Il sinodo appena convocato vedrà un acceso confronto tra le due fazioni sui temi della modernità: dal celibato dei preti alla comunizione ai divorziati. Ma l'ultima parola sarà di Bergogllo e non arriverà prima del 2015

Il sinodo convocato in ottobre in Vaticano in una cosa somiglia a papa Francesco: non lascia prevedere come si svilupperà e tanto meno come andrà a finire. Il papa l’ha voluto così: aperto alla libera discussione anche sui punti che più dividono, come ad esempio se dare o no la comunione ai divorziati e risposati.

Bisogna tornare indietro più di quarant’anni, al 1971, per trovare un altro sinodo anch’esso al cardiopalmo, quella volta sul superamento o no del celibato del clero nella Chiesa latina. Dopo una lunga e accesa discussione Paolo VI mise ai voti due soluzioni contrastanti tra i quali i padri sinodali dovevano scegliere. La prima teneva fermo il celibato senza eccezioni. La seconda riconosceva al papa la facoltà di ordinare «in casi particolari, per necessità pastorali e per il bene della Chiesa universale» uomini sposati di età matura e di vita specchiata. Vinse la prima soluzione per 107 voti, mentre la seconda ne ebbe 87. Da allora l’obbligo del celibato non fu più rimesso in discussione. Nè più alcun sinodo si ritrovò a dover scegliere tra opzioni in così netto contrasto. L’interesse dei media per questi eventi precipitò a zero. Fino a quest’anno.

Veramente, un sussulto che tornò a far notizia ci fu, nel 1999. Nel sinodo di quell’anno il cardinale Carlo Maria Martini chiese la convocazione di una sorta di concilio permanente, con sessioni a distanza ravvicinata su questioni scottanti come la contraccezione, il divorzio, il posto della donna nella Chiesa. «Non sono un antipapa – diceva – ma un “ante” papa che va avanti ad aprire la strada». Indovinò. Perché oggi c’è un papa che sulle questioni sollevate da Martini non si capisce sempre cosa pensi personalmente, le ha però ritirate fuori tutte e rimesse in discussione.

Francesco ha cominciato col far distribuire, un anno fa, un questionario a ruota libera su tutte le questioni riguardanti la famiglia, dalla contraccezione alla comunione ai divorziati, dalle coppie di fatto ai matrimoni tra omosessuali. E bastò questo ad accendere aspettative di cambiamento nella disciplina della Chiesa. Ma poi, soprattutto, riunì a Roma lo scorso febbraio un concistoro di cardinali che volle fosse la prova generale del prossimo sinodo. E a chi affidò la relazione introduttiva? Al cardinale tedesco Walter Kasper, già battagliero sostenitore nei primi anni Novanta di un superamento dei divieto della comunione ai risposati, ma sconfitto e ridotto al silenzio, all’epoca, da Giovanni Paolo II e da Joseph Ratzinger.

Di quel concistoro è stata resa nota solo la relazione di Kasper, tutto il resto è rimasto segreto. Ma a giudicare dalle successive sortite pubbliche di alcuni cardinali, si è capito che le resistenze ai cambiamenti proposti da Kasper sono state e continuano ad essere ampie, agguerrite e autorevoli. Tra i resistenti usciti allo scoperto vi sono i cardinali Gerhard L. Müller, Raymond L. Burke, Timothy M. Dolan, Marc Ouellet, Fernando Sebastián Aguilar, Carlo Caffarra, Angelo Scola, tutti generalmente classificati tra i conservatori. Ma si sa che a far blocco con questi, contro Kasper, vi sono anche dei cardinali con fama di progressisti come l’austriaco Christoph Schönborn.

Tutti costoro si ritroveranno in sinodo a duellare senza risparmio di colpi con Kasper e i suoi non altrettanto solidi sostenitori. Il fatto poi che i “reazionari” Caffarra, Scola e Aguilar siano stati chiamati a far parte del sinodo personalmente da Francesco ha raffreddato parecchio gli entusiasmi dei novatori. Il gesuita americano Thomas Reese, già direttore della rivista “America” e ascoltato maestro d’opinione, tifoso sfrenato di Jorge Mario Bergoglio all’inizio del pontificato, dopo quest’ultimo colpo è passato definitivamente al campo avverso, contro ciò che per lui è tradimento dell’attesa rivoluzione. Ma la battaglia è appena cominciata. L’imminente sinodo non trarrà alcuna conclusione. Avrà un secondo round nell’ottobre del 2015. Dopo di che sarà non il sinodo ma papa Francesco a decidere che fare.

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