A sinistra, la foto con il velo e l'espressione seria e compita. A destra, lo scatto con rossetto rosso, ciglia sexy, capelli sciolti e smorfia provocante. La contraddizione dell'Iran di oggi si riassume così, in due immagini contrapposte e complementari.
La critica arriva dai giovani iraniani, che su Instagram hanno iniziato a pubblicare i collage mettendo una accanto all'altra la foto della carta d'identità (a sinistra) e quella di loro nella vita reale (a destra). Immagini complementari, perché in fondo il soggetto resta lo stesso. Immagini contrapposte, perché mostrano due identità diverse: quella socialmente accettabile e quella vera.
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L'hashtag scelto per pubblicare le foto è #KartMelichallenge che significa “sfida della carta d'identità”. Il sito internet del settimanale francese Les Inrockuptibles racconta com'è nato il movimento: la prima a mettere insieme le due foto è stata una giovane di 23 anni che voleva mostrare foto di donne con e senza velo. Si è accorta che, velo a parte, nelle foto della carta d'identità molte persone non avevano l'aria felice, anzi.
All'inizio la ragazza voleva solo postare alcune foto di donne con e senza hijab (un velo che copre i capelli e parte del collo) per la campagna My Stealthy Freedoom (La mia libertà discreta). In seguito si è concentrata sulle foto delle carte d'identità, come racconta a Iran Wire: "è raro che le persone risultino felici nelle foto sui documenti, ed è questo ciò che rende la campagna interessante".
Se in Italia i criteri per le foto ufficiali sono abbastanza vincolanti, in Iran lo sono ancora di più: "Gli uomini non possono indossare cravatta, occhiali da sole e gioielli. Devono avere i capelli pettinati e la fronte e le orecchie devono essere chiaramente riconoscibili. Le donne invece devono indossare un hijab completo ed essere senza trucco e gioielli". Regole così rigide che "farebbero perdere alla carta d'identità iraniana la sua funzione principale: consentire di riconoscere subito il titolare del documento".
Il movimento ha preso piede: quella che avrebbe potuto essere solo una denuncia personale della società iraniana è così diventata una critica collettiva.