Ma la lealtà atlantica vale solo per l'Italia? Nel difendere il programma F-35 spesso viene citata la necessità di rispettare gli accordi sottoscritti dal nostro Paese, nella cornice del patto atlantico: una linea più volte ribadita anche dal presidente Giorgio Napolitano.
Adesso però si scopre che i nostri alleati sembrano interpretare le intese in modo molto più spregiudicato. E stanno scippando all'Italia l'unica grande occasione di business legata al super-caccia, vanificando un investimento di quasi 800 milioni di euro pagati dai contribuenti. La Gran Bretagna infatti si sta muovendo per convincere i governi europei ad affidare la manutenzione dei loro F-35 a uno stabilimento britannico, tradendo l'impegno a svolgere questa attività nell'impianto di Cameri (Novara), costruito proprio puntando a questo affare.
[[ge:rep-locali:espresso:285109605]]
Londra avrebbe già convinto la Norvegia a dirottare i contratti dall'impianto piemontese alla base inglese di Marham, nei dintorni di Nolfolk. E lo stesso vuole fare con gli olandesi. Il ministro della Difesa Philip Hammond ha dichiarato: «Stiamo discutendo con i norvegesi, gli olandesi e altre nazioni europee che hanno adottato l'aereo, poiché si tratta di un sistema complesso e ci potrebbero essere risparmi in una collaborazione comune. E questo potrebbe accadere nella base di Marham».
L'iniziativa britannica può diventare una colossale fregatura per l'Italia. Noi siamo l'unico paese che ha deciso di assemblare in patria gli F-35, gli altri li comprano direttamente dallo stabilimento americano della Lockheed. Il governo di Roma ha fatto poi un'altra scelta singolare: ha deciso di realizzare una fabbrica di proprietà statale all'interno dell'aeroporto militare di Cameri, dove poi viene effettuata la produzione delle componenti da parte di aziende private e si montano gli aerei. Il costo di quest'operazione è arrivato a quasi 800 milioni di euro, fondi giustificati con la prospettiva di creare posti di lavoro qualificati: a Cameri sarebbero stati preparati anche 85 caccia destinati all'Olanda. In tutto, si prevedeva di sfornare dagli hangar piemontesi 226 aerei, ma l'Italia ha tagliato l'ordine a 90 e l'Olanda a 37: al momento, quindi, ne restano 127. E in futuro, potrebbero anche diminuire.
Nonostante le sforbiciate, poi ci sarebbe stata la ricca torta della manutenzione, che tra personale e pezzi di ricambio è un affare ventennale con profitti di gran lunga superiori. Guido Crosetto, quando come sottosegretario alla Difesa del governo Berlusconi ha spinto la struttura piemontese, ha parlato di «assunzioni e ricadute per il territorio per i prossimi 40 anni, con il centro Faco, revisione e manutenzione dei velivoli, che viene allestito qui». Le stime fatte circolare ipotizzavano che la sola manutenzione degli altri caccia europei avrebbe fatto arrivare in Italia 200 milioni di euro l'anno. Quelli che la Gran Bretagna ci vuole scippare.
In ballo non ci sono solo i contratti olandesi e norvegesi, ma in anche quelli per gli stormi americani che schiereranno l'F-35 in Europa e quelli di Israele e Turchia. Insomma, un giro che potrebbe valere diversi miliardi di euro. Senza i quali quella di Cameri rischi di diventare una cattedrale nel deserto, dove l'unica a guadagnarci è stata l'impresa che ha costruito la struttura: la Maltauro di Vicenza, i cui vertici sono stati appena arrestati per le tangenti sugli appalti Expo.