Un condannato della Protezione civile al vertice sui terremoti
Il capo dipartimento invitato all'Accademia dei Lincei si fa sostituire da Mauro Dolce, consulente processato per gli appalti del sisma in Abruzzo. Protestano gli scienziati
Fa uno strano effetto vedere il professor Dolce parlare dalla stessa cattedra che fu di Galileo Galilei. L'Accademia dei Lincei, tempio massimo della scienza in Italia, aveva invitato Fabrizio Curcio, capo del Dipartimento nazionale della Protezione civile. Ma Curcio, impegnato a tamponare lo sfascio idrico di Messina, si è fatto sostituire dal suo consulente condannato due volte, in primo grado e in appello: Mauro Dolce ha tenuto la sua breve relazione a nome della Protezione civile, organo della presidenza del Consiglio dei ministri, quindi di Matteo Renzi e del suo governo.
È vero che anche Galilei era finito sotto processo. Il grande scienziato, però, per aver sostenuto la teoria copernicana secondo cui è la Terra a muoversi intorno al Sole. Dolce più banalmente, come ha confermato la Corte d'Appello dell'Aquila a fine ottobre, per aver frodato lo Stato e quindi gli italiani nelle forniture dopo il terremoto in Abruzzo.
La scorsa settimana, il 3 e 4 novembre, l'Accademia dei Lincei ha riunito nella sua storica sede in via della Lungara 230 a Roma scienziati italiani e stranieri per discutere di “Resilienza dellecittà d'arte ai terremoti”. L'Italia non vanta soltanto la più alta concentrazione al mondo di beni monumentali, architettonici e culturali ma ricade, dalla Sicilia al Friuli, in una delle regioni a più alto rischio sismico del pianeta.
Al convegno organizzato dai Lincei erano invitati sismologi in prima linea nella ricerca internazionale come Giuliano Panza dell'Università di Trieste, Carlo Doglioni della Sapienza di Roma, Dina D'Ayala dell'University College di Londra, ma anche ricercatori come Antonella Peresan dell'Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale di Trieste, l'ingegnere strutturista Paolo Rugarli, il direttore dei Musei vaticani, Antonio Paolucci e la direttrice dell'Istituto superiore per la conservazione e il restauro di Roma, Gisella Capponi.
La mattina del 3 novembre, quando alla sede dell'Accademia è arrivata la notizia che il capo della Protezione civile si sarebbe fatto rappresentare da Mauro Dolce, gli accademici sono rimasti sbigottiti: «La presidenza del Consiglio ci manda un pregiudicato», hanno commentato alcuni di loro.
Va detto che Mauro Dolce non può essere ancora considerato un pregiudicato. Alla sentenza che lo riguarda, un anno di reclusione ribadito dalla Corte d'Appello a fine ottobre, manca infatti il giudizio della Corte di Cassazione, alla quale Dolce ha fatto ricorso. Anche se condannato, godrebbe comunque dei benefici di legge. Il reato per adesso confermato in primo e secondo grado è frode in pubbliche forniture.
Dolce, 62 anni, laurea in ingegneria edile, lavora nella Protezione civile come consulente del capo dipartimento. Nonostante due processi in corso nei suoi confronti, era stato promosso a quell'incarico nel 2012 sotto la direzione di Franco Gabrielli, oggi prefetto di Roma. Dal 2010 al 2012, Mauro Dolce era stato capo dell'Ufficio per il rischio sismico e vulcanico. E dal 2008 al 2010, era un gradino appena sotto, capo dell'Ufficio per la valutazione, prevenzione e mitigazione del rischio sismico. In Protezione civile dal 2006, si è occupato anche di “opere post emergenza”, come elenca il suo curriculum, dopo un lungo periodo di attività come professore di tecnica delle costruzioni per l'Università della Basilicata a Potenza.
Mauro Dolce era una delle figure chiave nell'era di Guido Bertolaso, il capo della Protezione civile sostituito dopo gli scandali. A L'Aquila, Dolce è stato il responsabile del procedimento per il progetto “Case”. Ricordate? Sono i condomini costruiti con vari materiali, legno, cemento, polistirolo, compensato e truciolato, in cui Bertolaso e l'allora premier Silvio Berlusconi hanno messo a vivere migliaia di abruzzesi rimasti senza tetto. Non badarono a spese in quei mesi, come prevedeva il programma show del governo di allora: 17.050 euro del progetto se ne andarono in dolciumi, 10.092 per il coffe-break e il buffet, 1.887 euro per 50 bandiere tricolore, 4.590 euro per il pranzo con Berlusconi e il suo seguito, 12.210 euro per comprare mille confezioni di torrone e di cantucci alle mandorle.
Molte di quelle case, costate 792 milioni, oggi dopo appena sei anni cadono a pezzi. Pochi giorni fa il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente, ha firmato lo sgombero di 124 famiglie perché i balconi dei loro alloggi potrebbero staccarsi da un momento all'altro, come è già accaduto. Dovevano reggere al terremoto, non sopravvivono all'umidità.
