Dopo gli arresti dei 'secessionisti' veneti, parla Andrea Viviani. Il membro del commando che nel ’97 si asserragliò sul campanile di Venezia dice: “In 17 anni non è stato fatto nulla per l’autodeterminazione del Veneto. Ma serve la diplomazia, non le armi”

Il suo nome dice ben poco. Eppure nel maggio del 1997 Andrea Viviani finì sui giornali di tutto il mondo per il celebre assalto al campanile di San Marco, realizzato dirottando un vaporetto e caricandoci sopra un carro armato artigianale (“il tanko”).

Nel commando lui era proprio l’uomo asserragliato lassù con un Mab 38, un mitra residuato bellico della Seconda guerra mondiale ma perfettamente funzionante. Con lui c’era Luca Peroni: avevano viveri per resistere tre giorni, le teste di cuoio dei carabinieri li arrestarono con un blitz dopo poche ore.

Per quell’azione, Viviani ha scontato 3 anni e 9 mesi di carcere. Uscito di galera, ha ripreso da dove aveva lasciato e coi compagni superstiti di quell’avventura ha rifondato la Veneta Serenissima Repubblica, governo “immaginario” che porta avanti il vessillo della Repubblica di Venezia schiacciata da Napoleone e venduta all’Austria nel 1797.

Obiettivo: rifare il referendum del 1866 che sancì l’annessione del Veneto al Regno d’Italia, il cui risultato è considerato frutto di brogli. Lui è il ministro della Giustizia, il presidente della Repubblica è lo stesso Peroni (anche lui condannato a 3 anni e 9 mesi). Gli altri sono un edicolante in pensione (agli Interni) e un assicuratore (agli Esteri). Sugli arresti di oggi Viviani non ha dubbi e all’Espresso afferma: «Non sarà l’ultimo caso».


Perché dice così, ci saranno nuovi casi come quello di oggi?
Certo, perché questo è il risultato dell’immobilismo del governo italiano. Noi con la liberazione di piazza San Marco volevamo porre il problema del diritto del Veneto all’indipendenza. Il governo italiano invece in questi 17 anni fa non ha fatto nulla, ha continuato con la politica delle tasse e a prendere in giro il nostro popolo. Ha solo detto “sono i soliti ubriaconi indipendentisti” e non ha risposto alle domande che noi provocatoriamente avevamo fatto. Quindi quello di oggi non sarà l’ultimo caso e non lo dico per minacciare ma perché è inevitabile. Speriamo non accada nulla ma il popolo vuole l’indipendenza. Lo dice il diritto internazionale: il popolo ha il diritto di decidere.
Andrea Viviani durante il processo

Quella militare è una via percorribile?
No, noi abbiamo scelto la strada diplomatica per chiedere di svolgere nuovamente il referendum del 1866. In questi anni noi abbiamo allacciato vari rapporti in campo internazionale, come con l’Abkhazia (la repubblica secessionista di Georgia riconosciuta dalla Russia, ndr) perché crediamo che questo sia il momento dell’azione politica internazionale. Ma la verità è che i politici italiani hanno paura. Noi invece non abbiamo paura di chiedere ai veneti cosa vogliono fare.

Il segretario della Lega afferma che lo Stato italiano è alla follia e vuole solo far paura.
Non siamo vicini politicamente a Salvini ma sappiamo come funziona lo stato italiano. Di certo gli arrestati di oggi si dovranno assumere la responsabilità delle loro scelte.

Che effetto le ha fatto la notizia di questi arresti?
Mi ha ricordato la sensazione di 17 anni fa. Mi dispiace molto perché sono persone conosco da vent’anni e che non farebbero del male a nessuno. Ma mi dispiace anche che non abbiano capito che questo è il momento dell’azione politica, non di quella violenta. Resta il fatto che, anche se da anni non collaboriamo più con loro perché abbiamo preso altre strade, quelli finiti in manette sono e resteranno nostri amici.
il 'tanko' usato in piazza San Marco nel 1997

Gli arresti di oggi avvicinano o allontanano l’indipendenza del Veneto?
Nell’immediato complica le cose ma non è detto. Bisogna vedere come risponderà la gente. Nel ‘97 nemmeno noi speravamo nel sostegno nei nostri confronti e invece il popolo veneto ha dimostrato di essere tutto dalla nostra parte.

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