Arrestate 23 persone, sequestrati 50 milioni di euro. Intrecci criminali tra affari e politica. Così Cosa Nostra catanese ha messo le mani su città e regione. Un dominio che “l'Espresso” aveva raccontato due anni fa

Cosa nostra aveva persino fondato un suo partito. Il partito nazionale degli autotrasportatori. Una formazione messa a disposizione dell'ex governatore siciliano Raffaele Lombardo, condannato per mafia in primo grado. È uno dei particolari che emergono dall'inchiesta Caronte del Ros dei Carabinieri coordinati dalla procura antimafia di Catania, che oggi ha portato all'arresto di 23 persone, accusate di associazione mafiosa, estorsione, illecita concorrenza e al sequestro di 50 milioni di euro.

L'inchiesta ha svelato gli interessi dei clan catanesi, Ercolano e Santapaola, nel trasporto su gomma e nella commercializzazione della carne nei supermercati Eurospin Sicilia e Forté, marchio questo creato dal presidente del Catania calcio Antonino Pulvirenti, già patron della compagnia aerea Wind Jet. Ma sono le società che gestiscono enormi flotte di tir la vera ricchezze delle cosche. 

I ras dei camion sono gli Ercolano. In Sicilia e non solo. Enzo Ercolano è tra gli indagati. È il figlio dello storico capomafia di Catania Pippo, "u zu Pippu", e fratello di Aldo, condannato per l'omicidio del giornalista Giuseppe Fava. Enzo si occupa di trasporti: insieme al padre è stato indagato e poi prosciolto nella maxi inchiesta "Sud Pontino".

[[ge:espressoarticle:eol2:2125757:1.20554:article:https://espresso.repubblica.it/palazzo/2010/04/23/news/catania-connection-1.20554]]Ma non è l'unico della dinastia Ercolano, famiglia imparentata con i Santapaola, ad avere investito nei tir. I cugini, Angelo, Maria e Aldo Ercolano, hanno fatto molta più strada: la loro Sud Trasporti si è insediata nel polmone economico del Paese, creando la base principale nell'interporto piemontese di Rivalta. Angelo Ercolano è un imprenditore apprezzato che non è mai stato coinvolto in indagini penali.

Gli investigatori, come ha rivelato "l'Espresso" nel 2012, si sono occupati di lui in una sola circostanza, prima del 2005, a causa dei suoi incontri con Giovanni Pastoia. È il figlio di Ciccio Pastoia, boss di Belmonte Mezzagno e braccio destro di Bernardo Provenzano morto suicida in cella. Anche lui si occupa di trasporti, con filiali a Catania. Ma questa frequentazione non ha mai dato luogo a contestazioni penali: erano solo affari. Fino a oggi. Ora infatti gli inquirenti avrebbero le prove dell'alleanza dei “palermitani“ di Bernardo Provenzano con l'impresa che fa capo a Enzo Ercolano. 

Ma non c'è solo il marchio Ercolano nell'inchiesta. Tra gli indagati ci sono anche Francesco Caruso e Giuseppe Scuto, imprenditori ma soprattuto fondatore e presidente del partito degli autotrasportatori. Erano loro due a tenere i rapporti con affiliati mafiosi catanesi e agrigentini e con esponenti della politica. Tra questi Giovanni Cristaudo e Raffaele Lombardo, entrambi già coinvolti nell'indagine Iblis che ha svelato i rapporti tra mafia, politica e imprenditoria sull’isola.

Politica, affari e grandi alleanze. I magistrati diretti dal procuratore capo Giovanni Salvi hanno scoperto anche uno strano patto commerciale con il referente politico della 'ndrangheta, Amedeo Matacena, attualmente latitante a Dubai e forte della complicità dell’ex ministro Claudio Scajola, sotto processo a Reggio Calabria per aver favorito la sua fuga. 

Dalle indagini è emerso che Cosa nostra catanese, attraverso la “Servizi autostrade del mare” aveva stipulato con la società "Amadeus spa", riconducibile a Matacena, un contratto di affitto di tre navi da utilizzare per i collegamenti tra la Sicilia e la Calabria. Un nuovo patto d’acciaio tra le due sponde dello Stretto da approfondire nelle indagini.

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