Ha scritto anche un libro, Laura Fiore, per raccontare la sua storia ("Abortire tra gli obiettori"). Per denunciare come gli ospedali trattano le donne che hanno bisogno di un'interruzione volontaria di gravidanza. Una denuncia che arriva da un reparto di Napoli. Dove un medico cercò di rianimare il feto

Non ci sono solo gli infermieri obiettori. Nella mia esperienza ho scoperto che esistono anche i neonatologi, obiettori. Cos'ha a che fare un medico che si occupa di bambini messi al mondo, con un aborto? Succede, quando un feto sopravvive ad un aborto terapeutico.

Mia figlia è stata espulsa ancora vitale alla 21esima settimana di gestazione. Normalmente in questi casi il feto viene posto in un'incubatrice, oppure se un'ostetrica si offre volontaria lo prende fra le braccia per i pochi minuti che precedono la morte.

Non nell'ospedale dove ho abortito io. Per una discutibile interpretazione di una clausola della legge 194, dove si legge che "Il medico deve fare di tutto per salvare la vita del bambino", il primario del centro di terapia intensiva neonatale del secondo Policlinico di Napoli decise che un feto di 21 settimane era già una "bambina" ed andava sottoposta a rianimazione forzata.

A che pro? In Italia, nonostante la legge dica che l'interruzione di gravidanza è possibile fino alla 24esima settimana, in realtà gli ospedali anticipano questo limite entro la 23esima, questo proprio per evitare una possibile sopravvivenza fetale. Ciò significa che mia figlia non aveva nessuna possibilità di vivere. E allora perché? Perché prolungarle la sofferenza per altri 4 giorni fino a quello del suo naturale decesso?

Finché questa storia dell'obiezione di coscienza e della sua mancata regolamentazione non verrà risolta, queste esperienze aumenteranno, poi finiranno del tutto perché non ci sarà più un solo non obiettore, e allora bisognerà cominciare (o continuare) a raccontare gli aborti clandestini, a cui siamo purtroppo tornate già da  tempo

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