
La signora parlò solo quando mi fui presentato, commissario Luigi Alfredo Ricciardi della squadra mobile, e quando si fu presentato il mio compagno, il brigadiere Raffaele Maione. Annuì, come soppesando l’informazione. Poi disse di chiamarsi Maria Carmela Logiudice, originaria di Casavatore e trasferitasi per matrimonio, vedova da quasi dieci anni. Il marito era un commerciante e le aveva lasciato di che vivere, per fortuna perché come vedete, commissa’, sono malata e non mi posso muovere.
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E per questo devo tenere per forza la serva, si chiama Rosaria, è una deficiente fannullona che dovrei rimandare al paese suo a calci nel sedere, ma purtroppo non mi riesco nemmeno ad alzare, figuratevi a dare calci. La ragazza se ne stava là a occhi bassi, le mani strette in grembo: era evidentemente abituata a sentire gli insulti della padrona. Va be’, signo’, grazie delle informazioni, disse Maione sudando copiosamente sotto al berretto; ma possiamo sapere perché ci avete mandati a chiamare?
Maione è alto e robusto come una montagna, e come una montagna non ama camminare in salita; il palazzo della Logiudice era alla fine di una strada irta e contorta e il caldo era soffocante. La Logiudice lo fissò offesa, ma Maione quando ha caldo è tetragono, quindi alla fine la donna abbassò lo sguardo e disse: un’ora fa la signora affianco ha bussato alla porta, e ha detto che il marito non sta bene. E io ho mandato la serva a chiamarvi.
Come, disse Maione, il marito non si sente bene e voi chiamate la polizia? Sì, disse la vecchia. Perché la serva è entrata a vedere, e ha detto che stava tutto sangue a terra. E che la signora teneva un coltello in mano.
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