Per la prima volta in Italia un giudice decide incontri «solo via Internet» tra le figlie e il genitore non affidatario. Un modo per iniziare a riannodare rapporti dopo anni di gravi problemi

Separazione giudiziale complicata? Difficoltà a ristabilire un rapporto equilibrato tra genitori e figli? Da oggi, in Italia, la tecnologia può essere, in qualche misura, una soluzione, seppure temporanea. Perché, in luogo degli incontri tra madre non affidataria e figli minori, può essere sufficiente, ora, una "sessione" via Skype.

Un'ordinanza della nona sezione civile del tribunale di Milano, infatti, lo scorso 16 aprile, ha costituito un precedente rivoluzionario nella giurisprudenza sul diritto di famiglia. Nella testo il giudice ha infatti stabilito che "Nel caso in cui si registri una difficile ripresa dei rapporti tra l'un genitore e i propri figli minori, una interazione audiovisiva in diretta tra genitore non collocatario e figli minori realizzata attraverso un collegamento Skype può consentire una graduale ripresa di un dialogo tra gli stessi, attraverso una percezione visiva ed in voce fatta, sì, di comunicazione (essenzialmente) verbale, ma che al contempo può favorire una ri-abitudine alla gestualità e allo scambio emotivo (foss'anche aspro nei primi tempi)".

Il caso riguarda una separazione problematica tra due coniugi di Milano. Durante il procedimento, le figlie minorenni sono state affidate, per un breve periodo, a una struttura sociale del Comune, per poi essere riassegnate al padre che, nel frattempo, ha ricostituito un nucleo famigliare con una nuova compagna. Ma il rapporto con il genitore non collocatario si è mostrato impraticabile.

Le due ragazzine, infatti, hanno rifiutato la presenza della madre nella cornice di "incontri protetti", effettuati in presenza di operatori dei servizi sociali del comune di residenza. Prassi che viene attuata in questi casi. La madre, nel frattempo, si è trasferita in Francia. Dunque, di fronte a un duplice ostacolo - relazionale e logistico - e con l'obbligo di ricostituire un rapporto parentale, il giudice, col consenso dei genitori, ha deciso che la madre potrà "incontrarsi" con le bambine, seppur virtualmente, tramite il collegamento Skype, e in presenza del padre, una volta a settimana. In via "provvisoria e sperimentale". Ai Servizi Sociali sarà demandato il compito di monitorare l'evoluzione relazionale.

Nell'ordinanza si legge: "Se le bambine, data la storia matrimoniale e la separazione duramente conflittuale, hanno difficoltà a rapportarsi con la madre di presenza, se le strutture dei Servizi Sociali dell'Ente cui le bambine sono state affidate non sono in grado (per l'eccessivo carico di lavoro e la necessità di scadenzare sui tempi lunghi gli incontri) di ammortizzare tali difficoltà e, infine, se la distanza della madre – ritrasferitasi nel villaggio di origine in Francia – costituisce una ulteriore e grave criticità, non resta che il ricorso alle risorse tecnologiche per consentire il 'rapido riavvicinamento' del genitore con le figlie".

Non solo. Il giudice ha ritenuto che Skype potesse essere efficace anche nel rimediare al fattore "tempo": "Le misure deputate a riavvicinare il genitore con suo figlio devono essere attuate rapidamente, perché il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui".

La decisione storica è in piena linea con un recente richiamo della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo,che ha sanzionato l'Italia per alcune prassi in punto di tutela della bi-genitorialità. L'art. 8 della Convenzione Europea, infatti, determina precisi obblighi volti a garantire il rispetto della vita familiare e dei relativi doveri\poteri da essa sottesi. Con esso vi è il monito che lo Stato disponga di un "arsenale giuridico adeguato ed efficace per garantire i diritti legittimi delle persone interessate e il rispetto delle decisioni dei tribunali". Tali obblighi includono, anche, "l'insieme di quelle misure propedeutiche e preparatorie che consentano di raggiungere questo risultato".

Ma com'è stata accolta la straordinaria ordinanza? La premessa sembra aprire un dibattito piuttosto articolato tra pareri giuridici, sociologici e tecnici. L'avvocato Fabio Francesco Franco, che assiste dal punto di vista legale i nuclei familiari in vicende simili, ritiene che la decisione segni una svolta da cui scaturiranno molti casi analoghi, in futuro: "Non sempre lo strumento degli 'incontri protetti' dà un buon esito.

L'utilizzo di un mezzo che parla lo stesso linguaggio delle minori può garantire un approccio più morbido, nel nodo relazionale con la madre. Si tratta, naturalmente, di qualcosa di propedeutico a futuri incontri "de visu" e al ripristino di un rapporto più equilibrato. Io stesso, dopo l'ordinanza, proporrò al giudice una soluzione simile in una causa che sto seguendo qui a Roma. Si tratta di una separazione giudiziale tra due coniugi in cui il padre non vede la bambina da ben 18 mesi. L'avvio di precedenti incontri "protetti", anche in questo caso è fallita. Perché non provare, dunque, con la tecnologia?".

Più cauta è Margherita Zurru, legale specializzato in diritto di famiglia e madre separata: "La decisione rappresenta un passo in avanti nell'adeguamento della disciplina nazionale a quella europea: attraverso l'utilizzo di metodi non convenzionali si evita la rottura dei rapporti col genitore non affidatario. Può essere una strada da percorrere, tanto più in considerazione del fatto che le ordinanze hanno un carattere provvisorio: sono provvedimenti necessari, urgenti e indifferibili. Possono, cioè, essere modificati in qualsiasi momento, portando nuovi elementi al giudice, nella causa di separazione, o a seguito della valutazione di un esito negativo nell'adozione della procedura innovativa. Però, da mamma separata, ritengo che sia piuttosto triste frapporre una barriera fisica tra genitori e figli. Certo, è comunque preferibile a una soluzione drastica di rottura totale dei rapporti".

Del tutto negativo, invece, il parere di Antonio Marziale, presidente dell'Osservatorio sui diritti dei minori: "Bisogna mettersi dalla parte dei figli. I minori hanno bisogno della presenza del genitore, dell'aspetto tattile, emozionale, chimico. Anche se l'utilizzo del mezzo è ausiliario in senso positivo, un rapporto così mediato è un rapporto falsato, che inquina e distorce la relazione. È allora preferibile che vi siano meno incontri, durante l'anno, ma fisici. Il surrogato non è accettabile: è alienante. L'adolescente vive già in un magma fatto di flussi virtuali e di realtà. È un linguaggio con codici estremamente insidiosi, molto difficili da gestire già per un adulto. Pensi al discorso del falso registro emozionale che nasce nel circuito dei social network. Sono armi potentissime, che possono anche distruggere, anche se a mediare è un adulto. I manuali di psicologia sociale insegnano che bisogna rispettare il lutto del bambino, l'elaborazione del dolore. Il minore ha una volontà di diritto. Sarebbe preferibile, per un po', assecondare il desiderio delle due figlie di non vedere del tutto la madre, ma la nostra giurisprudenza, e anche i genitori, in questo sono molto egoisti. Tengono conto solo di un punto di vista. Io credo che i contatti via video siano una bolla di sapone: possono perfino peggiorare i rapporti, anche se il fine è quello di mantenere una comunicazione". L'Espresso ha chiesto anche un parere al Comune di Milano, Settore Servizi Sociali (quello deputato a effettuare gli "incontri protetti" sostituiti da Skype) che ha preferito non rilasciare nessuna dichiarazione in merito, perché "non di sua competenza".