Viaggio nel quartiere napoletano simbolo del degrado, tra faide di camorra, spaccio di droga e regole 'non scritte' da rispettare. Ma che ospita anche storie di resistenza civile e coraggio quotidiano

Gianni e Carmine sono nati e cresciuti a Scampia. Uno di quei posti dove la letteratura precede il paese. Molto è stato detto, tanto è stato scritto. Si pensa di sapere già tutto. Capita poi di vedere qualcosa che stona. Nella strada che attraversa il quartiere di Gomorra, ci sono uno, due, tre, quattro cassonetti per la raccolta differenziata. Una sciocchezza in mezzo ai termitai di cemento e ai sette negozi fatiscenti sotto pizzo ma "fate la differenziata?" esce spontaneo. "Mica siamo zulù? Qui si vive benino a una condizione: ti devi fare i fatti tuoi", risponde Gianni stizzito. In queste sei parole - ti devi fare i fatti tuoi - si nasconde un manuale fitto di nomi di strade e anfratti da evitare, "piazze" da non attraversare, gente da frequentare, sì certo, ma fino a un certo punto e tante altre "accortezze" che sono tramandate da mamma e papà, da uno zio, un nonno, quando esistono, altrimenti c'è l'esperienza.

"Che pozze fa"
Gianni è un colosso di un metro e novanta, ha 24 anni ma se li porta male come tutti quelli che non hanno mai avuto né tempo né testa per la spensieratezza. Cammina con le mani nelle tasche del piumino color blu scuro e le tiene al sicuro, lì dentro, per un bel po'. Le lenti, spesse e grandi, degli occhiali da vista gli danno un'aria da sognatore che stride con l'atteggiamento da guappo esibito quando non capisce chi sei e soprattutto che vuoi. Gianni abita con la madre e la sorella al settimo piano di una casa popolare a via della resistenza a Scampia.

Nello stesso palazzo, tre piani sotto, c'è la famiglia di Carmine. 25 anni, alto, allampanato, occhi azzurri piccoli piccoli, Carmine tifa Roma e detesta i neomelodici napoletani. Una blasfemia bella e buona. Doppia, per giunta. "Tony Colombo, Raffaello tutte schifezze, ascolto il gangsta rap". Gianni se la ride perché Scampia, come altre periferie napoletane, è ad alta densità canora: sono centinaia i cantanti in erba che vivono nei palazzoni popolari a 12 piani con il CD pronto che aspirano a diventare Mario Merola o Gigi D'Alessio. Nell'attesa di diventare come i loro miti, fanno carte false per la copertina dei giornaletti neomelodici, una specie di Sorrisi e Canzoni d'area, e intonano "che pozze fa" e altre liriche amorose ai matrimoni. Ma Carmine non ne vuole proprio sentire parlare.

Elisir di lunga vita
Nulla è certo, la formula magica non esiste per stare fuori dai brutti giri. La presenza di una famiglia, di un padre o di una madre che "faticano" può essere un buon esempio. "Sì anche se non è così semplice". Carmine racconta della madre che lavora come bidella in una scuola del quartiere, "non ci ha mai fatto mancare niente ma mia sorella un paio di cazzate le ha fatte lo stesso". La sorella di Carmine ora ha un compagno e un figlio, vita tranquilla. Ma un po' di anni fa è finita dentro per una rapina in una gioielleria. " 'Na scema" dice il fratello maggiore, nel senso che è sempre stata una ragazza a posto ma che forse per sentirsi più importante, per quella voglia di dominare il mondo o "perché mamma non le voleva comprare il motorino", s'è infilata in un giro più grande di lei. Sette mesi di carcere, poi fuori dopo aver patteggiato la pena. Carmine ha dovuto ritirare la domanda per entrare in polizia e la madre è stata molto male per i sensi di colpa, "non è mai andata a trovarla quando era dentro. La voleva punire e questo le è sembrato il modo migliore". 