La soluzione per il futuro potrebbe essere la realizzazione di vere palazzine in muratura sulle stesse piastre antisismiche su cui sono stati montati i condomini prefabbricati. Ma una grave negligenza durante la costruzione rende gran parte di quelle strutture inutilizzabili.
Migliaia di isolatori sismici a disco separano infatti le piastre in cemento armato dai pilastri di sostegno: si tratta di dispositivi che, in caso di terremoto, dovrebbero assorbire le scosse e non trasmettere l'oscillazione alla struttura sovrastante. I responsabili del progetto “Case” e delle gare di appalto avrebbero però accettato l'acquisto di quasi 4.900 isolatori sui 7.300 necessari senza la dovuta certificazione che ne dichiarasse qualità e omologazione: le indagini hanno scoperto che almeno 200 isolatori erano sicuramente fuori norma. Test di laboratorio, svolti anche in California, hanno successivamente dimostrato che i dischi non certificati addirittura si spezzano quando sono sottoposti a sollecitazione: a quel punto non ci sarebbe più isolamento sismico e la struttura a palafitta trasmetterebbe tutta l'oscillazione alla palazzina, mettendo in grave pericolo i residenti.
La condanna per frode in forniture pubbliche di Mauro Dolce è dovuta proprio a questo: non aver vigilato sulla mancata certificazione. Un curioso paradosso per lui, professore di tecnica delle costruzioni dell'Università della Basilicata e allora capo dell'ufficio di valutazione, prevenzione e mitigazione del rischio sismico. Insomma, proprio le sue materie di insegnamento e di lavoro. Dolce ha comunque il privilegio di essere difeso da un avvocato dello Stato: è Ettore Figliolia,consulente di spicco della Protezione civile dell'era Bertolaso. Lo Stato insomma non si è schierato dalla parte del Comune dell'Aquila, né della Regione, né degli abruzzesi, né degli italiani.
L'avvocato Figliolia aveva chiesto la piena assoluzione per il suo assistito. Il processo è in dirittura di arrivo grazie al rito abbreviato, che ha regalato a Dolce la riduzione di un terzo della pena. Il procedimento contro i due coimputati, Agostino Marioni, amministratore delegato della “Alga Technological Thinking”, una delle ditte fornitrici degli isolatori, e Gian Michele Calvi, direttore del progetto “Case”, fondatore e direttore della “Fondazione Eucentre” e professore della Scuola universitaria superiore di Pavia, procede invece con rito ordinario e si avvia lentamente verso la prescrizione del reato. Cioè, molto probabilmente per i due presunti complici non si pronuncerà mai nessuna sentenza definitiva.
Dolce e Calvi erano anche tra i membri della “Commissione nazionale per la previsione e prevenzione dei grandi rischi” accusati per il mancato allarme pochi giorni prima della scossa del 6 aprile 2009. E assolti in appello. In quel processo l'unica sentenza di condanna riguarda l'allora vice di Guido Bertolaso, l'ingegnere Bernardo De Bernardinis: due anni per omicidio colposo e lesioni colpose, pena sospesa e non menzione, per aver indotto i cittadini a sottovalutare il pericolo. Secondo i giudici, più che il rischio sismico De Bernardinis ha mitigato l'allarme con la famosa intervista a una tv locale in cui, rispondendo a una domanda, invitava gli abruzzesi a bersi un bicchiere di vino: «Un Montepulciano di quelli assolutamente doc, diciamo», esclamò al microfono. Ora si attende la sentenza della Cassazione. Anche l'allora vice capo, come Dolce, è un ex luminare dell'Università della Basilicata, l'unica scuola da cui evidentemente la struttura della presidenza del Consiglio attinge i suoi massimi esperti in materia di prevenzione antisismica.
Per il mancato allarme durante l'intensificarsi delle scosse in Abruzzo, a fine ottobre anche Guido Bertolaso è stato rinviato a giudizio. Il suo è purtroppo un altro processo destinato alla prescrizione. In una telefonata, Bertolaso aveva annunciato la convocazione della Commissione grandi rischi come una «operazione mediatica». [[ge:rep-locali:espresso:285617937]] Il mondo, come dimostrano gli studi che Giuliano Panza e Carlo Doglioni hanno illustrato all'Accademia dei Lincei, progredisce nella comprensione dei terremoti. Mentre gli scienziati che invece partecipano alla potente lobby della Protezione civile e vengono remunerati con incarichi, consulenze e appalti restano fermi a teorie vecchie di anni. La comunità scientifica internazionale ha da tempo messo in discussione la validità della mappatura del rischio sismico basata sul calcolo delle probabilità che in una data regione si manifesti un terremoto di forte intensità. Un approccio smentito dalle catastrofi che hanno colpito il Giappone negli ultimi anni. E che in Italia ha mancato i terremoti dell'Irpinia, di San Giuliano di Puglia e dell'Emilia, avvenuti in zone fino a quel momento considerate a basso rischio.
