Il rifornimento di mitragliatrici e razzi che il governo ha deciso di inviare ai peshmerga per combattere l'Isis doveva essere distrutto da anni. E ora la Rete Disarmo chiede un'inchiesta parlamentare

L’invio di armi ai peshmerga curdi per combattere gli jihadisti dell’Isis rischia di diventare l’ennesimo pasticcio all’italiana.

Il governo ha infatti deciso di spedire oltre a cento mitragliatrici MG 42/59, cento treppiedi, cento mitragliatrici 12.7 e 250 mila munizioni per ciascuna delle due tipologie di armi, una partita di «materiale confiscato» nella ex Jugoslavia negli anni Novanta. Si tratta di mille razzi RPG 7, mille razzi RPG 9 e 400 mila munizioni per mitragliatrici di fabbricazione sovietica conservate nell’arsenale militare della Maddalena, in Sardegna.

Armi di cui la magistratura torinese aveva ordinato la distruzione, nel 2006, e che ora misteriosamente sono rispuntate. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti si è giustificata: esiste una legge che permette di utilizzarle per «fini istituzionali». Ma la Rete Disarmo chiede un’inchiesta parlamentare, perché la legge 108 del 3 agosto 2009 prevede sì la possibilità di usare il materiale sequestrato, ma solo dopo un decreto del ministro della Giustizia.

Inoltre, sostengono i pacifisti, c’è il sospetto che altre armi confiscate nei Balcani siano già state inviate nel 2011 agli anti-gheddafiani di Bengasi. La Procura di Tempio Pausania aprì un’inchiesta, ma il governo Berlusconi appose il segreto di Stato.

A. Mas.

LEGGI ANCHE

L'edicola

25 aprile ora e sempre - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso

Il settimanale, da venerdì 18 aprile, è disponibile in edicola e in app