Ezio Cartotto, democristiano e consigliere dell'ex Cavaliere, racconta: "Fu l'allora giovane esponente scudocrociato ad attivarsi per deviare i voli di Linate dal cielo della città giardino costruita da Berlusconi"

C'era una una volta un giovane imprenditore, che aveva appena tirato su tante belle case ma aveva un problema. E c’era un altrettanto giovane politico, che aveva pronta la soluzione. Entrambi rampanti, entrambi destinati a fare strada: Silvio Berlusconi e Gianstefano Frigerio. Una storia solo in apparenza lontana, risale al 1973, ma che può aiutare a inquadrare alcuni fatti recentissimi. Oggi Frigerio è a San Vittore con l’accusa di avere intascato mazzette sugli appalti Expo. E, secondo il costruttore che l’ha chiamato in causa, sosteneva che Berlusconi era il «suo referente politico».

Certo, Frigerio nel 2001 è stato eletto deputato nelle liste di Forza Italia, nonostante le tre condanne per Mani Pulite. Ma il rapporto tra i due è più antico. Viene esplicitato in un’intervista da un loro vecchio amico: Ezio Cartotto, esponente democristiano da sempre legato a Berlusconi e poi suo consigliere nei momenti chiave della nascita del partito azzurro. Si torna ai cantieri di Milano 2, l’insediamento residenziale nel comune di Segrate che ha fatto germogliare le fortune dell’ormai ex Cavaliere. La questione è nota: sulla città giardino decollavano e atterravano tutti gli aerei di Linate, una presenza troppo rumorosa per vendere appartamenti di lusso. Ma la soluzione non è venuta solo da don Verzè e dal San Raffaele. 

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«Fui io a suggerire un modo per spostare le rotte», ricorda Cartotto: «A Roma potevamo contare sull’appoggio di un deputato molto potente, Egidio Carenini, mentre in Lombardia avevamo quella che Marcora chiamava “la banda”». Giovanni Marcora è stato il fondatore di una della correnti democristiane più importanti: «Tra i membri di questa banda c’era proprio Gianstefano Frigerio. Allora eravamo amici, e quando Berlusconi venne a chiedermi consiglio per il problema dei voli, pensai subito di rivolgermi a lui».

Frigerio aveva 34 anni ed era un dirigente rampante della Dc ma «soprattutto, era presidente dell’ospedale Uboldo di Cernusco sul Naviglio, che è molto vicino a Segrate. L’idea era semplice: dovevamo chiedergli di scrivere una bella lettera da inviare a Carenini. Qualcosa del tipo: “Salve, il mio ospedale conta circa trecento degenti. Le rotte degli aerei disturbano i malati. Per favore, intervenite per spostarle”. Se le rotte fossero state spostate da Cernusco, il progetto della Edilnord sarebbe stato salvo». E così fu, stando ai ricordi di Cartotto. 

L’onorevole Carenini era una figura di spicco della Milano di allora. Nato da una famiglia di emigrati siciliani, molto facoltoso, iscritto alla P2, veniva spesso considerato come una sorta di ambasciatore della Loggia in Lombardia con potenti entrature nella Capitale. Gli appoggi messi in campo per deviare il traffico di Linate riescono nell’intento. Dopo un vertice romano a cui partecipano i rappresentanti di quattro ospedali, tra cui l’Uboldo di Frigerio e il San Raffaele di don Verzè, nell’agosto 1973 il cielo di Milano 2 viene ripulito dal rombo degli aviogetti. A che prezzo? «Per fargli chiedere il dirottamento delle linee aeree da Milano 2, sicuramente Berlusconi ha “mazzettato”. Su questo non ci piove», sorride Cartotto: «Non sono mai andato a chiedere al mio amico Gianstefano, che è una persona molto riservata, ma so che la sua lettera per l’ospedale Uboldo è stata determinante. Come lo è stata la figura di Carenini, piduista al cento per cento».

