleria soprelevata è perennemente vuota, come testimoniano pavimenti e arredi praticamente immacolati, di fatto i passeggeri non hanno motivo di utilizzarla. La stessa scena si ripete sulle cinquantadue scale mobile di accesso, più agevole raggiungere i binari dallo stretto sottopassaggio della vecchia stazione. Le uniche due attività aperte sono Casa Italo, dove qualche decina di viaggiatori consulta giornali e tablet prima di salire in carrozza, e un Club Freccia pieno di poltrone dal design moderno ma ancora vuoto di passeggeri.

Nelle scorse settimane anche il sindaco Gianni Alemanno per la prima volta ha ammesso le difficoltà nello start up: «Il primo bando è andato deserto, Ferrovie dello Stato lo sta ripetendo per fare in modo di assegnare tutti gli spazi commerciali». E pensare che a fine aprile l'amministratore delegato di Fs, Mauro Moretti, aveva assicurato: «Tiburtina non è abbandonata, l'obiettivo è avere entro fine anno più del 50 per cento degli spazi commerciali occupati, ci sono già moltissime domande da parte dei commerciati».

Vari elementi hanno concorso al flop della struttura. I 140 mila frequentatori al giorno stimati all'apertura della stazione restano ancora sulla carta. Il numero di treni ad alta velocità in partenza dall'hub a loro dedicato appare sottodimensionato rispetto al gigantismo della stazione. Basti pensare che ogni giorno (orario 2012) Trenitalia fa partire da Tiburtina appena otto Frecciarossa diretti a Milano, sette a Torino e tre a Napoli. Con Venezia invece manca un collegamento diretto, come per la maggior parte dei convogli la base rimane la centralissima Stazione Termini. Va un po' meglio con Nuovi Treni Veloci, che opera quarantuno collegamenti giornalieri del suo Italo con la nuova stazione.

Anche il decoro urbano delle vie limitrofe allo scalo lascia a desiderare. Appena usciti dalla nuova porta di accesso alla Città Eterna, dal lato Tiburtina turisti e pendolari si trovano di fronte un muro di cemento: la parte soprelevata della vecchia tangenziale, che lambisce il tetto della stazione. Va ancora peggio per i passeggeri che scendono dall'atrio Portonaccio, ad attenderli non un taxi né un autobus, solo il cantiere per la realizzazione dei parcheggi.

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