I magistrati della Dda di Catanzaro sono pochi e viaggiano su auto blindate vecchie, che sempre più spesso si guastano. Appelli e denunce che da un anno cadono nel vuoto. Così la lotta alla 'ndrangheta resta solo uno slogan

L'antimafia resta a piedi. Succede anche questo in Italia. Precisamente a Catanzaro, dove i magistrati della distrettuale antimafia, oltre a essere pochissimi, sempre più di frequente fanno i conti con i guasti alle auto blindate della scorta.

Restano a piedi sulle strade, durante i tragitti di lavoro, a causa dei ripetuti problemi alle poche e vecchie macchine di servizio a disposizione. Negli ultimi mesi è capitato tre volte. In tre distinte occasioni, altrettanti sostituti procuratori della Dda, impegnati a raggiungere le aule dei vari tribunali del distretto, hanno dovuto fare i conti con questa imbarazzante situazione. Auto in panne e ore perse ad aspettare. Mancava solo questo alla direzione distrettuale antimafia.

È di un anno fa, infatti, la denuncia de “l’Espresso”, sulla carenza di organico che costringe i pochi giudici per le indagini preliminari e i pm antimafia a fare i miracoli per fronteggiare le emergenze in un territorio vastissimo, che include ben quattro province calabresi, tanto è vasto il distretto giudiziario di Catanzaro. A un anno dalla richiesta di aiuto inoltrata al Csm e alla politica, da parte dei magistrati calabresi, le cose sono cambiate in peggio. Auto che si spengono improvvisamente e non ripartono più e i numeri in organico che non migliorano.

Per esempio, rispetto all’anno scorso, all’ufficio gip, che si occupa degli arresti cautelari dei mafiosi, manca il presidente titolare, trasferito lo scorso dicembre in Corte d’Appello. E a breve lascerà per altro incarico il presidente facente funzione. C'è solo da sperare, insomma, che il Consiglio Superiore della Magistratura, non tardi a nominarne uno nuovo.

In tutto questo la procura antimafia continua ad avere solo sei pm. Una situazione gravissima per chi, quotidianamente, deve combattere la 'ndrangheta su due terzi del suolo calabrese. Ma nonostante le denunce e gli appelli sistematici, lanciati nel corso di ogni conferenza stampa in occasione delle retate, tutto resta uguale. Evidentemente dalle parole la politica non riesce a passare ai fatti. La lotta alle 'ndrine doveva essere una priorità di questo governo, ma al momento nel distretto catanzarese per molti addetti ai lavori resta uno slogan.

Il distretto di Catanzaro, dopo quello di Napoli e Palerno, è il più grande del Meridione. Raggiungere Vibo Valentia da Catanzaro, per esempio, è un viaggio normale, ma che da queste parti diventa un'odissea. E spesso si trasforma in un incubo: le strade sono quelle che sono, spesso si procede a senso unico alternato. Questo vuol dire che per percorrere 100 chilometri si possono perdere anche tre ore.

I sostituti della Dda di Catanzaro, sono competenti su reati di 'ndrangheta e processi antimafia che si susseguono nel capoluogo e nei territori di Vibo Valentia, Crotone, Cosenza, Castrovillari, Lamezia Terme e Paola. Traffico, viabilità a pezzi e ora il rischio di rimanere a piedi in questi lunghi viaggi per raggiungere le udienze. E mentre il sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, ha annunciato l’intento dell’amministrazione comunale di inaugurare fra non molto la “cittadella giudiziaria” per potenziare gli apparati del tribunale, con nuovi uffici, dalla procura e dal tribunale rispondono che «ben vengano i nuovi palazzi, ma il problema resta la mancanza di uomini». L'amaro commento del procuratore aggiunto di Catanzaro, Giovanni Bomabrdieri, dà il senso delle vere neccessità di questi uffici, che possono contare solo su sei pm e cinque vecchie e malmesse auto blindate. «La ndrangheta è il fenomeno criminale più pericoloso eppure a Catanzaro, che è il terzo distretto del meridione, abbiamo solo sei magistrati che devono occuparsi di un territorio vastissimo», ha aggiunto Bombardieri.

Sulla carenza di pm è intervenuto anche un altro magistrato della Dda, Vincenzo Luberto:«La vera giustizia si assicura solo quando si può dare continuità al lavoro, quando si può garantire una costante attenzione alle emergenze, cosa che nella situazione attuale di organico non possiamo fare».

E poi c'è un dato impressionante sottolineato dai due procuratori aggiunti: «L’ufficio gip è in affanno, tanto che dalla richiesta di arresto presentata dalla procura alla risposta dei giudici può passare anche un anno e mezzo». Un tempo troppo lungo in cui gli indagati, spesso pericolosi criminali, proseguono nelle loro attività illecite senza che nessuno li possa più controllare. Una situazione insostenibile, in forte contrasto con gli annunci di un rinnovato interesse per il Sud.