A Milano, la città più popolata d'Italia dopo Roma, il depuratore lo hanno inaugurato solo nella primavera del 2003, smettendo così di riversare i liquami nel Lambro. Basterebbe questo a dimostrare che il destino dei reflui non è mai stato in cima ai pensieri di governanti e amministratori locali. E, come spesso accade, è dovuta arrivare l'Europa con una sua sentenza a ricordarci che molte delle nostre inefficienze decennali sono ancora lì. "La Repubblica italiana è condannata alle spese" recitava il documento emesso lo scorso 19 luglio con cui la Corte di Giustizia europea ha sanzionato l'Italia per le inadempienze in materia di fogne e depurazione.
A distanza di 12 anni dal termine ultimo fissato dalla normativa comunitaria sul trattamento delle acque reflue, datata 1991, nel Bel Paese ci sono ancora 109 comuni (59 solo in Sicilia) con più di 15.000 abitanti sprovvisti di un efficace sistema di depurazione degli scarichi. Un'altra cinquantina di città, presenti nella black list stilata dalla Commissione Europea nel 2010, si è adeguata in extremis; 49 centri medio-grandi non hanno nemmeno una rete fognaria decente.
Nei prossimi mesi si conoscerà l'entità delle multe che, con ogni probabilità, saranno salatissime: si parla di centinaia di migliaia di euro per ogni giorno di ritardo nell'adeguamento, a decorrere dalla pronuncia della sentenza emessa. Soldi che dovrà pagare lo Stato, che a sua volta chiederà il risarcimento dei danni a enti locali e gestori del servizio, in un prevedibile groviglio di ricorsi e scaricabarili istituzionali. Ma i guai non finiranno qui, visto che sono in corso i controlli su depuratori e reti fognarie dei comuni medio-piccoli, segno di un'altra probabile stangata in arrivo.
La cronica insufficienza di depuratori funzionanti sanzionata dalla Corte europea è stata più volte denunciata da Legambiente, che durante il consueto pattugliamento estivo delle nostre coste a bordo della nave Goletta verde ha verificato l'enorme danno che queste carenze provocano alla salute di mari e fiumi inquinati dai liquami non trattati. E gli ultimi dati Istat sulle persone (residenti e non) che risultano servite da impianti in linea con le leggi europee, elaborati da Legambiente, confermano la gravità della situazione: in Italia ci sono circa 24 milioni di soggetti che non beneficiano di depurazione completa degli scarichi.
Leggendo la graduatoria alla rovescia (partendo dalle regioni che depurano meno), si ritrova in vetta la Sicilia, regione super-sanzionata dalla Corte europea: nell'isola solo il 47 per cento dei cittadini è servito da un sistema efficiente di trattamento dei reflui: quasi 4,5 milioni di persone non hanno questa fortuna. Il medioevo ambientale siciliano si può apprezzare sin dal suo capoluogo, Palermo, dove la percentuale di "abitanti ben depurati" non arriva a quota 40; ma ancor di più a Catania (in città l'efficienza è di poco sopra il 20 per cento). Per voltare pagina, e magari era storica, lo scorso 30 aprile il Cipe, su un totale di 1,8 miliardi di euro stanziati per fogne e depuratori del Mezzogiorno, ha elargito quasi 1,1 miliardi di euro alla sola Sicilia.
Per trovare la seconda classificata basta attraversare lo stretto e arrivare in Calabria, dove una persona su due (quasi due milioni) ha a che fare con l'inesistenza o il malfunzionamento degli impianti di smaltimento. La città di Catanzaro è tra i dieci capoluoghi di provincia italiani meno depurati (l'efficienza è intorno al 70 per cento), mentre la Corte europea ha dichiarato illegale la situazione di ben 18 comuni medio-grandi della Regione (tra cui Reggio Calabria, senza contare altri 18 centri sprovvisti di fognature) e numerose sono le gestioni inefficienti degli impianti finite nel mirino delle procure calabresi, come nel caso del depuratore comunale di Belvedere Marittimo.
