Guerre interne che sembravano ormai morte e sepolte e che invece si sono risvegliate più forti di prima. E che per i magistrati rappresentano l’unico tallone d’Achille in grado di scavare una breccia nel dorato e finora invalicabile muro a difesa di quel “sistema prostitutivo di Arcore” che, secondo la Procura di Milano, è stato costruito a uso e consumo dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Due elenchi. Due liste di nomi. Due categorie di olgettine: le “vip” e le “low profile”, per dirla con le parole semi ironiche di un investigatore. E, infine, un testimone di strategica importanza. E’ così, suddividendole per tenore di vita e per “stipendi”, che gli inquirenti milanesi stanno lavorando all’inchiesta Ruby-ter, coordinata dai pubblici ministeri Luca Gaglio e Tiziana Siciliano, che vede indagate 45 persone fra cui venti ragazze “fedelissime” di Berlusconi accusate di corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza, alle quali nei giorni scorsi sono stati sequestrati soldi in contanti e telefoni cellulari.
Una suddivisione che ha un suo scopo ben preciso, oltre a quello di fare ordine nel pittoresco mondo delle “cene eleganti” di Arcore, che in questi ultimi giorni sta tornando alla ribalta con protagonisti che sembravano relegati a un’era ormai tramontata. Il giovane pubblico ministero titolare dell’indagine e la sua collega, cui è toccata questa costola d’indagine nata dal filone principale del processo Ruby, lo sanno bene: oltre che inquirenti bisogna essere anche profondi conoscitori della natura umana, debolezze comprese, ed è sulle ragazze e sulle differenze di trattamento a loro riservate che bisogna lavorare.

Per provocare effetti a catena utili all’indagine, come la lettera che Marysthell Polanco, una delle “papi girl” più assidua alle feste di Arcore, ha scritto di suo pugno nelle scorse settimane a colei che per prima si è occupata del Rubygate, il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, per chiederle di essere ascoltata. Ecco allora che l’attenzione degli investigatori della polizia giudiziaria, alla vigilia della chiusura delle indagini preliminari, si sta concentrando in particolare su alcune ragazze. Le “vip”, appunto.
Il mistero Iris
C’è per esempio un’attraente fanciulla che, durante le “cene eleganti” di Arcore, non aveva ancora compiuto 18 anni e che oggi abita in una splendida dimora nel centro di Forlì. Fra tutte le ragazze del “Bunga Bunga”, lei fin dall’inizio ha catturato in particolare modo l’attenzione degli inquirenti. Per capire il perché bisogna fare qualche passo indietro nel tempo.
Lei si chiama Iris Berardi, è nata il 29 dicembre del 1991 a Guaratinga (Brasile) e si è trasferita da bambina prima a Forlì, con la famiglia, e poi da sola a Milano. E’ suo lo smartphone dal quale, la notte del 6 marzo 2013, da un appartamento al sesto piano di via Olgettina, Iris fa partire alcuni messaggi sibillini sul suo account Twitter, come rivelato anche da l’Espresso: “Sono io, la piccola Iris. Vi ricordate di me? La bomba sta per scoppiare. Finalmente parlerò con i pm. Ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare…”. Quei messaggi non passano inosservati neppure in Procura.
In quel momento il processo Ruby è in pieno svolgimento, la giovanissima Berardi ha già reso la sua testimonianza qualche mese prima (perfettamente conforme a quella delle altre ragazze) e per i magistrati non ci sarebbero motivi per risentirla. Poco tempo prima, Iris si era costituita parte civile nel procedimento Ruby-bis. Collocandosi nel processo, a tutti gli effetti, come una vittima cui sarebbe spettato un doveroso risarcimento. Interessante, Iris, lo è per un motivo: i pubblici ministeri sono convinti che durante i suoi primi ingressi a villa San Martino la bella forlivese fosse ancora minorenne. Superfluo aggiungere che le intenzioni bellicose di Iris nel tempo sono svanite come una bolla di sapone: malgrado le “minacce”, non ha mai voluto farsi avanti con la Procura e a poche settimane dalla sentenza di primo grado ha rinunciato a costituirsi parte civile.
Oggi risulta residente in una incantevole dimora nel centro di Forlì, arredata in stile archistar. Quando i poliziotti giorni fa si sono presentati per la perquisizione, lei non era in casa ma si trovava a Milano. In un’altra abitazione dove conserverebbe domicilio. Davanti alla tv accesa, raccontano gli inquirenti, c’era solo il suo rottweiler. I poliziotti si sono fatti aprire la porta da un vicino di casa. Hanno trovato e sequestrato decine di scontrini di acquisti effettuati nel quadrilatero della moda di Milano che proverebbero un tenore di vita non compatibile con il suo reddito. Ma è sulla magione forlivese, nuova di zecca, e sul domicilio di Milano che si concentra il lavoro degli inquirenti. Si tratta di una generosa ricompensa di Silvio per aver fatto marcia indietro su presunte rivelazioni? E’ quello che sospettano i pm. Ma vale la presunzione di innocenza e saranno le indagini a stabilirlo.
Roberta e le altre
“Il presidente è pazzo di quella lì. E posso capirlo: è bellissima, intelligente, ha studiato. E’ di un’altra categoria”. E’ così che Nicole Minetti, la regina del Bunga Bunga, definiva in un’intercettazione telefonica la piemontese Roberta Bonasia, per un certo periodo - secondo le ragazze - la prediletta di Berlusconi. Bellezza naturale e sorriso spontaneo, abbigliamento sobrio, mai un’apparizione pubblica in televisione. Roberta riassume perfettamente il prototipo di olgettina “vip”. E sembra che la sua discrezione sia stata premiata.