Senza entrare nei particolari, l'alternativa è offerta ora dall'approccio neo-deterministico della valutazione del rischio sismico. Valutazione da anni già disponibile anche in Italia con una nuova mappa che, tra l'altro, aveva giustamente stimato la zona dell'ultimo terremoto in Emilia tra le aree più pericolose. È una questione di sicurezza: la carta sismica è fondamentale per guidare le norme di costruzione degli edifici. Eppure, piuttosto che sostenere il confronto tra scienziati, il ministero ha tagliato le ricerche “neo-deterministiche” più avanzate avviate dall'Università di Trieste e i ricercatori hanno dovuto trovare lavoro altrove. Superfluo aggiungere che adaltri scienziati sotto processo come Gian Michele Calvi e alla sua Fondazione Eucentre non sono mai mancati i finanziamenti del governo, delle banche e perfino di due tra le imprese che hanno vinto gli appalti che Calvi e Dolce dirigevano a L'Aquila: la “Alga Technological Thinking” e la “Fip Industriale” figurano infatti tra le società iscritte nell'elenco dei sostenitori “gold” di Eucentre (http://www.eucentre.it/sostenitori/sostenitori-gold/). Non serve essere scienziati per capire che i controllati del progetto “Case” oggi finanziano il giocattolo del loro controllore.
Come Dolce, pure De Bernardinis è stato nel frattempo promosso: nonostante la condanna confermata in appello, è tuttora presidente dell'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione dell'ambiente, carica da 130 mila euro all'anno che Berlusconi gli ha affidato personalmente nel 2010 ed Enrico Letta ha rinnovato per altri tre anni nel 2014.
Davanti agli scienziati dell'Accademia dei Lincei, Dolce avrebbe potuto tenere un'ottima lezione: spiegare cioè la resilienza e la sopravvivenza dei monumenti (e degli italiani) al modello di Protezione civile che lui stesso, Calvi e De Bernardinis hanno rappresentato secondo i giudici dell'Aquila. Ma non l'ha fatto. Si è persa così un'utile occasione di analisi e la sua presenza al posto del capo Fabrizio Curcio è stata interpretata da molti invitati come un'offesa all'istituzione scientifica.
Antonio Paolucci, storico dell'arte e direttore dei Musei Vaticani, nella sua appassionata esposizione sui lavori di consolidamento della Basilica superiore di Assisi dopo il terremoto del 1997, ha ricordato che nessuno dei protagonisti di quell'intervento è finito sotto processo. E mentre lo diceva dalla cattedra che fu di Galileo Galilei, guardava proprio Mauro Dolce e gli altri funzionari della Protezione civile seduti davanti a lui.
Aggiornamento del 12 novembre La risposta degli scienziati e la replica dell'Espresso
Gentile Direttore, i sottoscritti firmatari, presenti alla giornata di apertura del convegno “Resilienza delle città d’arte ai terremoti” tenutosi il giorno 3 novembre presso la sede dell’Accademia dei Lincei, desiderano prendere le distanze da quanto riferito nell’articolo apparso nella homepage de “l’Espresso” dal titolo “Un condannato della Protezione civile al vertice sui terremoti”, rinnovando la propria stima al professor Mauro Dolce, avendo apprezzato il tono misurato e i contenuti rigorosi del suo intervento, in linea con la competenza scientifica che contraddistingue le sue attività di ricerca. Gianmarco de Felice, professore, Università Roma Tre Andrea Dall’Asta, professore, Università di Camerino Luigino Dezi, professore, Università Politecnica delle Marche Dina D’Ayala, professore, University College London Nicola Impollonia, professore Università di Catania Sergio Lagomarsino, professore, Università di Genova Graziano Leoni, professore, Università di Camerino Marco Mancini, ricercatore, Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria, CNR Marialuisa Mongelli, ricercatore, Enea Salvatore Russo, professore, IUAV Gianluca Valensise, dirigente di ricerca, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Andrea Vignoli, professore, Università di Firenze
La risposta de “l'Espresso”: La nota, sottoscritta soltanto da una parte degli scienziati che hanno organizzato o partecipato al convegno all'Accademia dei Lincei, mi sembra manchi sia di rigore scientifico sia di logica. La “competenza scientifica che contraddistingue le sue attività di ricerca” attribuita al consulente della Protezione civile, Mauro Dolce, condannato anche in appello per le forniture difettose a L'Aquila, è contraddetta da almeno due importanti circostanze: il fatto di non essersi accorto e aver accettato, come responsabile del procedimento d'appalto, l'acquisto di almeno duecento isolatori sismici difettosi, più alcune migliaia di isolatori senza certificazione, come hanno stabilito due gradi di giudizio a L'Aquila; il fatto che, mancando la certificazione, gran parte delle costose piastre antisismiche realizzate in Abruzzo sono inservibili al fine di una futura costruzione di palazzine in cemento armato e muratura sopra di esse, per dare una sistemazione dignitosa alle migliaia di sfollati sopravvissuti al terremoto del 2009.