Significativa è pure la performance delle Marche, che col 52,5 per cento di abitanti serviti adeguatamente si colloca sul gradino più basso del podio, potendo inoltre mettere in vetrina i dati di Ascoli Piceno e Macerata, capoluoghi di provincia che non arrivano al 70 per cento di efficienza in materia di trattamento reflui. Appena sotto il terzetto di testa si posiziona l'Abruzzo (53,8 per cento) con il suo milione abbondante di persone alla disperata ricerca di filtri, griglie e trattamenti secondari e terziari, mentre in quinta piazza c'è la Puglia (è del 60,9 per cento il dato sull'efficienza, 2,7 milioni gli abitanti non serviti). Non a caso qualche mese fa sono stati sequestrati i depuratori di Andria, Barletta, Trani e Molfetta che scaricavano in mare liquami non trattati.
Dietro il tacco d'Italia c'è la Liguria (solo il 61,1 per cento di efficienza, che lascia fuori dai benefici 1,2 milioni di persone). E' proprio qui, nel civile nord-ovest, che si trova l'unico capoluogo di provincia ancora totalmente sprovvisto di depuratore, Imperia. Dopo decenni di promesse e tentativi più o meno simulati, l'impianto è stato costruito ma non è stato tuttavia collaudato e messo nelle condizioni di essere utilizzato. A luglio la Procura locale ha aperto un'inchiesta sui danni provocati dagli scarichi fognari della città, e il gip ha concesso al Comune sei mesi di tempo (che scadono a gennaio) per rendere operativo il depuratore, dopodiché scatteranno sanzioni e, probabilmente, altri procedimenti penali. E la Regione brilla anche per l'inquinamento di città come Sanremo, dove quest'estate sono scattati divieti di balneazione a causa degli scarichi maldepurati.
Tornando alla classifica, al settimo posto si trova la Basilicata: 64,1 per cento di popolazione servita. In ottava posizione c'è il Lazio, dove gli abitanti "sfortunati" sono ben tre milioni, ma su un totale di di oltre 8,7 milioni (65,4 per cento il dato sull'efficienza). Al nono posto, a sorpresa, c'è la piccola Valle d'Aosta che, a dispetto dell'immagine "sobria", ha 120 mila persone (su 360 mila) che non usufruiscono di un sistema completo di smaltimento dei reflui. A chiudere la top ten c'è un'altra 'piccola': l'Umbria, con il 73 per cento d'efficienza.
Se, però, invece dei dati percentuali si guarda solo il numero di abitanti non serviti a norma di legge, ci si accorge che cifre impressionanti riguardano anche la Lombardia (2,9 milioni su 15 milioni tra residenti, turisti e pendolari), il Veneto (1,7) e l'Emilia Romagna (1,3 milioni), senza dimenticare la Campania, che risulta sì avere un dato d'efficienza superiore all'ottanta per cento, ma che, di fatto, ha ancora degli imbarazzanti deficit: basti pensare a Benevento, peggior capoluogo di provincia in rapporto alla depurazione (è del 20 per cento la sua performance) dopo Imperia; alle decine di segnalazioni per il mare sporco dal Litorale Domizio al Cilento, e ai due depuratori che servono la città di Napoli. Quello di Napoli Est, sanzionato dalla sentenza della Corte di giustizia europea, e quello di Cuma, malridotto cronico, che, come ha verificato anche quest'anno Legambiente con Goletta Verde, "spesso riversa scarichi maleodoranti direttamente sulla spiaggia, a ridosso di una riserva naturale". Oltre il danno, la beffa.
Attualità
19 settembre, 2012In Sicilia un residente su due non è raggiunto dai depuratori e non molto meglio va in Calabria e nelle Marche. Ecco la classifica dell'inquinamento dei mari e dei fiumi, fenomeno che colpisce anche le città del nord e per cui l'Europa si prepara a condannarci a una multa salatissima
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