La ex infermiera originaria di Nichelino risulta residente in un moderno appartamento nella Torre Velasca, ex immobile della galassia Ligresti situato nel pieno centro storico di Milano, dove uno dei loft più a buon mercato arriva a costare 700mila euro. Roberta è in buona compagnia: nella stessa torre - oltre a studi legali internazionali e a inquilini altrettanto “vip” - risultano vivere anche Barbara Faggioli, Ioana Visan ed Elisa Toti, le studentesse delle quali Berlusconi si preoccupava perché concludessero la loro carriera universitaria. “Davo le buste di soldi per aiutarle negli studi”, si giustificava l’ex premier.
Niente esami universitari ma un’esistenza principesca in giro per il mondo, invece, per le inseparabili Barbara Guerra e Alessandra Sorcinelli. La Guerra, in particolare, è residente in una immensa villa dalle mille e una notte (e dal valore di un milione di euro) a Bernareggio in Brianza. Anche lì gli inquirenti sono al lavoro.

Olgettine “low profile”
Facile intuire, dunque, come la vita a cinque stelle delle “papi girl” categoria vip possa far andare su tutte le furie le colleghe meno fortunate, pronte ad accendersi con la facilità di una miccia. Perché se c’è chi dal trasloco forzato di via Olgettina ci ha guadagnato - e parecchio - c’è anche chi si è dovuta accontentare di abitazioni più modeste e rinuncia a viaggi favolosi in hotel di lusso. Come Francesca Cipriani, che è rimasta a vivere in zona Loreto, una volta quartier generale dell’agenzia di Lele Mora, e che giura di non aver più preso soldi da Berlusconi, anche se nella sua casa gli agenti hanno trovato 45mila euro in contanti.
E come Miriam Loddo, che ha un ruolo centrale nell’inchiesta Ruby perché sostiene di essere stata presente in Questura l’ormai celebre notte del fermo di Ruby, anche lei ancora residente in un normalissimo appartamento in viale Monza, ufficialmente disoccupata e finita nel dimenticatoio collettivo. O come l’ex partecipante al Grande Fratello Giovanna Rigato, anche lei indagata, che però malgrado tutto ha ottenuto una piccola rivincita: un anno fa si era vista annullare il suo contratto con Mediaset ma ora - proprio da poche settimane come risulta all’ Espresso - il Biscione le avrebbe rinnovato l’ingaggio con uno stipendio aumentato a 65mila euro all’anno.
Pericolo Risso
Non sono solo le variegate olgettine, però, a interessare i magistrati milanesi. Nella rosa degli indagati figura un altro personaggio cruciale, che potrebbe turbare i sonni di Berlusconi: si tratta del genovese Luca Risso, ormai ex compagno di Karima El Mahroug in arte Ruby e papà della sua bambina. Risso oggi trascorre la maggior parte del suo tempo in Messico a Playa del Carmen, dove ha aperto un pastificio e avrebbe acquistato alcune palazzine con appartamenti da affittare. Con quali soldi? E’ quello che vorrebbero capire i pm.
Nelle ultime settimane Risso è apparso molto nervoso, chi lo conosce bene parla di un uomo “che ha perso la pazienza”. Una conferma arriva dal suo profilo Facebook, dove - come riporta Il Fatto Quotidiano - si è lasciato andare a minacce neanche troppo velate: “Silvio Berlusconi è un bugiardo, posso anche dirglielo in faccia, ti posso promettere che starà zitto, non gli passerà neanche per la testa l’idea di denunciarmi. Anche quelli che gli girano intorno sono dei falsi bugiardi, finché gli servi ti usano, poi ti buttano. Ma devono stare attenti perché non tutti poi stanno zitti”.
E ancora: “Sono stato ricattato, minacciato, mi hanno promesso cose che uomini di merda non hanno mantenuto…se dovessi aprire il libro cambierei la storia di molte persone…”. Cosa intende dire, Risso? Di sicuro, il suo è un ruolo fondamentale nell’ inchiesta. Anche perché l’imprenditore genovese è stato il testimone di un misterioso interrogatorio avvenuto la notte fra il 6 e il 7 ottobre 2010, pochi giorni prima che il caso Ruby diventasse di dominio pubblico, nello studio dell’ avvocato Luca Giuliante (anche lui indagato) dove una verbalizzante e “un emissario di Lui” mai identificato mettevano nero su bianco le parole della minorenne marocchina per capire cosa avesse rivelato al pm Pietro Forno, che per primo l’aveva ascoltata. Quella notte rappresenta un passaggio fondamentale dell’intera inchiesta. Lo sa Luca Risso, lo sanno i magistrati milanesi. Che c’ è da giurare potrebbero decidere di ascoltarlo nuovamente molto prima del previsto.