Da 'La democrazia è sopravvalutata' a 'La regola è cacciare o essere cacciati', dieci frasi della serie cult che mostrano strane analogie comportamentali con la nostra politica

Matteo Renzi è un fan di “House of Cards”, sulla sua scrivania è stato fotografato il libro dell’inglese Micheal Dobbs da cui ?è tratta la serie Usa. «Anch’io sono un appassionato della fiction. E dunque ?non parlerò con i giornalisti finché ci sarà questo governo...», ha interiorizzato la lezione il numero due di Palazzo Chigi, ?il sottosegretario Luca Lotti, considerato ?il Doug Stamper di Renzi, il fedelissimo capo di gabinetto.

Il più patito tra i renziani, però, è il portavoce Filippo Sensi (nome su Twitter Nomfup, tratto da un’altra fiction britannica) che nel 2013 scrisse ?su “Europa” un racconto degno di “House ?of Cards” sui rapporti tra Enrico Letta e Renzi: «Mentre si studiavano, come se si vedessero per la prima volta, uno dei due fece cadere un foglio, come per una distrazione. L’altro si chinò per raccoglierlo, veloce, senza pensarci su. ?Ma il pacchetto sotto il tavolo era difficile da raggiungere, costringendo il commensale ?a cercarlo lì sotto, a restarci qualche secondo, in quella posizione scomoda, sottomessa. Fu in quel momento preciso che tutto divenne chiaro...».

Sei mesi dopo Renzi cacciò Letta da Palazzo Chigi. Seguendo le dieci regole di Underwood, per conquistare il potere e mantenerlo.

1. Nessuno è uno scout. ?Neppure uno scout.

Enrico Letta lo aveva dimenticato. ?Si fidava. Credeva in quanto aveva ?letto una volta di Matteo Renzi:

Enrico Letta
«Dell’esperienza negli scout ricordo ?una lezione: il valore più importante ?è la lealtà». Quando il 13 febbraio 2014 Renzi aprì la direzione del Pd sembrava che volesse convincere i compagni di partito a fare un’escursione in montagna. «Due strade divergevano in un bosco, ed io presi quella meno battuta», disse citando il poeta Robert Frost. Invece stava ordinando l’esecuzione di Letta, dopo averlo logorato per mesi. Il momento in cui lo scout Matteo si mutava nel suo contrario, il politico cannibale che divora tutto quello che gli capita a tiro.

2. La politica richiede sacrificio. ?Il sacrificio degli altri, ovviamente.

Nella prima serie di “House of Cards” Underwood candida a governatore della Pennsylvania il deputato Peter Russo, tossicodipendente e alcolizzato, da lui ricattato: sarà immolato, e non è una metafora, per liberare il posto per ?il vicepresidente alla cui carica aspira Underwood.

Giancarlo Galan
In Italia alcuni presidenti di regione negli ultimi anni hanno fatto una brutta fine. Uno è in carcere per mafia, un altro si è infilato in un giro di coca e trans, neppure la rossa Emilia è rimasta indenne. Si esce di scena per un’inchiesta, uno scandalo, una sentenza. Oppure per ?la macchina del fango, character assassination. E infine per estenuazione. Per ogni caduto c’è qualcuno pronto ad approfittarne. In Forza Italia l’elenco dei sacrificati è interminabile: Claudio Scajola, Marcello Dell’Utri, Giancarlo Galan. Resta in piedi Denis Verdini, il garante del patto del Nazareno. Ecco uno che trasforma Underwood in una simpatica macchietta.

3. C’è grande differenza tra l’essere ?una persona capace e l’essere ?un leader. I primi fanno le cose bene, ?i secondi le cose giuste.

Condanna senza appello per i capaci, ?i competenti, i tecnici.

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I professori come Mario Monti che sanno fare le cose, conoscono i problemi ma non la mossa giusta per garantirsi il consenso e la permanenza al potere. Oggi più impopolari che mai, in Europa e in Italia. Soluzione (dei leader arrivati dalla nuova politica): scaricare ogni colpa su di loro.

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4. La regola è: cacciare o essere cacciati.