La pace domestica
Tanti sacrifici e piccole strategie di mamme che s'inventano di tutto per tenere i figli lontano dai soldi facili, dalla droga e dal carcere. A volte ci riescono, altre no. Vanno avanti a tentativi perché si sa, il manuale della mamma perfetta non esiste. Queste signore, con i visi segnati e i modi spiccioli, preferiscono confidarsi tra loro che parlarne con i mariti. Al telefono, anzi meglio a casa in cucina dove i maschi non possono entrare. Fumano tenendo la sigaretta stretta all'angolo della bocca, parlano, e danno consigli mentre cucinano frittate di pasta in quantità industriali. Le senti parlare di avvocati "questo nome me l'ha dato la madre di o pallino (lo chiamano o pallino perché si fa di palline di crack), pare buono" dice una all'altra che si prende il foglietto con il numero di telefono e che ha fretta di far uscire il nipote diciannovenne dal carcere. Piange un po' la signora quando mette al sicuro il numero nella borsa ma nessuna le dà troppo peso, sono abituate. Si asciuga le lacrime con le mani e continua la vita frenetica nella cucina. "'O ssaje fa' o ccafè?"

Illusioni perdute
"Ma alcune regole ci sono anche qui" dice Gianni. Poche ma chiare. La prima è evitare le zone a rischio che negli ultimi tempi sono tornate a essere calde per la faida tra il clan Di Lauro che tenta di riprendersi le "basi" a Scampia e gli scissionisti. Sette palazzi, i puffi - perché le case qui sono più basse - le Vele e lo chalet Baku.

Non ci si può sbagliare, spiega Gianni, "dove trovi una statua di Padre Pio o di Gesù, quella è una piazza". Non è esattamente così ma le mega iconografie marmoree sono una gentile concessione di un capo clan, come quella che si trova nel Lotto P, nella zona dei puffi: in un'aiuola, Gesù è alto quasi due metri, ha le braccia aperte e ai suoi piedi ci sono un paio di madonnine, al lato una statua di Giovanni Paolo II che ha visitato Scampia nell'anno del Giubileo. All'estremo opposto, in linea d'aria saranno 500 metri, c'è una statua di Padre Pio. In questo spazio è impossibile fotografare: un tipo dietro a una finestra del primo piano fa chiaramente segno di lasciar perdere altrimenti sono guai. E' un palo o una vedetta, uomini o donne ingaggiate dalla camorra per tenere sotto controllo "la piazza" vale a dire il luogo di spaccio e riferire nel caso di movimenti non ordinari.

Ogni piazza ha il suo capo che oltre ai pali si serve di tanta e altra manovalanza come quelli che affittano le proprie case per i traffici, dette case d'appoggio, e di gente che fa la sentinella notturna chiamata "metronotte". Il vocabolario e i codici a volte variano da zona a zona. "Tonin' è abbasc', Tonino è sotto, Tonin' è a pper, Tonino è a piedi" urlano i pali quando Tonino cioè la polizia si avvicina. Aiz a cap' chalet, alza la testa, il grido delle vedette nei palazzi dello chalet Baku. Ogni piazza poi ha il suo rifugio, un posto nascosto dove i tossici possono drogarsi.

"Non possono farlo per strada davanti alla gente". Ecco un'altra regola. "Se ti beccano", dice Carmine, "ti spezzano le gambe e non sto scherzando". Poco tempo fa un bambino che giocava per strada si è punto con una siringa. E' scattata la caccia al tossico. "Capita che 'sti zombie vengano ogni tanto picchiati dalle persone del quartiere. Devi capire. Stamm' esaurit". I rifugi di cui parlano Carmine e Gianni sono dei sottoscala o delle ex cantine. Uno si trova a pochissimi metri da casa loro.

Sotto un palazzo popolare, una discesa porta a una specie di garage con dei portici. Non ci sono cancelli, porte, guardiani, pali o almeno così sembra. Alla fine della discesa, sulla sinistra cominciano i portici aperti. All'ingresso, tra due colonne, c'è un tavolo di legno con tre ragazzi in piedi che preparano il kit per fumare il crack. Non ti guardano, non chiedono nulla, non gliene frega niente di chi sei, continuano a lavorare in silenzio come in una catena di montaggio: fanno un foro a una bottiglietta di plastica, ci mettono una cannuccia, il pezzetto di carta argentata bucata è già pronta per essere sistemata sulla bottiglietta. Una volta ricoperta, ci spargono un po' di cenere e continuano così da artigiani sapienti. Sono le undici della mattina. Nel rifugio ci sono sei ragazzi, di cui due donne, parlottano tra di loro e continuano a farsi. Ma nessuno li vede.

