Maria Chiara Carrozza, Pisa 1965. Laureata in Fisica, ha raggiunto l'eccellenza scientifica nell'ambito della neurobiotica, disciplina che studia l'interazione tra il sistema nervoso e device tecnologici, con applicazioni come protesi sostitutive, interfacce neurali e dispositivi neurostimolatori. Dal 1998 al 2001 è ricercatrice di Bioingegneria alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, dove diventa poi professore associato e infine professore ordinario. Dal 2004 al 2007 è direttore della Divisione Ricerche della Scuola, e coordinatrice dell'Arts Lab (Advanced Robotics Technology and Systems Laboratory). Nel 2007 viene eletta Rettore, impegnandosi a consolidare l'importanza scientifica e la stabilità finanziaria della Scuola Superiore Sant'Anna. Mantiene il ruolo fino al 2013, quando si candida alla Camera dei deputati con il PD. Oggi è ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca
Le donne stanno entrando sempre più spesso nei laboratori di ricerca: basti pensare a settori come la medicina, la biologia o l'ingegneria biomedica. E tuttavia molto resta da fare nelle posizioni apicali: rettori e professori ordinari di sesso femminile sono ancora troppo pochi. È invece necessario costruire una leadership femminile a tutti i livelli e in tutti i settori: non solo nella ricerca accademica ma anche nell'industria.
Il problema è innanzitutto culturale, e buona parte della responsabilità è dei mezzi di comunicazione di massa, che continuano a proporre modelli femminili fuori tempo: donne che stirano e cucinano, anziché professioniste del campo scientifico che contribuiscono con il loro lavoro e le loro ricerche allo sviluppo del paese. Per scardinare questi stereotipi, che noi donne in primo luogo non dobbiamo più tollerare, serve dunque un'azione capillare che parta da lontano, dalla formazione. In questo senso la scuola può e deve contribuire a questo processo, per esempio incoraggiando le bambine ad avvicinarsi con passione a materie considerate a torto "maschili", come la fisica, la matematica o l'ingegneria. Sfatando una volta di più quel luogo comune secondo cui il cervello femminile non possieda quelle abilità geometriche e spaziali fondamentali per lavorare nella scienza. Dunque un'azione di empowerment, accompagnata però dalla proposta di ruoli femminili che possano servire da modello. Donne che siano riuscite a raggiungere posizioni di responsabilità, che stimolino nelle più giovani un meccanismo di emulazione. Alle quote rosa, invece, credo poco, perché penso che soprattutto in campo scientifico non si possa prescindere dal merito individuale. E tuttavia, quote a parte, credo sia arrivato il momento di pensare a una politica complessiva che guardi al bilanciamento dei generi in tutti i settori della società.