Il romanzo “House of Cards”, scritto da Micheal Dobbs, consigliere e capo dello staff di Margaret Thatcher, è ambientato nella culla della democrazia parlamentare, nel Parlamento inglese, a Westminster: «un tempo era una palude sulla riva del fiume, poi la trasformarono in un immenso miscuglio di nobile architettura e ambizione insaziabile. Nel profondo, però, è rimasta una palude». Il premier in carica viene indebolito dagli attacchi interni: ?le correnti, gli aspiranti alla successione, ?una campagna di retroscena sulla stampa. «È un cancro. Il governo gettato nel caos, tutti che cominciano a guardarsi le spalle, confusione, disarmonia, ministri che si autopromuovono, finché la leadership non va in crisi». Da noi si traduce: il governo ?si sfarina (il ministro socialista Rino Formica). Oppure: il premier è bollito. ?O, più recentemente: #enricostaisereno.

5. Informazione è potere.

Un tempo il potere si conquistava con ?i segreti: contava chi silenziosamente ?ne accumulava di più su avversari e amici. L’armadio dei dossier di Giulio Andreotti, leggenda nera della Prima Repubblica. Nella società della comunicazione ?è il contrario. In “House of Cards” ?per distruggere i nemici Underwood usa una giovane giornalista ambiziosa con cui scambia sesso e informazioni riservate, da pubblicare sul web: le notizie più imbarazzanti vanno fatte circolare su canali periferici. Nella realtà le nuove leadership coltivano la visibilità, aspirano a condizionare le domande nelle conferenze stampa, i titoli dei giornali, le scalette ?dei programmi. Oscurano gli avversari, innalzano e abbattono gli amici di partito. ?E attaccano i commentatori non allineati.

6. Che talento sprecato: ha scelto i soldi invece che il potere.

La disponibilità di denaro serviva ad accumulare incarichi, garantirsi un gruppo di sostenitori, una corrente parlamentare. Il berlusconismo ha intrecciato gli interessi economici (l’odore dei soldi) e il potere politico. Le giovani leve, al contrario, non appaiono tentate per ora dall’accumulo di beni materiali. Il renzismo pratica uno stile informale, perfino spartano, e nessuna concessione alla mondanità. È allegro, ma non smodato. L’unico piacere, il solo lusso consentito sono le nomine.

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7. La natura delle promesse è che restano immutate nonostante il cambio delle circostanze.

Nella fiction il presidente Garret Walker promette di fare la riforma dell’istruzione ?in cento giorni. Modeste ambizioni: da noi negli ultimi anni abbiamo visto Berlusconi firmare un patto con gli italiani e Renzi scommettere sulla restituzione dei debiti della Pubblica amministrazione. Dopo pochi mesi i mille giorni hanno sostituito ?il cronoprogramma (una riforma al mese). Più che le promesse resistono le minacce: elezioni anticipate in caso di difficoltà.

8. Ci sono due tipi di dolore. Il dolore che ti rende più forte e il dolore inutile. E io le cose inutili non riesco a sopportarle.

C’è la caduta fragorosa, senza possibilità di riscossa: quella del Pd di Pier Luigi Bersani alle elezioni del 2013, per esempio.

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E quella che ammaestra, la sconfitta utile da cui si possono trarre grandi lezioni. La vittoria del Renzi di oggi ?è stata costruita nel 2012, nella notte ?più amara, quando perse senza appello le primarie per la premiership contro Bersani.

9. La vita è un gioco e finisce sempre a punteggio zero. La politica è il nostro modo di decidere chi vince e chi perde. Siamo tutti giocatori.

Calcolare i rapporti di forza quando si entra in campo per vincere la partita. Un tempo, neanche tante stagioni fa, il maestro era Massimo D’Alema. Cultore dell’arte della guerra, vincere sfruttando i movimenti dell’avversario. Non conosceva ancora la velocità di esecuzione del giovane Renzi.

1 0. La democrazia è così sopravvalutata.

Il manifesto di Francis Underwood, che si vanta di essere alla soglia della presidenza Usa senza che qualcuno lo abbia votato. Campione della politica post-ideologica, post-democratica. Machiavellismo senza virtù. Pragmatismo senza progetto. Politica no-hope, senza speranza, schiacciata sull’istante, la durata di un tweet. ?Eppure attrae i leader che predicano ?il cambiamento come Barack Obama, Hillary Clinton, Renzi. E infine: cosa abbiamo da imparare da “House of Cards”, noi che abbiamo Verdini?