"Scampia un nome per far soldi"
Va detto senza troppi giri di parole che la gente a Scampia è incazzata con i giornalisti. Poco tempo fa, le Iene, il programma televisivo in onda su Italia Uno, sono tornate alle Vele per una storia sullo spaccio di droga. La puntata è andata in onda pochi giorni dopo Occupy Scampia, una manifestazione lanciata su Twitter dalla deputata del Pd Pina Picierno in occasione di un coprifuoco ordinato dalla camorra. Questo coprifuoco non è mai esistito. Lo hanno confermato in molti: oltre alle istituzioni come il procuratore della Repubblica di Napoli anche la gente di Scampia, bastava chiedere in giro. Ma i contrasti con la stampa risalgono a prima.

"I mass media si sono concentrati sul noir, affascinati dal "reality Scampia", lasciando da parte analisi economiche più approfondite". Queste parole sono scritte nel libro "Come partorire un mammut" del Mammut, un centro territoriale da anni molto attivo nel quartiere. "Scampia sta diventando un nome per fare soldi o uno scoop facile o una vetrina per qualche politico in cerca di visibilità" racconta Patrizio, un volontario.

"Occupy Scampia". Non c'è che dire, il nome era accattivante: fa un po' il verso ai tanti occupy americani pure quelli in verità durati poco, capiti ancora meno. "Ma qual è il progetto a parte la passerella mediateca?" ribatte Chiara coordinatrice del Mammut. Chiara lavora nell'associazione sin dall'inizio quando nel 1996 si occupava di Rom, conosce Scampia molto bene. "Siamo a favore delle collaborazioni ma organizzare una manifestazione in pochi giorni senza un'idea forte mi pare poco risolutivo per la riqualificazione del quartiere".

Voluttà d'amore
Jessica cancella velocemente le richieste d'amicizia di sconosciuti su Facebook con secchi "Nun 'o saccio… Nun 'o saccio". Se invece li conosce, accetta e clicca con determinazione sul mouse, "Questo sì. Questa pure". Facebùk è meglio della televisione, del telefono e quando è inverno pure delle scorrazzate in motorino tra Scampia-Secondigliano-Milito-Scampia. "Alle volte sto fino alle tre di mattina su Facebook" e se la ride. Sul wall le classiche cose da quindicenne, frasi d'amore, foto di qualche belloccio palestrato e glabro e le immancabili canzoni neomelodiche che, al contrario di Carmine, sono per Jessica "stupende perché parlano della vita". Sul profilo c'è una foto di quando aveva lunghe treccine bionde "150 euro mi sono costate".

I soldi per il parrucchiere ma soprattutto per campare glieli passa a volte la nonna che abita al piano di sopra a volte la sorella di 20 anni perché mamma e papà sono in carcere per spaccio. In verità la sorella non c'è quasi mai "sta sempre con il fidanzato" dice e la nonna ha comprensibilmente poco controllo sulla vivacità della nipote. Sta da sola, insomma. Non frequenta la scuola ma va alle lezioni che Fratel Enrico tiene a Casa Arcobaleno tutti i giorni per i ragazzini del quartiere. Oltre a questo Jessica fa ben poco. Lo dice lei, "scendo", cioè passeggia ma mai a piedi "sempre con i motorini, non mi piace camminare. Poi sto a casa. E poi mi piacerebbe fidanzarmi", sussulta. I suoi sogni, soprattutto d'amore, li condivide con la sua amica Susy.

Susy è più fortunata di Jessica. Ha tutti i due genitori che chiama "mammina" e "babbino", entrambi lavorano in un supermercato, e seguono la figlia con molta attenzione. Anche lei frequenta Casa Arcobaleno, vuole studiare e diventare estetista "anche se per ora non tengo i soldi per iscrivermi al corso ma mammina li sta mettendo da parte". Discetta sull'importanza dell'amicizia "non può esistere tra uomo e donna" e un po' delusa dice che non si fida nemmeno di quella tra donne "alcune ragazze sono false ma io me ne accorgo subito". A 15 anni Susy è una piccola donna. Spiega di sapere molto sull'amore, di aver avuto un fidanzato per tre anni che gli piaceva da morire. Parla del suo cuore spezzato, delle giornate passate con lui che è bellissimo e un bravo guaglione. Poi, all'improvviso s'interrompe e sospira, "ma secondo te si può essere innamorate anche se non si fa l'amore?".

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