Anche Camilla Cederna nell’inchiesta che pubblicò su “l’Espresso” del 1977 avvalorava il sospetto che le fondamenta della cittadella berlusconiana siano state cementate con le bustarelle: “Umberto Dragone, allora capo del gruppo socialista nel consiglio di Milano, pensa che l’Edilnord abbia pagato ai partiti coinvolti il 5-10 per cento dei profitti (18-19 miliardi) che si aspettava da Milano 2”.

Mentre la new town diventa un’oasi del silenzio e un affare d’oro, anche il potere di Frigerio cresce. Merito di Cartotto, considerato il delfino di Marcora, che costruisce un’alleanza tra la sua corrente, i dorotei di Gino Colombo e i fanfaniani. Il patto porta alla riconferma di Gino Colombo alla segreteria milanese della Dc e alla promozione di Gianstefano alla guida di quella provinciale. Equilibri fragili. Nel 1975 in Lombardia esplode il primo grande scandalo del mattone. Nel mirino ci sono alcune cooperative edilizie legate alle correnti dc che hanno buchi in bilancio per decine di miliardi di lire. La tempesta politico-giudiziaria si abbatte su Cartotto, ex presidente di una delle cooperative, su Frigerio, accusato di avere intestato cinque appartamenti a suoi familiari, e sull’onorevole Franco Verga. Cartotto e Frigerio lasciano, momentaneamente, la scena. Quello che finisce peggio è Verga: nell’agosto del ’75 fu trovato annegato in una fontana di Milano, con una lettera di scuse e un rosario in tasca che avrebbero dovuto suggerire un suicidio.

Invece Gianstefano dopo un paio d’anni riemerge immacolato e cambia corrente: passa da Marcora alle Forze Nuove di Vittorino Colombo. Bisogna fare attenzione all’archeologia delle fazioni democristiane, perché i bizantinismi della loro evoluzione permettono di decifrare chi aveva il potere. E rileggere l’articolo profetico di Camilla Cederna apre più di una suggestione: se Marcora è stato il referente di Berlusconi per l’ascesa immobiliare, Colombo viene indicato come lo sponsor di quella televisiva sin dalle prime antenne di TeleMilano.

Grazie al rapporto con Vittorino Colombo, Frigerio arriva finalmente nel 1986 alla poltrona di segretario regionale democristiano. Dove lo scalza Tangentopoli. E anche questa volta c’è di mezzo un Berlusconi, il fratello Paolo. Antonio Di Pietro infatti incastra Frigerio per le bustarelle che hanno favorito  l’autorizzazione di due discariche: una di Paolo Berlusconi, l’altra del conte Carlo Radice Fossati. «Tra l’altro, nessuno sa ancora chi ha intascato il miliardo che il conte Carlo Radice Fossati deve avere dato per una certa discarica…», chiosa Cartotto:«Le due persone che hanno visto il miliardo pagato da Fossati, uno dei quali è un mio amico, dicono: “Io il miliardo l’ho portato a Gianstefano”; e Gianstefano dice: “Io non l’ho mai ricevuto”…».  

I capitoli oscuri di quella stagione sono tanti. Cartotto c’è vissuto in mezzo, senza mai avere contestazioni penali: «Tangentopoli, sulla carta, scoppiò nei primi anni Novanta. Ma la verità è che l’andazzo era sempre stato quello. A Milano c’era un ristretto numero di grandi costruttori, ed erano tutti legati alle principali forze politiche. Si spartivano il territorio, molto semplicemente».

Un’era lontana, da cui continua a trarre influenza il professor Frigerio. Che quarant’anni dopo riesce ancora a far aprire i cancelli di Arcore per gli uomini chiave dell’Expo. Che manda pizzini al leader di Forza Italia caldeggiando promozioni e nomine di manager pubblici. Che si vanta di avere Berlusconi come «referente politico». Inevitabile pensare alle parole di Gherardo Colombo in una storica intervista a Giuseppe D’Avanzo: «Negli ultimi venti anni la storia della nostra Repubblica è una storia di accordi sottobanco e patti occulti. L’Italia la si può raccontare a partire da una parola: ricatto»

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