Un rapporto di coppia poco soddisfacente. Una ricerca di svaghi virtuali più assidua. Cyber Sex. Film porno. E poi il baratro. Non riuscire più a smettere. E perdere il controllo. Un 'sex addict' racconta la sua storia

“In fondo, cercavo solo una “distrazione” che mi permettesse di non tradire mia moglie, invece ho trovato l’inferno”. Parte da una conclusione e da una raccomandazione, che mi farà più volte durante l’intervista: non rivelare il suo nome. Come se un Charlie o un Michael, negli Stati Uniti, fossero facilmente riconoscibili anche solo fra quei 16 milioni che, secondo statistiche sicuramente non esaustive, sono “sex addict” dichiarati e in cerca di aiuto. Gli dico che il nome può sceglierlo lui e che io voglio solo ascoltare la sua storia per poterla raccontare. Steve, questo il nome che sceglie, mi ha chiamato per la prima volta dopo che un suo amico ha acconsentito a metterci in contatto. Ovviamente, il suo numero è schermato e la prima telefonata serve solo a presentarci brevemente. Si comprende subito la sua difficoltà a parlare, a raccontarsi senza essere sopraffatto da quel senso di vergogna che lo accompagna da un po'. Allo stesso tempo, però, ha voglia di fare qualcosa che gli faccia pensare che quel periodo, quello della sua “dipendenza”, è ormai alle spalle e, dunque, può essere condiviso. “Anche per aiutare altri – mi dice – perché è spesso difficile comprendere che il “sesso” sta diventando un problema, almeno finché non è troppo tardi”.


La prima volta che nel paese si è cominciato a parlare, in maniera “scientifica” di dipendenza sessuale è stato nel 1983 quando la Hazelden Foundation, un’organizzazione con sede in Minnesota, pubblicò un libro, ancora in circolazione, dal titolo “Out of the Shadows: Understanding Sexual Addictions”, scritto da Patrick Carnes il quale spiega che la dipendenza dal sesso funziona esattamente come tutte le altre, favorendo dei comportamenti compulsivi che poi, nel tempo, hanno conseguenze molto serie nella vita quotidiana dei soggetti malati.


“Ero sposato da 15 anni – dice Steve – e non avevo mai tradito mia moglie. La nostra era una vita “serena”, caratterizzata da una relazione consolidata, un figlio e una bella casa. Il mio lavoro, poi, nella finanza, mi teneva molto impegnato e mi dava anche delle discrete soddisfazioni. Solo il sesso, con mia moglie, era diventato sempre piu raro, troppo raro rispetto ai miei bisogni”. Steve, dunque, ricorre al “rimedio” più semplice e diffuso: la pornografia. “Era una “scappatoia” innocente – racconta – che mi consentiva di dare sfogo alle mie pulsioni sessuali senza, però, tradire mia moglie: punto che per me era fondamentale”.


Internet e la gratuità di molti siti, negli anni, hanno reso la fuga verso il porno sempre più immediata e senza troppi ostacoli. “In pochi mesi, guardare film – continua Steve – era diventata una necessità incontrollabile e, di conseguenza, anche la masturbazione. Non andavo in ufficio senza aver prima visto qualche spezzone di film e consumato il primo orgasmo della giornata e continuavo a ritmi che diventavano sempre più incontrollabili. Persino in ufficio, concentrarmi era diventato difficile e le mie “fughe” in bagno sempre più frequenti”.


Come per ogni altra dipendenza, anche quella sessuale non viene riconosciuta come un pericolo e l’addict ripete a sè stesso, come una cantilena, che potrebbe smettere in ogni momento. “Ci si prende in giro, magari smettendo per qualche giorno, quando ancora è possibile, solo per dimostrare a se stessi di esserne capaci – conferma Steve – ma poi il “richiamo” è troppo forte e si cede senza nemmeno opporsi più di tanto”.


Quando il porno e la masturbazione, però, non bastano più, allora si comincia a diventare più “audaci”, cercando delle donne vere con le quali relazionarsi. “All’inizio – racconta – mi sono limitato al sesso virtuale; cercavo donne che vivessero lontano da me, perché ancora non mi sentivo pronto a tradire mia moglie, ma i film da soli non bastavano più. Con tutte davo sfogo a fantasie che non avevo mai sperimentato e della loro vita reale non mi importava nulla, non mi chiedevo nemmeno se il nome o l’età che mi dicevano di avere fossero reali”.


Uno dei sintomi della dipendenza sessuale sta, infatti, proprio nel considerare i partner solo degli oggetti di consumo e mai come delle persone con cui stabilire una situazione “intima”. “Quando mia moglie, insospettita dal mio cambiamento – racconta ancora Steve – ha scoperto tutto per me è stato dolorosissimo comprendere il male che le avevo fatto e anche separarmi da mio figlio. Ho provato, perciò, a cambiare, smettendola con la pornografia e frequentando una donna in maniera “regolare”. Con lei, però, non riuscivo a sentire nessuna intimità e, quindi, in breve, ho cominciato a considerarla come le donne che incontravo online: un semplice oggetto di consumo”.


Naturalmente, con il “fallimento” del tentativo relazionale, il ritorno al porno e al cyber sex è inevitabile; solo che ora gli stimoli devono essere sempre più intensi e, dunque, le amanti “virtuali” vengono sostituite da amanti reali, incontrate tramite annunci su siti per appuntamenti. “Ero un “consumatore” compulsivo e non me ne rendevo conto – dice – ma il mio lavoro aveva cominciato a risentirne e prendevo sempre più giorni di ferie per poter restare a casa a guardare porno per ore. A quel punto ero malato ma ancora non pronto ad ammetterlo”.


Un giorno, poi, mentre Steve sta andando a prendere suo figlio a scuola, in metropolitana adocchia una donna: si guardano e quando lei scende lui la segue fino a casa dove fanno sesso. “Mio figlio era uscito dalla mia mente completamente – confessa – e quando ho trovato tutte le sue chiamate sul cellulare mi sono sentito veramente un fallito”.


Da qualche mese, Steve frequenta gli incontri dei SAA, Sexual Addict Anonymous, e ha, finalmente, capito la gravità della sua dipendenza. “Come per gli alcolisti o i tossicodipendenti – dice – anche io devo stare “lontano” dalla fonte di dipendenza: niente porno, niente masturbazione e niente incontri casuali. è difficile. Una delle cose più difficili che abbia dovuto fare, ma sono determinato a uscirne fuori. Soprattutto per mio figlio, ma anche per me che, nonostante tutto, sento di aver diritto alla felicità come tutti”.